di Martina Fragale
Cinema e viaggi: una liaison che data più di mezzo secolo e che si colloca ai confini tra realtà e sogno a occhi aperti, là dove il viaggio immaginario si trasforma in esperienza reale. Il fenomeno non è affatto “di nicchia”: sono molti infatti i turisti che scelgono la propria meta facendosi guidare dalle suggestioni del Grande Schermo. E visto che oggi tutto fa brodo – anzi, fa business – non stupisce constatare come spesso cinema e turismo viaggino di pari passo, alimentando un meccanismo osmotico in cui è difficile capire chi influenzi cosa. Ciò che è certo, è che il Cineturismo rappresenta oggi una realtà di fatto, che in Italia vanta anche una rassegna ad hoc: l’ “Ischia Film Festival”, che alla Bit di Milano ha annunciato la sua tredicesima edizione, dal 27 giugno al 4 luglio.
Nonostante il termine sia stato sfornato solo dieci anni fa, nella sostanza il Cineturismo nacque negli anni ‘40, quando negli Usa iniziarono a spuntare come funghi le prime Film Commission: ingranaggi di base di una vera e propria macchina da guerra. Di che si tratta? Di filtri, che regolano il rapporto tra cinema e territorio, in modo da promuovere attraverso il film la valorizzazione del territorio stesso. Di fatto, le Film Commission offrono incentivi di tipo tecnico e logistico, aiutano i registi a orientarsi nel ginepraio amministrativo locale e a volte foraggiano la produzione con consistenti contributi a fondo perduto, concessi a patto che il territorio benefici di un ritorno superiore all’investimento iniziale.

Il meccanismo funziona e spesso e volentieri, il gioco vale la candela. Nel 2006 “Il Codice Da Vinci” ha regalato al Louvre 1 milione di visitatori in più, nel 2003 il “Signore degli Anelli” ha moltiplicato il flusso turistico della Nuova Zelanda per un fatturato di 24 milioni di dollari neozelandesi e otto anni prima, “Braveheart” aveva fruttato alla Scozia un incremento dei flussi turistici del 300%. In questa prospettiva, non stupisce che Woody Allen – accanto a capolavori collaudati – spesso produca film di dubbia qualità cinematografica, che però funzionano benissimo come surrogato della “Lonely Planet”: basti pensare a “Vicky Cristina Barcellona”, “To Rome with Love” o “Midnight in Paris”.
Al di là delle cifre, comunque, l’aspetto più interessante è quello motivazionale e si risolve tutto in una domanda: cosa spinge il turista a recarsi sui luoghi del cinema, trasformando il viaggio immaginario in viaggio reale? A rispondere, ci ha pensato l’Università Cattolica di Milano con uno studio (a cura di Roberto Nelli, Furio Reggente e Roberta Tedesco) che indaga il fenomeno del Cineturismo da un punto di vista psicologico. In questo senso, il film funziona come motore del circuito turistico quando riesce a innescare nel fruitore i meccanismi di identificazione e proiezione: quando, cioè, possiede quel certo non so che in grado di indurre il soggetto a trasformare il viaggio virtuale in vacanza. In base ai dati, sembra che il meccanismo funzioni soprattutto con un tipo psicologico delineato dallo studio come “turista ludico e sognatore”: giovane – l’età media è al di sotto dei 35 – e dotato di un buon livello di istruzione. Animale tutt’altro che raro, anzi, in potenziale espansione, il “turista ludico e sognatore” rappresenta la percentuale maggioritaria dei soggetti analizzati dallo studio ed esemplifica alcune caratteristiche tipiche del turista moderno: in primis il profilo emozionale e la tendenza a farsi attrarre “da ciò che la località promette e permette di far vivere, più che da elementi concreti e tangibili”.
Certo, sarebbe interessante studiare anche le reazioni a posteriori: se, cioè, il viaggio reale tenda a deludere o a rispondere alle aspettative del viaggio immaginario. Ma questa è un’altra storia, in cui le capacità di marketing del territorio giocano un ruolo determinante. In questo senso, la palma d’oro andrebbe a Brescello, il paese di Don Camillo e Peppone: meta, dagli anni ’50, di veri e propri pellegrinaggi. Non a caso, nel non lontano ‘97, l’Emilia-Romagna si sarebbe classificata all’avanguardia nel panorama un po’retro’del Bel Paese, sfornando la prima Film Commission made in Italy.