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Sport
Pienone per l'ultimo derby Inter-Milan: poi cosa resterà del vecchio San Siro?

di Lorenzo Zacchetti

Con tutta probabilità, l'edizione numero 225 del derby Inter-Milan sarà anche l'ultima prima del definitivo accordo sul nuovo stadio.

Se è naturale che sugli spalti gli animi siano accesi dalla “fede” calcistica, che per definizione non si fa intaccare dal dubbio, sul futuro di San Siro credo sia meglio adottare un approccio laico. 

Il clima da derby perenne che ormai da tempo caratterizza la discussione rischia di non portare a nulla di buono. Le ragioni dei cittadini che sono contrari al nuovo stadio e quelle di chi invece è favorevole non solo sono entrambe rispettabili, ma sono anche, per molti aspetti, sovrapponibili.

Essendo anche consigliere del Municipio 7 (dove sorge il Meazza) conosco piuttosto bene queste persone e le loro motivazioni, ma ad ogni buon conto basta ascoltarle senza pregiudizi per verificarlo di persona.

Le questioni sul tavolo sono note: ci sono le legittime necessità delle società calcistiche e le comprensibili preoccupazioni del quartiere, i limiti agli indici di edificabilità posti dal Comune di Milano e le maglie – ben più larghe – della legge nazionale sugli stadi, il fascino unico della “Scala del Calcio” e le esigenze dello sport moderno, fino alla delicata questione ambientale, intesa anche come possibili ripercussioni sull'inquinamento acustico e sul traffico di una zona già piena di criticità.

Su quest'ultimo tema va detto che l'apertura della M5 ha notevolmente migliorato la situazione e la ztl in occasione degli eventi che sarà inaugurata la prossima primavera lo farà ulteriormente, ma è altrettanto vero che il fatto che il parcheggio di interscambio di via Novara, costruito per Italia '90, sia tuttora inutilizzato non va certamente bene. E nemmeno le deroghe concesse alle auto dirette allo stadio in occasione della domenica di blocco del traffico.

Tuttavia, fin qui ho meramente riassunto aspetti dibattuti già da tempo e anche stamattina (nel corso dell'evento sul “Green New Deal” organizzato dall'Associazione Casa Comune e dalle ACLI), il consigliere comunale Carlo Monguzzi li ha affrontati senza reticenze. Qualche ragione per dubitare del compromesso che pare ormai all'orizzonte in effetti c'è.

Mi permetto di aggiungerne una che fin qui non è stata granchè dibattuta, ovviamente non per disfattismo, ma per dare un piccolo contributo affinché sia adottata la scelta migliore per la città. Credo che sia interesse di tutti.

Nell'affrontare progetti così impegnativi, è necessario rivolgere lo sguardo alle “best practice” e la soluzione delineata per San Siro non ha alcun precedente in Europa.

L'unico caso di un nuovo stadio progettato per l'uso condiviso da parte di due club cittadini è l'Allianz Arena di Monaco di Baviera, edificato per i mondiali del 2006. Tuttavia, pochi anni dopo le difficoltà finanziarie hanno indotto il Monaco 1860 a chiamarsi fuori dalla co-gestione, lasciando le chiavi dello stadio ai più ricchi cugini del Bayern.

Se invece parliamo della prossimità di uno stadio principale e di una struttura più piccola (quale dovrebbe diventare il vecchio Meazza) posta proprio accanto, l'unico termine di paragone è il Camp Nou di Barcellona, con il Mini Estadi a pochi metri. Quest'ultimo è stato abbattuto giusto nelle scorse settimane e il Barça ha trasferito le attività delle squadre giovanili e femminili nel nuovo impianto intitolato a Johan Cruyff.

Non è ancora ben chiaro quale possa essere la destinazione del vecchio stadio di San Siro, una volta ridotto e rifunzionalizzato. L'idea che ne rimanga solo una porzione ad memoriam, tipo i resti del Muro di Berlino, non mi convince: o lo si usa in qualche modo o non ne vedo il senso.

Non si può non farlo notare, dopo aver con altrettanta correttezza evidenziato i benefici che diverse squadre europee hanno ottenuto dalla proprietà del proprio stadio. In Italia l'ovvio termine di paragone è la Juventus, con la quale ho avuto il piacere di collaborare nel periodo di gestazione dello Stadium, vedendo così i semi di una trasformazione che sarebbe germogliata da lì a breve.

D'altra parte, sottolineando come la vicenda di San Siro sia un unicum nel panorama del calcio internazionale, che seguo per lavoro da vent'anni, non è che per forza stia dicendo qualcosa di negativo: a volte pensare in maniera innovativa, “out of the box”, è l'unico modo per uscire da uno stallo che dura ormai da troppi anni.

Io sono ottimista, ma non alla cieca: prima di dire che il nostro caso sia effettivamente una svolta positiva, bisogna definire precisamente che ne sarà dello stadio che ha ospitato le esibizioni dei più grandi giocatori del pianeta, da Meazza a Messi.

Intanto buon derby e buon futuro. Alle squadre milanesi, ma soprattutto alla città.

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    Tags:
    derby; inter; milan; san siro; giuseppe sala;




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