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Cronache
Polli putrefatti, De Castro stronca Food for Profit. E minaccia querela

Food for Profit, l'orrore degli allevamenti intensivi nel "film" della giornalista di Report. L'eurodeputato De Castro: "Lontano dalla realtà"

I veri animali siamo noi. Con il documentario “Food for profit”, la giornalista di Report Giulia Innocenzi ha posto l’ultimo tassello sul lavoro che, ormai da anni, sta facendo per smantellare il malato sistema alimentare della carne europeo. Un mondo, questo, così spietato e cruento da far impallidire anche il più convinto amante della carne.

Nei filmati raccolti dalla Innocenzi e da Pablo D’Ambrosi, non compare solo una serie immensa di immagini raccapriccianti proveniente da alcuni grandi allevamenti intensivi in giro per l’Europa, ma emerge anche l'aspetto politico alla base del turpe sistema e l'intreccio con gli influenti lobbisti che risultano i veri protagonisti di questo scempio disumano.

GUARDA IL TRAILER DEL DOCUMENTARIO "Food for profit"

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Anche l'eurodeputato italiano Paolo De Castro è coinvolto: un lobbista gli propone un progetto fittizio di editing genetico per la creazione di animali con caratteristiche stravaganti, e sebbene inizialmente De Castro mostri titubanza, successivamente si esprime dicendo di non avere pregiudizi e che questa è una battaglia che prima o poi verrà vinta.

La replica di De Castro

Un'uscita, quella dell'Europarlamentare, che in poco tempo è finita sotto i riflettori dei media. E interpellato da Affaritaliani.it, De Castro non fa passi indietro sulla propria dichiarazione. Anzi. "Nel documentario si evince una lettura drammatica della zootecnia. Quello fattomi è un insulto personale, se ne occuperanno gli avvocati". 

Ma è l'intero quadro di ciò che mostra il lavoro della giornalista di Report a innescare il livore di De Castro. "Il documentario non corrisponde alla realtà, è totalmente scandalistico. In Italia c'è una situazione che non si può paragonare ad altri Paesi del mondo", tuona. "Non abbiamo gli allevamenti all'americana da 25 mila capi a testa", prosegue. "L'Ue ha delle regole sul benessere animale molto severe, tra le più rigide al mondo. La vera domanda è se gli allevamenti rispettano le regole", spiega ancora.

Sorge, però, spontanea una domanda: che siano, allora, in molti a non rispettare le suddette regolamentazioni di benessere? "Giulia Innocenzi e il team dietro i lavori hanno beccato delle eccezioni", risponde sicuro l'europarlamentare. "Possiamo dire che l'Europa deve essere più attenta a far rispettare queste regole. Ci stiamo lavorando", conclude infine De Castro. 

Tornando al documentario e alle atrocità che vengono mostrate, i teatri di queste scene sono diversi. Come racconta Gambero Rosso, il quale è riuscito a visionare il documentario in anteprima, si va da un’enorme struttura situata a pochi chilometri da Berlino, passando a un allevamento veneto dove si perpetrano crudeltà tramite metodi orribili di abbattimento del pollame, non conformi agli standard richiesti dai macelli. Questi orrori includono minacce e inseguimenti verso gli autori del documento da parte di un allevatore di tacchini situato a un centinaio di chilometri da Roma, il quale maltratta gli animali nonostante riceva finanziamenti europei.

Le immagini registrate in questi stabilimenti non lasciano spazio all'immaginazione per quanto riguarda il benessere degli animali. Mucche vengono colpite violentemente sulla schiena e sulla testa, tacchini vengono calciati e sbattuti all'interno di camion, mentre dei polli sono costretti a condividere lo spazio con le carcasse. Gli operai giocano con il pollame morto, destinato poi al consumo umano, e cumuli di migliaia di cadaveri di polli rimangono esposti all'aria aperta per giorni senza alcun controllo. Le stalle, di dimensioni gigantesche, sono sporche di escrementi accumulati per anni, creando condizioni igienico-sanitarie disastrose.

Il documentario è una condanna senza mezzi termini di un sistema corrotto che va dalla crudeltà verso gli animali fino all'impatto devastante che queste strutture hanno sull'ambiente circostante, inclusa l'inquinamento delle falde acquifere. Ma come accennato prima, oltre alle numerose atrocità perpetrate sugli animali che potrebbero rovinare il sonno dei più sensibili, non meno rilevante è tutta la parte del documentario che riguarda i politici europei e i loro rapporti con le lobby a capo di tutto.

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Nel settore agricolo, il confine tra attività lobbistica e politica appare estremamente sottile, e spesso cade senza troppi sforzi grazie a tattiche come la partecipazione ai comitati scientifici e le consulenze. In sintesi, la politica non esce bene da questa storia.

Da esempi come quello dell'eurodeputata spagnola Clara Aguilera, che afferma che alcuni membri della Commissione agricoltura ricevono fondi dalla Politica Agricola Comune (Pac) in quanto proprietari terrieri, fino alla sindaca polacca che denuncia il finanziamento delle campagne elettorali di destra e sinistra da parte delle industrie locali.

In questo sistema, il ruolo centrale dei lobbisti che influenzano la politica è innegabile, e al vertice di questa piramide si trova la lobby più importante, Copa-Cogeca, il cui capo arriva persino a negare l'esistenza degli allevamenti intensivi in Europa. E così, dopo la visione del documentario, negli spettatori si instilla un pensiero che difficilmente verrà dimenticato nel tempo: “Ma la carne che sto mangiando, da dove viene?”.

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