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Inchiesta plusvalenze Juve: chiuse le indagini, chiesti arresti per Agnelli

Inchiesta plusvalenze Juve, indagini concluse: nel mirino i bilanci dal 2018 al 2020


La Procura di Torino ha notificato ai componenti del Cda, ai dirigenti, ai componenti del Collegio sindacale e al revisore legale della Juventus Fc Spa, l’avviso di conclusione delle indagini preliminari avviate nell’estate 2021. I reati contestati sono, fra gli altri, falso nelle comunicazioni sociali e false comunicazioni rivolte al mercato, essendo la società bianconera quotata in Borsa.

Le annualità oggetto di indagine sono tre: il 2018 (bilancio approvato il 24 ottobre 2019), il 2019 (bilancio approvato  il 15 ottobre 2020) e il 2020 (bilancio approvato il 29 ottobre 2021).

La Procura ha fatto sapere anche di aver "depositato al Giudice delle Indagini Preliminari richiesta per l’applicazione di misure cautelari personali (per alcuni indagati) e reali e che tale richiesta sia stata rigettata in data 12 ottobre 2022, avendo il Giudice ritenuto l’assenza di esigenze cautelari. Avverso l’ordinanza di rigetto è stato depositato appello". La misura richiesta, e rigettata, erano gli arresti domiciliari per il presidente bianconero Andrea Agnelli.

Secondo i magistrati, gli indagati avrebbero alterato i risultati di esercizio attraverso “un’anomalo ricorso ad operazioni di scambio dei diritti alle prestazioni sportive di un elevato numero di atleti”. Operazioni scambio che, non generando alcun flusso finanziario risultano, per l’accusa “concluse a valori stabiliti dalle parti in modo arbitrario e con lo scopo di far fronte alle necessità di bilancio del momento”. Operazioni ritenute fittizie “anche alla luce del contenuto di conversazioni registrate nel corso delle indagini”

Per la Procura, un ulteriore intervento, sempre finalizzato ad alterare i risultati di bilancio, avrebbe riguardato gli stipendi degli atleti e si sarebbe verificato nelle annualità 2020 e 2021. Durante la pandemia da Covid i calciatori, in accordo con la società, avrebbero rinunciato a percepire una sola mensilità e non quattro come comunicato nel marzo 2020 dalla Juventus. Le restanti tre mensilità sarebbero state differite agli esercizi successivi.  

Tali accordi avrebbero avuto ripercussioni sui risultati del bilancio e sulle risposte fornite dalla Juventus alla Consob. Questi comportamenti hanno determinato, per l’esercizio 2018, una perdita pari a 39 milioni 896 mila euro, anziché di 84 milioni 506 mila euro. Nel 2019 la perdita dichiarata è stata di 89 milioni 682 mila euro anziché di 236 milioni 732b mila euro. Infine, nel 2020 è stata indicata una perdita di 209 milioni 514 mila euro anziché di 222 milioni 477 mila euro. Le importanti differenze riscontrate dagli inquirenti hanno portato alla contestazione di un ulteriore reato, ossia aggiotaggio informativo, essendo la Juventus quotata in Borsa. Ad alcuni indagati è stato contestato anche il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, in quanto la società ha corrisposto ad agenti somme per prestazioni che non hanno trovato alcun riscontro e che quindi sono considerate inesistenti, con danno all’Erario per indebita detrazione dell’Iva.

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