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Economia
L'espansione del regime forfettario: a chi conviene?

Innalzamento del regime forfettario: a chi conviene?

Pubblichiamo l'estratto di un approfondito articolo di Massimo Bordignon, Leonardo Ciotti, Davide Cipullo e Nicoletta Scutifero pubblicato sul sito dell'Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani dell'Università Cattolica di Milano

Negli ultimi decenni, il progressivo svuotamento dell’Irpef ha rappresentato una tendenza costante della legislazione tributaria. Una quota sempre più ampia di redditi è stata assoggettata ad una tassazione cedolare più vantaggiosa dell’imposta progressiva. Non potendo ridurre complessivamente la pressione tributaria, per la necessità di finanziare la spesa pubblica e servire il debito, partiti politici di varia provenienza hanno elargito nel corso degli anni vantaggi fiscali alle categorie di contribuenti che rappresentano il proprio elettorato di riferimento. Così, l’Irpef nata come imposta generale su tutti i redditi, e che trova in questo la giustificazione per la progressività del tributo, si è ridotta ad un’imposta progressiva sui soli redditi da lavoro, in particolare redditi da lavoro dipendente e assimilati (i trattamenti pensionistici) che da soli rappresentano ormai l’85 per cento della base imponibile del tributo.

La proposta del governo Meloni di innalzare, per le partite Iva, la soglia massima di fatturato per accedere al regime forfettario da 65 mila a 85 mila euro, si inserisce in questa tendenza, in quanto sottrae una gran parte dei redditi dei lavoratori autonomi dalla progressività del tributo.[1] Questo pone sia problemi di equità che di efficienza e comporta conseguenze sia sull’Irpef che sull’Iva, dato che i forfettari sono anche esclusi dal pagamento di questo tributo. In questa nota, discutiamo brevemente questi aspetti, illustrandoli con l’aiuto di qualche esempio concreto.

Irpef: i vantaggi per i forfettari

Cominciamo dagli aspetti di equità. Piuttosto che discuterne in astratto per tutte le possibili tipologie di lavoratori autonomi e professionisti, esercizio assai complesso per le varietà di sistemi di contribuzione e tassazione a cui sono sottoposti, è più semplice concentrarsi su alcune figure professionali che potrebbero svolgere la loro attività sia in autonomia che alle dipendenze di un datore di lavoro. In questa nota, a scopo illustrativo, abbiamo scelto le figure di un elettricista e di un consulente informatico. Inoltre, al fine di focalizzarsi sulle ulteriori agevolazioni offerte dalla attuale proposta di legge, abbiamo immaginato che entrambe le figure professionali, lavorando in autonomia, generebbero un fatturato di 75 mila euro. Una cifra che ad oggi li farebbe rientrare nel regime ordinario, mentre a partire dal 2023, se la proposta inclusa nella legge di bilancio venisse approvata, garantirebbe loro l’accesso al regime forfettario.

Mentre per costruzione non ci sono differenze per quanto riguarda i contributi dovuti, il regime forfettario, con la sua aliquota agevolata al 15%, offre invece un chiaro vantaggio sul lato dell’imposta sui redditi. Un elettricista forfettario risparmierebbe più di 8.000 euro l’anno di imposte rispetto al regime ordinario; un operatore informatico, che ha costi più alti secondo il Ministero, più di 5.000 euro. Si osservi anche che una componente importante dei risparmi di imposta è dovuta al fatto che i forfettari non sono neppure sottoposti alle addizionali regionali e comunali sul reddito, che in molti contesti territoriali sono tutt’altro che insignificanti (qui per semplicità si è preso come riferimento le addizionali che paga un contribuente abitante a Roma).

Un elettricista lavoratore autonomo soggetto al regime ordinario dell’Irpef, rispetto ad un elettricista identico assunto in un’impresa, pagherebbe circa 1.700 euro in più di imposte sul reddito e circa 3.200 euro in meno di contributi, con un reddito al netto di imposte e contributi di circa 1.500 euro maggiore. Per il consulente informatico i risultati sono simili, con circa 1.700 euro in più di imposte e 1.900 euro in meno di contributi quando esercita l’attività come lavoratore autonomo, con un reddito netto maggiore di circa 170 euro. Passando al confronto con il regime forfettario, i risultati sono naturalmente gli stessi (per costruzione) per quello che riguarda i contributi; differiscono invece radicalmente per quanto riguarda le imposte sui redditi. Un elettricista forfettario pagherebbe oltre 6.500 euro di imposte in meno rispetto ad un elettricista identico assunto da un’impresa, con un reddito al netto di tutte le imposte e i contributi maggiore di quasi 10.000 euro per l’elettricista forfettario rispetto all’elettricista dipendente. Un consulente informatico forfettario risparmierebbe oltre 3.600 euro di imposte rispetto al suo clone assunto nell’impresa, conseguendo un reddito al netto di tutte le imposte e contributi di circa 5.500 euro maggiore. Anche se il lavoratore autonomo forfettario è maggiormente soggetto al rischio di impresa e non ha tutte le coperture assicurative del dipendente (ma neanche paga i relativi contributi) sembra davvero un vantaggio eccessivo, sollevando problemi seri di equità di trattamento.

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