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Cronache
Clan, antimafia, e business migranti. Gli affari sporchi delle Coop

La PRIMA INCHIESTA sulle coop in Italia. Anni di si­lenzio, difficile mettere il naso dentro un mondo che garantisce lavoro, potere, soldi e continuità politica. Solo grazie agli ultimi scandali di Mafia capitale sono affiorate le CONTRADDIZIONI di un universo econo­mico che da solo genera 151 miliardi di fatturato dando lavoro a più di un milione di persone. Grande distribuzione, grandi opere, servizi, alimentazione, assicurazioni: il mondo coop, frutto di una storia secolare, copre tutto il territorio, dal Nord al Sud, IN NOME DELLA SOLIDARIETÀ, a difesa dei lavoratori.

Questo libro prova a smontare la PROPAGANDA che ha alimentato l’universo coop e racconta la realtà di un BUSINESS protetto, in cui sfruttamento, corruzione, speculazione finanziaria sono ben presenti seppure mai denunciati perché coperti dal marchio della le­galità. Per fare del bene TUTTO È CONCESSO, anche godere di un regime fiscale particolare (lo garantisce la Costituzione), allearsi con le mafie locali, pilotare le gare d’appalto, pagare tre euro all’ora un lavoratore, persino arricchirsi sulle spalle degli immigrati.

Un vero blocco economico, politico, culturale che fa comodo a un’intera classe dirigente e che si basa sulla DISTRAZIONE DELLA MAGISTRATURA in un intreccio di potere difficile da scalfire. COOP CONNECTION vuole dare voce a chi è solo a denunciare questo sistema, in nome di quei valori in cui credono tanti lavoratori e che hanno ispirato la nascita delle prime cooperative.

ANTEPRIMA/ ESTRATTO DAL LIBRO "COOP CONNECTION" (per gentile concessione di Chiarelettere)

Questo libro nasce per fare chiarezza sul mondo delle cooperative, uno dei cardini dell’economia italiana che pesa 151 miliardi di fatturato, l’8 per cento del Pil, e che dà lavoro a più di un milione e centomila persone. Un universo economico che vale più del Prodotto interno lordo dell’intera Ungheria ma poco raccontato, frutto di una storia secolare e di un presente in cui non mancano luci e ombre. E contraddizioni di un sistema fondato sul mutualismo ma degenerato in un’azione mercantile incessante, che sa trasformare in ricchezza ogni debolezza sociale. Dove «fare il bene» è una dialettica commerciale che fa crollare qualsiasi muro e sa inglobare ogni cosa. Al punto che, come scrive Mediobanca, le coop guadagnano più dalla finanza che dalla vendita delle merci.

E operano in Borsa, anche se non potrebbero farlo, tramite quote di una Spa come Unipol. L’inchiesta Mafia capitale, che ha sconvolto Roma, è uno spartiacque che per la prima volta ha cambiato la percezione collettiva che abbiamo delle coop. Ma è solo la punta dell’iceberg di un sistema liquido e complesso che muta ogni volta strategia, e ha alleati nella politica, nella giustizia, in ogni istituzione. Dall’Expo al Mose, da Mafia capitale alla Grande distribuzione, dai cantieri della Tav alla Val di Susa sono troppi i casi in cui imprese targate coop, come Cpl Concordia, risultano inquinate da rapporti con la criminalità organizzata e dalla corruzione. La crisi economica li fa emergere nonostante lo storytelling della sinistra, l’affabulazione che ieri si chiamava propaganda di partito. Per non parlare dei risparmi di molti soci affidati alle coop e andati in fumo in seguito a spericolate operazioni finanziarie. Delle ingiuste agevolazioni, non solo fiscali, che alterano il libero mercato annullando possibili concorrenti. O dei contratti da fame e delle condizioni capestro cui sono costretti molti giovani lavoratori. Un «sottomondo» di schiavi invisibili, manovalanza nell’agroalimentare, nella logistica, nel facchinaggio. Schiavi anche grazie a un articolo del Jobs Act voluto da Renzi e dal ministro del Lavoro – l’ex presidente di Legacoop Giuliano Poletti –, e passato nell’indifferenza generale, che abroga il reato di intermediazione fraudolenta di manodopera, il cosiddetto caporalato. Tutto nel silenzio. Cosa c’è sotto il mondo che eravamo abituati ad associare agli alti valori del mutuo aiuto, nato dalla solidarietà tra gli ultimi? E perché scopriamo solo ora scandali e speculazioni? Quali informazioni ci sono state nascoste?

L’Emilia-Romagna rappresenta il dna di questo sistema con uomini, capitali e strutture, però le indagini giudiziarie sulle coop non partono mai da qui e, se per caso si aprono, presto si dissolvono. L’ex procuratore capo di Bologna, Enrico Di Nicola, ha esaltato il modello giudiziario del capoluogo, fondato sull’«armonia» tra giustizia e politica. Perché in Emilia non c’è separazione di poteri. In effetti è vero. Amministrazione pubblica, partito e pezzi del mondo della magistratura sono entrati in sintonia formando un sistema potente e legalmente inattaccabile in un intreccio difficile da riconoscere, che ha saputo riprodursi negli anni sempre uguale a se stesso e in cui il libero mercato è un’opzione limite, la legalità un’apparenza e la giustizia applicata da un corpo non indipendente. Dagli anni Sessanta e Settanta camorra, ’ndrangheta e mafia hanno  costruito su questo sistema imperi economici, crescendo con le istituzioni che ne negavano la presenza. Un sistema, quello delle coop, che vorrebbe espandersi a tutti gli angoli del paese e che ha in nuovi settori di mercato le sue punte di diamante. Come l’erogazione di servizi ed energia offerti dalla multiutility Hera o il successo nel settore alimentare di Eataly, la Disneyland del cibo di qualità, ma persino l’antimafia può diventare un business che assicura la vendita di prodotti confezionati con il marchio della legalità. Nuovi soldi, nuovi mercati, nuovo potere. Senza nulla togliere al valore del marchio delle cooperative e all’impegno di tanti lavoratori che hanno partecipato alla creazione di tanta ricchezza, è necessario entrare dentro le contraddizioni. Il viaggio nei fondali reconditi di questo pianeta non vuole mettere in discussione le tante persone che con correttezza lavorano anche nella cooperazione e nelle istituzioni. Anzi, questo libro è pensato anche a loro difesa, nella speranza che la spessa corteccia di omertà e indifferenza, unita alla buona fede di molti, possa essere scalfita e che i diritti principali dei soci vengano rispettati.

Antonio Amorosi, giornalista d’inchiesta, è nato a Lu­dwigsburg, in Germania, nel 1970. A trentaquattro anni, nel 2004, è stato assessore alle Politiche abitative del Comune di Bologna con Cofferati sindaco. Si dimette dopo appena diciotto mesi denunciando il sistema poli­tico e amministrativo locale che dal 1986, scavalcando le graduatorie, assegnava una percentuale elevata di alloggi popolari per via politica. Si occupa della presen­za della criminalità organizzata in Emilia-Romagna e dell’attualità politica come giornalista radiofonico. Nel 2010 è autore con Christian Abbondanza del libro TRA LA VIA EMILIA E IL CLAN edito dalla Casa della Legalità di Genova. Le sue inchieste per il quotidiano online Affarita­liani.it nel 2011 portano alle dimissioni di diversi politici emiliani e alla nascita di casi giudiziari nazionali. Nel 2013 ha collaborato con “Il Foglio”. Scrive e pubblica i suoi reportage sul settimanale “Panorama” e dal 2014 sul quotidiano “Libero”.

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