Germania, sindacati sulle barricate. E Draghi fa il tifo per gli scioperi
Un incremento dei salari in Germania e in tutta l’area euro sosterrebbe l’auspicata ripresa dell’inflazione e faciliterebbe la “normalizzazione” della politica
Ma perché la Bce è così ossessionata da un’inflazione troppo debole? Perché una crescita dei salari in tutta Eurolandia porterebbe, tanto più in presenza di politiche fiscali più accomodanti di quanto non siano state fino a pochi anni fa, ad un aumento del reddito disponibile che potrebbe sostenere i consumi e pertanto consolidare la ripresa economica del vecchio continente al punto da poter iniziare a ritirare gradualmente gli incentivi monetari introdotti fin dal 2014 in via “eccezionale”.
Sarebbe la fine del programma di quantitative easing (acquisto di bond sul mercato), ufficialmente prorogato sino a fine settembre al ritmo di 30 miliardi di euro al mese di acquisti, ma che il mercato non esclude al momento possa essere esteso un’ultima volta fino a fine anno (o a marzo 2019).
Più in là resta il possibile aumento dei tassi d’interesse (auspicati dalle banche europee per rinvigorire i propri bilanci), dato che la valuta unica è già sui massimi dal 2014 contro dollaro e un rialzo dei tassi, collegato a una più robusta crescita economica, finirebbe coll’irrobustire ulteriormente il cambio. Questo, a sua volta, rischierebbe di pesare sulle esportazioni del vecchio continente, che costituiscono il motore principale della crescita non solo della Germania (il cui surplus commerciale era pari a 226,8 nei primi undici mesi del 2017), ma anche dell’Italia (con un surplus di 42,2 miliardi sempre nei primi 11 mesi dello scorso anno).
L’inflazione, inoltre, è una sorta di tassazione occulta, come aveva già spiegato fin dal 1944 un economista del calibro di Luigi Einaudi che la descrisse come la “peggiore delle imposte, peggiore perché inavvertita, gravante assai più sui poveri che sui ricchi” e per questo causa “di arricchimento per i pochi e di impoverimento per i più”. Ben venga dunque un incremento dei salari in Germania ed anche in tutta Europa, purché parametrato agli incrementi di produttività registrati in questi anni, per evitare il rischio che l’inflazione possa sfuggire di mano ai propri “sostenitori”.