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Cronache
Nuovo caso Salis, ragazzo italiano detenuto nel "carcere lager" di Ceausescu
Filippo Mosca

Filippo Mosca come Ilaria Salis: il 29enne torturato in un carcere-lager in Romania "tra escrementi e topi"

Dal maggio dello scorso anno un altro cittadino italiano è rinchiuso in un carcere, stavolta in Romania, in una cella di trenta metri quadri condivisa da venticinque detenuti che vivono in un clima di costante tensione, tra risse, aggressioni e accoltellamenti. Filippo Mosca, 29 anni, siciliano di Caltanissetta, è accusato di traffico internazionale di stupefacenti, e circa un mese dopo l’arresto è stato condannato a otto anni di reclusione, da scontare nel penitenziario di Porta Alba, a Costanza, che fu uno dei lager di Ceausescu e che più volte la Corte europea per i diritti umani ha condannato a causa delle condizioni degradanti in cui sono costretti i reclusi. Lui si è sempre proclamato innocente, e anche la sua coimputata, una ragazza di Barcellona che ha invece ammesso le proprie responsabilità, lo ha ripetutamente scagionato, anche in tribunale. Ma i giudici non hanno creduto né a lui né a lei.

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A fare emergere la vicenda è stata una richiesta d’aiuto rivolta dai familiari di Filippo a Nessuno Tocchi Caino, prima con una mail inviata dalla fidanzata e poi con un dettagliato racconto fatto dalla madre, Ornella Marraxa, alla presidente dell’associazione, Rita Bernardini. Sulla base delle testimonianze delle due donne, il deputato di Italia Viva Roberto Giachetti ha presentato una interrogazione al ministro degli Esteri Antonio Tajani chiedendo se il governo sia a conoscenza della situazione e come intenda muoversi «affinché siano garantiti i diritti umani fondamentali» di un cittadino italiano detenuto all’estero. Mosca era andato in Romania per partecipare al Sunwaves, il grande evento di musica elettronica che ogni anno raduna per cinque giorni e cinque notti sulla spiaggia di Mamaia appassionati da tutto il mondo e i più importanti artisti internazionali del settore. Secondo quanto riferisce al Corriere sua madre, prima di partire Filippo è stato contattato da una ragazza di Barcellona, conosciuta quando in Spagna (a Ibiza) il giovane siciliano gestiva un ristorante, poi chiuso durante la pandemia e successivamente dato in gestione. Anche la ragazza aveva intenzione di andare al Sunwaves, e chiedeva all’amico consigli su dove prendere casa per i cinque giorni del festival.

"Mio figlio Filippo Mosca come Ilaria Salis": la denuncia della madre

Come riporta il Corriere della Sera, lo scambio di messaggi si sarebbe limitato a questo, né a Mamaia i due avrebbero preso alloggio insieme e neppure vicini. Però in Romania la ragazza spagnola riceve un pacco contenente droga, intercettato dalle autorità. Viene quindi arrestata e controllando il suo cellulare la polizia arriva a Filippo Mosca. Ritiene che in quei messaggi si parli in codice del traffico di stupefacenti e arresta anche lui. "I primi venti giorni di detenzione mio figlio li ha passati in isolamento, in una cella dove il pavimento era ricoperto di escrementi e i topi avevano fatto un nido all’interno del materasso sul quale avrebbe dovuto dormire. Aveva poche cose da mangiare e se le sono mangiate i topi, non poteva addormentarsi perché aveva paura che lo mordessero. Stava impazzendo". Quando è uscito dall’isolamento le cose non sono migliorate granché.

"La cella che divide con altri ventiquattro detenuti è un posto invivibile. Non possono cucinare perché non è consentito avere un fornello, non c’è il gabinetto ma soltanto un buco per terra, possono fare una sola doccia alla settimana e quasi sempre con acqua fredda. In un paese dove di questi tempi la temperatura arriva anche a meno dieci e a loro non viene data nemmeno una coperta. Quindi soffrono il freddo ventiquattr’ore su ventiquattro". Poi ci sono gli altri reclusi, e la convivenza è pericolosa, prima ancora che problematica. "Pochi giorni fa — racconta ancora Ornella Marraxa — uno lo ha colpito al volto e gli ha lanciato l’acqua bollente su una gamba, e un altro ha tentato di accoltellarlo, per fortuna sono intervenuti altri compagni di cella e lo hanno fermato. Filippo è finito in infermeria, e lì le autorità del carcere gli hanno consigliato di non denunciare perché quello che voleva accoltellarlo è una specie di capo tra i detenuti e quindi avrebbe rischiato troppo. Lui ha firmato un verbale che gli hanno messo davanti, ma non sa nemmeno cosa c’era scritto perché era solo in rumeno, come del resto tanti altri documenti che si è trovato davanti anche al processo".

La madre di Filippo si è affidata a un avvocato svizzero che ha corrispondenti in Romania, e più recentemente alla penalista italiana Armida Decina, particolarmente esperta di questioni legate al diritto carcerario. Insoddisfacente sarebbe stata invece, a suo avviso, l’assistenza fornita dalla nostra rappresentanza diplomatica a Bucarest. "Hanno fatto davvero poco, e non so il perché. Eppure abbiamo chiesto aiuto in tutti i modi. Ma bisogna fare presto, Filippo non ce la fa più a stare lì. Io lo sento quasi ogni giorno perché per fortuna hanno diritto a un’ora e mezzo di telefonate a settimana, e mi dice sempre 'tirami fuori di qui', spesso piangendo. Il suo difensore vuole chiedere che possa scontare la condanna in Italia o almeno lì ma ai domiciliari. Però per la legge romena non può farlo prima che si concluda l’appello, fissato per aprile. E fino ad allora ogni giorno sarà un incubo".

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