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Economia
Produrre meno, ma in modo più sostenibile: ecco come salvare l'agricoltura
frutta e verdura

Salvare l'agricoltura è possibile. Ecco come 

Le lotte degli agricoltori per il prezzo del latte hanno anticipato quelle per il prezzo della farina, della frutta e della verdura. Le richieste degli imprenditori influenzano - come possiamo vedere ogni giorno - il mondo della politica nazionale e globale.

Spesso i raccolti vengono pagati meno di quanto costa produrli, per poi essere venduti sugli scaffali della grande distribuzione a prezzi gonfiati per i consumatori. In Francia e in Europa, scrive Gambero Rosso, si stanno estirpando i vigneti per ridurre la produzione e mantenere i prezzi alti.

Come scrive Gambero Rosso, nel nostro paese, mentre i trattori marcano il passo verso Roma e Bruxelles, ci sono "sindacati" di produttori che rivendicano la necessità e il dovere di produrre di più per garantire l'autosufficienza alimentare. Come se il problema del mercato (e del business) alimentare fosse circoscritto ai confini nazionali.

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Da tempo, il settore della moda, più sensibile ai mercati globali rispetto agli imprenditori agricoli, sta affrontando la questione: produrre meno, ma produrre meglio. Si tratta di analizzare cosa e come produrre. Questa riflessione abbraccia sia la sostenibilità che la "qualità" (un concetto che risponde a criteri variabili a seconda delle situazioni sociopolitiche di un paese): due ambiti sempre più interconnessi.

Roberto Rubino, ex dirigente e ricercatore del Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione e ideatore del "Latte Nobile", ha lanciato più volte la provocazione: produrre meno, ma produrre meglio. Un concetto basato sulle classiche leggi di mercato della domanda e dell'offerta. Maggiore qualità e maggior possibilità di scelta da parte dei consumatori in base a prezzi differenziati sulla qualità. Un formaggio ottenuto da mucche al pascolo o nutrite con erba o fieno dovrebbe costare di più rispetto a uno prodotto da mucche alimentate con insilati.

Tuttavia, riporta Gambero Rosso, sarebbe necessario anche un intervento politico: puntare su standard e certificazioni, spiegare al mondo perché sarebbe preferibile acquistare italiano non solo per ragioni nazionalistiche. I produttori dovrebbero avere una voce più chiara e consapevole: non si risolve il problema con più pesticidi, ma con maggiore qualità.






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