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Economia
Alitalia, Cdp e fondi pensione nel capitale: piano dei sindacati per Salvimaio

Sindacati all’arrembaggio di Alitalia in attesa del varo del governo giallo-verde: se per il settore bancario la Fabi ha già messo le mani avanti, notando come il ritorno all’utile delle principali banche italiane denoti come si possa intendere conclusa la stagione di ristrutturazioni fatte comprimendo il costo del lavoro, nel settore trasporti i vertici Fit-Cisl, da sempre contrari all’ipotesi di una cessione di Alitalia hanno rilanciato nel corso di un convegno sull’evoluzione del trasporto aereo una serie di controproposte indirizzate al nuovo parlamento e al governo che verrà.

I NUOVI TEMPI DEL DOSSIER ALITALIA/ Chiusura delle procedure di gara entro il 31 ottobre 2018 e restituzione del prestito prima del 15 dicembre 2018. Sono i termini fissati dal decreto legge Alitalia, approvato dalla commissione Speciale del Senato, varato alla fine dello scorso mese dal governo per consentire il completamento delle procedure di cessione della società, aumentando il tempo a disposizione per l'espletamento della fase negoziale. La nuova scadenza viene spostata dal 30 aprile al 31 ottobre; si tratta della seconda proroga, visto che il primo termine era stato fissato al 15 ottobre 2017 da un precedente decreto legge. Con lo stesso dl era stato fissato anche un finanziamento di 600 milioni di euro a cui, in un secondo tempo, ne erano stati aggiunti altri 300 milioni per un totale di 900 milioni, da restituire entro il 30 settembre 2018. Il provvedimento stabilisce che il finanziamento di 900 milioni dovrà essere restituito entro il 15 dicembre di quest'anno.

L’idea dei sindacati dei trasporti, che sperano di trovare una sponda da parte di Lega e M5S, è di “adottare i necessari provvedimenti legislativi affinchè sia possibile l’ingresso dei fondi pensione e non solo nel capitale” di Alitalia. I sindacati chiedono anche di trasformare il prestito ponte da 900 milioni di euro (sul quale la Commissione Ue ha già aperto un’inchiesta approfondita per valutare se non configurino un caso di aiuto di stato in violazione delle leggi comunitarie) in capitale e di far intervenire Cassa depositi e prestiti.

Parlando allo stesso convegno l’amministratore dei Atlantia, Giovanni Castellucci, ha da parte sua suggerito di coinvolgere il personale prendendo spunto dall’esperienza “di altre compagnie internazionali come United che hanno visto in un momento di difficoltà entrare i piloti nel capitale dell’azienda”.

Luigi Gubitosi (uno degli attuali commissari straordinari della compagnia aerea), segnalando che il primo trimestre dell’anno ha visto il traffico da passeggeri aumentare del 6% annuo e che un incremento “più o meno simile” dovrebbe registrarsi nel secondo trimestre, ha commentato come la scelta se vendere o meno Alitalia sia “politica”, ma ha suggerito “una decisione veloce e breve”. “La cosa importante è che si decida dove si voglia andare, qualunque scelta si faccia”: cessione, rilancio o anche chiusura, per quanto quest’ultima “mi sembra un’ipotesi molto residuale”.

Escludendo quest’ultima ipotesi, le altre due richiederanno “un investimento di capitale significativo”, per evitare di rifare errori come in passato quando si sono dovute celebrare “nozze coi fichi secchi”. Gubitosi fa riferimento tanto alla cordata di “imprenditori coraggiosi” che investirono un miliardo di euro nel 2008 in gran parte spesi per rilevare gli aerei della Air One di Carlo Toto, quanto all’ingresso di Ethiad nel ruolo di socio industriale ma di minoranza (al 49%) a fronte di un 51% rimasto in mano ai soci italiani, restii a investire ulteriori capitali freschi.

Ma la sua affermazione può anche leggersi come un assist per il governo di Lega-M5S che già nel contratto di governo hanno sottolineato come Alitalia non debba essere “semplicemente salvata in un’ottica di mera sopravvivenza economica, bensì rilanciata”, ritenendo che il nuovo piano strategico nazionale non possa “prescindere dalla presenza di un vettore nazionale competitivo”. Resta, ma ormai è un tormentone, il problema di capire, appunto, chi metterà i soldi per evitare che la montagna partorisca l’ennesimo topolino, magari ancora una volta sulle spalle dei contribuenti.

Le stesse proposte dei sindacati non è detto si traducano in investimenti concreti, se non altro perché la storia ha mostrato come l’investimento in Alitalia raramenta abbia prodotto risultati anche lontanamente soddisfacienti per coloro che l’hanno effettuato. Non il massimo per chi, come Cdp o i fondi pensione, deve gestire capitali legati al risparmio previdenziale, dunque tipicamente con un profilo di rischio moderato. Tanto più che, come ha notato Castellucci, la crisi di Alitalia è legata anche alla progressiva perdita d’importanza del vettore, visto che “regolarmente da tanti anni Alitalia non cresce mentre il resto del mercato aumenta”.

(Segue...)

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