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Culture
Il libro del generale Vannacci: militari sull’orlo di una crisi di identità

Cosa c’è davvero nel libro di Vannacci destituito dal comando. Se in tv sfilano showgirl e virologi, a fare i pensatori, raggiuggendo le vette di pensiero che abbiamo visto...

 

Ma qualcuno l’ha letto davvero il libro del generale Vannacci?

Il generale non è fascista, non è omofobo, non è razzista o separatista e lo si comprende leggendo “Il mondo capovolto”, libro che gli sta procurando un procedimento disciplinare e la rimozione dall’incarico a capo dell’Istituto geografico militare di Firenze. Il testo, letto nel suo insieme, ha il limite e contemporaneamente il pregio di non avere la complessità che ti aspetteresti da un pensatore; pregio perché fa emergere quella “pancia” degli italiani (quello che molti pensano) che da decenni si seppellisce col politicamente corretto ma che non si estinguerà dalle teste delle persone con i buoni sentimenti stile Mulino Bianco.

Ma emerge un primo problema: Vannacci è un generale dell’esercito e sa meglio di chiunque altro che la visibilità attribuitagli con il libro non è derivata dalla scoperte edotte dalla sua ricca dialettica bensì dal dato incontrovertibile che sia un generale in carica a parlare, che avrebbe dei vincoli  stringenti oltre il sacrosanto diritto alla libertà d'espressione. 

Con tre lauree all’attivo, Scienze Strategiche, Scienze Internazionali e Diplomatiche e Scienze Militari, una storia da pluridecorato in prima linea in Somalia, Rwanda, ex Jugoslavia, Libia, Afghanistan, Iraq e battaglie che andrebbero oltre l’encomio come quella sulle omissioni sulla salute dei soldati a contatto con l’uranio impoverito in Iraq, il generale lungo tutto il libro si scaglia contro l’egemonia culturale delle minoranze che si manifestano nel nostro tempo. Tratta diversi temi del dibattito pubblico, dalle grandi questioni ecologiche alla conversione green, dalla violenza sulle donne alla legittima difesa, e poi la società multiculturale, il mondo lgbtq+, la patria, la famiglia e si chiede se “privilegiare sempre l’opinione minoritaria, il comportamento dissenziente, il parere obbligatoriamente discordante non ci induca a rappresentare un Paese diverso dalla realtà”. Per capirlo basti leggere frasi come questa: “Allora mi chiedo il perché ci sia una palese sovra-rappresentazione della comunità lgtbq+++ nei mezzi d’informazione nazionali e internazionali ed una ipersensibilità nell’affrontare l’argomento?”

O pagine così: “Anche se Paola Egonu è italiana di cittadinanza, è evidente che i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità che si può invece scorgere in tutti gli affreschi, i quadri e le statue che dagli etruschi sono giunti ai giorni nostri, anche se vi sono portatori di passaporto italiano che pregano nelle moschee, ciò non cancella 2000 anni di cristianità. La società cambia, e così la cultura, ma ogni popolazione ha il sacrosanto diritto, ed anche il dovere, di proteggere le proprie origini e le proprie tradizioni da derive e da tangenti che le snaturerebbero. Sono ormai più di cinquant’anni che abbiamo McDonald’s in Italia e che milioni di italiani si cibano dei suoi prodotti, ma nessuno si azzarda a dichiarare che i panini con hamburger e ketch-up facciano parte della cucina tricolore”. 

Per colpire, le frasi colpiscono e il problema delle lobby che condizionano i media esiste eccome ma la realtà concreta è un po' più complessa di come la descrive il generale. Per dirne qualcuna una ricerca dell’Università dell’Iowa, e non solo quella, ha dimostrato che i panini con gli hamburger sono proprio un’invenzione degli antichi romani, sappiamo che almeno fino a Caravaggio nei quadri si raffiguravano solo i ricchi e potenti, non certo chi vivendo in Italia aveva una carnagione tendente al nero (che al Sud è diffusa), che il Belpaese è luogo di invasioni, occupazioni e attraversamenti, è terra di meticciato profondo che come scriveva il filosofo Friedrich Nietzsche con le sofferenze e l’adattamento crea uomini più forti, più abili, più evoluti. Volenti o nolenti le contaminazioni sono la cifra del nostro Paese e non l’eccezione e proteggere le proprie origini e le proprie tradizioni è legittimo ma al tempo stesso labile e opinabile perché i confini del tutto appaiono incerti o relativi.

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