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Cronache
Glifosato nei cibi: la pandemia silenziosa che starebbe dietro la celiachia

Uno su 20 ne soffre. Per i ricercatori sarebbe il glifosato il problema quotidiano che scatena la celiachia a malattie connesse ma la UE ne rinnova l'autorizzazione per altri 10 anni, fino al 2033

A chi non è capitato di trovarsi a cena e avere un conoscente con la celiachia? Una condizione rara ancora pochi decenni fa. Oggi invece una recente stima suggerisce che una persona su 20 in Nord America e in Europa occidentale ne soffra. In Italia sarebbero 600.000 i soggetti colpiti dalla malattia. La celiachia è in soldoni l’intolleranza al glutine, con conseguenze diverse e complesse sull’organismo affetto. Ma più di uno studio recente sostiene che non sia così semplice l’associazione celiachia-glutine.

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La celiachia, almeno in una diffusione così ampia, secondo diverse ricerche pubblicate su riviste specializzate, sarebbe il frutto dell’esposizione al glifosato, da solo, negli alimenti o ai terreni trattati, vedi il mais tra gli altri, anche a dosi precedentemente ritenute sicure per la salute umana, perché può incidere in modo significativo sul microbioma, fattore scatenante la malattia. Addirittura in uno studio del 2013 pubblicato su PubMed e su Journal of Interdisciplinary Toxicology, a firma dei ricercatori Antonio Samsel e Stephanie Seneff, si sostiene vi sia la correlazione secca: “il glifosato, il principio attivo dell'erbicida Roundup, sia il fattore causale più importante di questa epidemia”.

Non esisterebbe una vera intolleranza al glutine ma al glifosato. Samsel e Seneff spiegano che i pesci esposti al glifosato sviluppino problemi digestivi che ricordano la celiachia, quindi ci sarebbe una connessione. “I pazienti celiaci”, scrivono i due, “riscontrano un aumento del rischio di linfoma non-Hodgkin, che è stato anche correlato con l’esposizione al glifosato. Questioni riproduttive associate alla celiachia, come l’infertilità, gli aborti spontanei e i difetti di nascita, possono anche essere spiegati dal glifosato. I residui di glifosato nel grano e in altre colture sono probabilmente in aumento a causa della crescente pratica di essiccazione della coltura appena prima del raccolto. Noi sosteniamo che la pratica della ‘maturazione’ con glifosato della canna da zucchero può spiegare il recente aumento di insufficienza renale tra i lavoratori agricoli in America centrale”. “Concludiamo”, scrivono i due ricercatori, “con un appello ai governi di riconsiderare le politiche in materia di sicurezza dei residui di glifosato negli alimenti”.

Questo perché ad esempio negli Stati Uniti, il glifosato è oggi il principale erbicida utilizzato sulla maggior parte delle colture e, infatti, dopo gli anni ’70, il suo utilizzo è cresciuto di quasi 100 volte. Per altri ricercatori le prove non sarebbero univoche ma un’altra ricerca del 2020 a firma Jacqueline A. Barnett e Deanna L. Gibson dell’Università della Columbia Britannica spiega il perché: “La ricerca sugli effetti del glifosato sul microbioma soffre di numerose debolezze metodologiche e queste limitazioni rendono impossibile trarre conclusioni definitive sull’influenza del glifosato sulla salute attraverso le alterazioni del microbioma intestinale”.

Ma spiegano i due studiosi “negli ultimi dieci anni, sempre più nordamericani hanno scelto di escludere il grano dalla propria dieta, citando i benefici per la salute in assenza di una diagnosi di celiachia”. Stesso discorso per lo scatenamento della disbiosi, lo squilibrio microbico con batteri cattivi nell’intestino, che ne provocano l’irritazione, cattiva digestione, gonfiore, meteorismo e dolori addominali. Il glifosato funziona come un diserbante inibendo la via dello scichimico, un importante intermedio biochimico presente in piante e microrganismi, che non è però nei mammiferi e per questo si è pensavo originariamente non fosse mai tossico per l’uomo.

Ma anche qui un articolo pubblicato sulla rivista Beyond Pesticides mette in luce uno studio nel 2022 su The Faseb Journal che mostra una concatenazione di effetti che si sono moltiplicati negli anni con la diffusione del diserbante in natura. Lo studio che ha trai primi firmatari il ricercatore Mauricio Cáceres-Chacón sostiene che “oltre il 90% dei partecipanti, comprese molte coppie bambino/genitore, hanno avuto una recente esposizione al glifosato, con i bambini che spesso mostrano livelli di glifosato fino a quattro volte superiori a quelli dei loro genitori. Ciò conferma l’evidenza che i bambini potrebbero essere più vulnerabili ai rischi della sostanza chimica. Inoltre, un ampio studio durato 15 anni associa alti tassi di tumori del sangue infantili con i bambini che vivono nelle aree di coltivazione della soia del Brasile, regioni che fanno affidamento su un uso intensivo di glifosato. Pertanto, secondo i sostenitori, è fondamentale comprendere l’intero spettro degli effetti del glifosato sulla salute umana, dalla sua potenziale cancerogenicità alle sue ramificazioni neurologiche ed emotive”.

Ma tutto questo non è servito a far intervenire i legislatori. La Commissione Europea ha rinnovato l'autorizzazione del glifosato nell'Unione Europea per altri 10 anni, fino al 2033. La decisione è stata presa dopo che i Paesi membri non sono riusciti a raggiungere una maggioranza qualificata necessaria per una decisione definitiva in materia. La Commissione ha basato la sua decisione su un rapporto dell'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), che non ha individuato rischi tali da giustificare un divieto dell'erbicida, nonostante sia stato classificato nel 2015 come "probabilmente cancerogeno" dall'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Tuttavia, la nuova autorizzazione include alcune nuove condizioni e restrizioni, come il divieto di utilizzare il glifosato per far seccare le colture prima della raccolta.

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