Carnevale e musica house nella vivace Aradeo, paese di Emma Marrone
Aradeo con il suo Carnevale e la sua musica. Le Grotte di Castellana con il loro "mistero" su chi le abbia davvero scoperte. La tradizione culinaria con le Tavole di San Giuseppe. La primavera è il periodo migliore per scoprire il Salento, e magari individuare la spiaggia preferita, dove tornare d'estate per godersi il sole e il mare pugliesi.
Nel videoreportage del direttore di Affaritaliani.it Angelo Maria Perrino ecco le tappe ideali per un weekend primaverile in questa terra, dove bellezze architettoniche, paesaggio e gastronomia si sposano in un connubio perfetto.
LA VIVACITA' CULTURALE DI ARADEO, TRA CARNEVALE E TRADIZIONE MUSICALE - Il punto di partenza, nonché paese dove fare base durante il soggiorno, è la vivace Aradeo, cittadina che si contraddistingue per il suo fermento culturale. Una realtà locale fondata storicamente sulla'agricolutra, in particolare sulle coltivazioni di tabacco, finché l'Unione Europea non è intervenuta a regolamentare (diminuendola fortemente) la produzione. Ma gli abitanti di Aradeo hanno saputo brillantemente sfruttare le altre risorse a loro disposizione: abbandonando il lavoro dei campi si sono dedicati alla valorizzazione della cultura e delle tradizioni locali, come il Carnevale e musica. Non a caso Aradeo è il paese dove sono nati la cantante Emma Marrone e il gruppo mudicale degli Après La Classe.
Il viaggio di Affaritaliani.it in Salento, dal pastore al ciabattino... Guarda il video-reportage |
“Aradeo è la città ideale per trascorrere le proprie vacanze nel Salento perché si trova in posizione strategica - spiega il sindaco Daniele Perulli -. Facilmente si raggiungono due mari, lo Jonio e l’Adriatico. Al tempo stesso si può godere della tranquillità del suo antico centro storico. Stiamo lavorando per favorire i progetti culturali, rendere sempre più attraenti le stagioni teatrali nel nostro teatro comunale grazie al contributo del teatro pubblico pugliese e valorizzare sempre di più la tradizione del Carnevale aradeino”.
IL GIALLO DELLE GROTTE DI CASTELLANA: CHI LE HA SCOPERTE PER PRIMO? - Scoperte 76 anni fa e visitabili tutto l’anno, le grotte di Castellana, in provincia di Bari (www.grottedicastellana.it), regalano un crescendo di emozioni. Stalattiti, stalagmiti, cortine, colonne, preziosi cristalli sfoggiano i loro mille e uno colori disegnando le forme più strane che si prestano alla fantasia dei visitatori. Dopo essere entrati nella Grotta Grave, l’unica collegata con l’esterno, gli ambienti si succedono uno dopo l’altro, prendendo i nomi che furono dati loro dai primi esploratori: la Lupa, i Monumenti, la Civetta, la Madonnina, l’Altare, il Precipizio, il Corridoio del deserto, la Colonna rovesciata, il Corridoio Rosso, la Cupola. Si arriva poi all’ultima e più bella caverna del sistema sotterraneo, la Grotta Bianca, definita per la ricchezza e il biancore dell’alabastro, la più splendente del mondo.
Le Grotte, visitate nel tempo da 15 milioni di persone, si trovano ad una profondità media di circa 70 metri. Due gli itinerari possibili: il primo, lungo un chilometro, dura 50 minuti, il secondo, di 3 km, dura circa due ore.
Ufficialmente le Grotte di Castellana sono state scoperte nel 1938 da Franco Anelli, considerato uno dei padri della speleologia italiana, a cui nel 1949 l'amministrazione comunale affidò la direzione delle Grotte stesse, che diresse fino alla sua morte, nel 1977. Ma un'accesa disputa anima gli abitanti di Castellana, secondo i quali il primo a calarsi nelle grotte inesplorate fu in realtà il compaesano Vito Matarrese. Un giallo tuttora irrisolto e continuamente alimentato da discussioni, documenti e testimonianze.
Visitate le Grotte, vale la pena fare un giro nel centro storico di Castellana, borgo medioevale dominato da una cattedrale romanica e che in pieno inverno, l’11 gennaio, si illumina con i fuochi delle Fanove: più di 80 falò vengono accesi contemporaneamente per ricordare il miracolo della Madonna della Vetrana, che salvò i cittadini di Castellana dalla peste.

A GIURDIGNANO LE TAVOLE DI SAN GIUSEPPE - Tra il 18 e il 19 marzo gli abitanti di Giurdignano, paesino a soli cinque chilometri da Otranto allestiscono nelle proprie case le Tavole di San Giuseppe. Si tratta di Grandi Tavole, ricoperte con tovaglie ricamate dove spiccano pani a forma di ruota e ben tredici pietanze: il pesce, simbolo del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci di Gesù, i ciceri e tria, pasta fatta in casa metà bollita e metà fritta con i ceci, che, con i suoi colori indica quelli del narciso e quindi l’arrivo della Primavera, le ncartiddhate, dolci fritti a forma di rosa e conditi con il miele, che ricordano le fasce di Gesù bambino. Il devoto che prepara le Tavole, invita parenti o amici. Essi interpretano i Santi: la Sacra Famiglia (Gesù, San Giuseppe e Maria) se la Tavola è imbandita per tre, la Sacra Famiglia e i suoi parenti e amici se la Tavola è allestita per 13. Quindi con Maria, Giuseppe e Gesù si siedono anche Sant’Anna e San Gioacchino (i genitori di Maria), Santa Elisabetta e San Zaccaria (i cugini), Santa Maria Maddalena… etc. Chi si siede alle Tavole diventa Santo. “Questa tradizione”, spiegano il sindaco Monica Gravante e il vicesindaco, Gabriella Vilei, “è molto sentita, qui da noi. Infatti le Tavole di San Giuseppe sono nate a Giurdignano e si sono poi diffuse in altri paesi a noi vicini come Minervino e Uggiano la Chiesa, nella fascia dell’entroterra idruntino”.
VIDEO/ TRADIZIONI CULINARIE NEL SALENTO: I DOLCI DI SAN GIUSEPPE

VIDEO/ TRADIZIONI CULINARIE NEL SALENTO: IL BRODO DEL SABATO

IL GIARDINO DEI MEGALITI PIU' GRANDE D’EUROPA - In attesa delle Tavole al mattino si può passeggiare nel giardino dei megaliti più grande d’Europa. Infatti nelle campagne di Giurdignano ci sono ben 23 menhir e 28 dolmen. Risalgono a 16mila anni fa. I dolmen erano tombe o forse altari dove si sacrificavano gli animali. I menhir sono pietre stiliformi confitte nel terreno. Indicano il desiderio dell’Uomo primitivo di arrivare fino al cielo. Alcuni menhir sono stati cristianizzati con l’apposizione delle croci oppure con la costruzione di una cappella ai loro piedi, come la cripta di San Paolo delle Tarante a Giurdignano, perché nel Salento, Sacro e Profano coesistono in un’affascinante e misteriosa simbiosi.
VIDEO/ A GIURDIGNANO IL GIARDINO DEI MEGALITI PIU' GRANDE D’EUROPA

NARDO’, CITTA' D'ARTE PER ECCELLENZA DELLA PROVINCIA DI LECCE - Dal romanico al barocco, ed eccoci a Nardò, città d’arte della provincia di Lecce, per eccellenza. Sono barocche con la tipica pietra leccese scolpita dai maestri scalpellini le chiese che impreziosiscono il centro storico della città: ricami di pietra, putti, santi… popolano facciate e altari. Dall’ariosa piazza Salandra dominata dalla colonna dell’Immacolata, si dipanano le vie del centro storico, cuore culturale ed economico dell’area.
Ma Nardò è da visitare anche per i panorami mozzafiato di Portoselvaggio, un parco regionale affacciato sul mare, a soli sei chilometri dalla città. Tra campi di terra rossa e fenomeni carsici come le spunnulate (laghetti di acqua salmastra generati da fiumi sotterranei il cui tetto è sprofondato) si arriva fino alla spiaggetta di Portoselvaggio dominata dalla Torre dall’Alto di Santa Caterina.
Nardò, famosa per le ville gentilizie nel quartiere Cenate di Santa Caterina, è anche città dell’accoglienza. E’ stata insignita infatti della medaglia d’oro al valor civile dal presidente della Repubblica, Ciampi per l’accoglienza riservata a più di 800mila ebrei, che erano stati liberati dai campi di concentramento dalle Forze Alleate e che vennero momentaneamente ospitati nelle case requisite di Santa Maria al Bagno prima di raggiungere la Terra Promessa. Tra gli ospiti illustri anche Golda Meir. Oggi una casa con i graffiti realizzati da un deportato, Levi Miller, foto e documenti, è diventata il primo museo italiano della Memoria e dell’Accoglienza, visitabile su prenotazione (tel. 0833. 83 08 08, www.comune.nardo.le.it)
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ORIA, IL QUARTIERE EBRAICO E IL CASTELLO DI FEDERICO II - Ma se c’è una città dove fiorì una ricca comunità ebraica, questa è Oria, in provincia di Brindisi. Infatti questo borgo medioevale, che vi affascinerà per le sue viuzze arrampicate sulla rocca dove sorge il maestoso castello federiciano, ha dato i natali a un medico farmacista così famoso che a lui è stato dedicato il modernissimo ospedale di Tel Aviv, Donnolo. Gli ebrei arrivarono a Oria con la diaspora nel 70 e vi rimasero fino al 1300. Federico II scelse la città per attendere la sua sposa, Jolanda di Brienne, in viaggio dall’Oriente. I due si unirono in matrimonio nel 1225 nel Duomo di Brindisi, poco distante da Oria. Ma, naturalmente prima delle nozze, (che peraltro aveva già contratto per procura) l’imperatore si dava a feste di addio al celibato, cacciava nella foresta oritana e soprattutto rese il castello di Oria la sua degna dimora, ampliandolo e rendendolo quanto mai sfarzoso. Il castello dominava e domina ancora oggi i Due Mari essendo costruito su uno dei tre colli di Oria. Per ingannare il tempo l’imperatore indisse anche il Torneamento dei Rioni, che gli abitanti di Oria festeggiano ancora oggi il secondo week end di agosto con uno spettacolare corteo storico e il Palio in abiti medioevali che ricordano l’arrivo di Federico II. Il castello, di proprietà privata è visitabile grazie agli alunni dell’Istituto per il turismo della città e dai volontari dell’associazione Legambiente (per prenotazioni iter.oria@libero.it).