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Cronache
Case, agli italiani piace anche abusiva. Sud su 100, 42 costruite illegalmente

Case abusive: solo il 15% viene abbattuto e si continua a costruire

“Abbiamo 42,1 abitazioni costruite illegalmente ogni 100 realizzate nel rispetto delle regole”: un vero record la condizione del Sud Italia. E per il resto d’Italia l’abuso edilizio ammonta al 9,1% del totale, scrive l’ultimo rapporto sul BES dell’Istat, realizzato in collaborazione con il Cresme. E’ questo il risultato complessivo di “Abbatti l’abuso”, terzo report di Legambiente sull’abusivismo edilizio nel Belpaese.

Gli italiani sono patiti per il tetto sulla testa, anche abusivo se serve. Ma il quadro andrebbe meglio compreso e razionalizzato tra esigenze dei cittadini e normativa. Case che non dovrebbero esserci ma che nel tempo non vengono abbattute, anzi, se ne costruiscono di nuove. Un panorama composito, tra mancanza generale di trasparenza, ordinanze di demolizione non sempre applicate, non esecuzione degli abbattimenti, assenza di trascrizioni immobiliari nel patrimonio comunale e non trasmissione alle prefetture delle ordinanze di demolizione non eseguite, che è tutto un programma. 

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Risulta che il Sud e le coste siano le aree nelle condizioni di maggiore sofferenza. Soprattutto la Campania che può vantare il maggior numero di ordinanze di demolizione. In più in Calabria, Lazio, Puglia, Sicilia e sempre in Campania si fa fatica a demolire: dal 2004 a dicembre 2022 il numero delle demolizioni eseguite delle abitazioni abusiva è stato solo del 15,3%: 83.430 le ordinanze di abbattimento con una media di 1 ordinanza ogni 310 cittadini. Nelle isole minori si registra un abuso ogni 12 abitanti.

Per Legambiente è “urgente arginare la piaga dell’abusivismo edilizio. Il Paese non ha bisogno di condoni ma di legalità. Si potenzino le attività di demolizione delle case abusive e si dia più ruolo e responsabilità ai prefetti restituendo il senso originario all’art. 10bis della Legge 120/2020, se necessario, anche con un nuovo intervento legislativo”. Facile a dirsi, più difficile a farsi tra istituzioni spesso poco trasparenti, disparità diffuse nel trattamento dei cittadini e normative complicate.

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Legambiente allora ha preso l’iniziativa con 6 proposte inviate al Governo Meloni per invertire la tendenza. Prima azione concreta potrebbe essere quella di restituire il potere d’intervento ai prefetti che si vedrebbero investiti di un ruolo che per legge potrebbero già esercitare. Altra azione è quella di “quantificare e imputare in maniera sistematica l’eventuale danno erariale causato dalle mancate entrate nelle casse comunali del corrispettivo economico dovuto per l’occupazione da parte degli abusivi di immobili non demoliti e diventati di proprietà comunale”, quindi facendo intervenire la Corte de Conti.

Se un Comune non esegue le demolizioni e i ripristini dove è richiesto hanno chiaramente un danno erariale. L’azione della Corte dei Conti potrebbe prendere l’abitudine, non una tantum, di sollevare contestazioni agli amministratori locali, sensibili alle imputazioni contabili.

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Per terza cosa Legambiente propone di intervenire dopo una sentenza in cui si sia accertato il reato e non, invece, alla condanna del reo. Se, esistono sentenze definitive che indicano con chiarezza che la casa è abusiva si dovrebbe poter intervenire per abbatterla, non aspettando altri pronunciamenti. Quarto: la sospensione delle demolizioni già richieste può avvenire solo in caso in cui vi sia un ulteriore ricorso al Tar e non accettando oltre forme di opposizione. Quinto: chiusura delle pratiche inevase di condono. E per ultimo l’emersione degli immobili non accatastati, dato già esistente nelle disponibilità dall’Agenzia delle entrate. 

Da anni, Legambiente sostiene la necessità di non procrastinare un intervento nazionale e risolutivo” sul tema, tanto importante per un equilibrio sensato nel rapporto tra cittadini e ambiente. 

 

 

 

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