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Ucraina/ Big data, software e IA: Kiev laboratorio bellico del futuro
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L’oro ucraino: big data bellici in cambio di sangue ucraino

La crisi ucraina, come scrissi su queste pagine l’anno scorso, è la prima guerra del suo genere. Quando nel 1900 le truppe inglesi invasero il Sud Africa, per appropriarsi di oro e diamanti, non erano coscienti della molteplicità di innovazioni, tecnologiche e sociali, che avrebbero dispiegato. Dai campi di concentramento per uccidere i civili boeri alla logistica ferroviaria il Regno Unito fu il precursore di tutti gli orrori delle guerre del 20° secolo. Oggi il conflitto ucraino sta definendo un nuovo modo di fare la guerra: tattiche, strategie e visioni che saranno dispiegate e amplificate in tutti i futuri conflitti. Tutte queste novità sono un valore economico immenso che l’attuale leadership vuole mettere a frutto. Facciamo due conti.

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Dal marketing all’innovazione

Dobbiamo parlare di un ex imprenditore di marketing che ha fatto carriera come politico grazie alla guerra: Fedorov (nessuna parentela con il filosofo russo). Lui sta alle spalle del progetto ucraino “Army of Drones”. Il profilo LinkedIn del politico è il meglio del rendering bellico, in salsa drone, che si possa chiedere. Fa invida ai siti aziendali di produttori di droni bellici di Northrop Grumman e Leonardo. È proprio dal profilo di Fedorov che viene lanciato, durante il Munich Security Conference, un’idea quanto meno innovativa. “L’Ucraina è il miglior territorio per testare qualunque innovazione: guerra elettronica, robotica, munizioni per droni. Vi invitiamo ad essere partecipi di questo fenomeno. Testate e scalate le vostre tecnologie o prodotti in tempo reale. Disegnate la dottrina politica della nuova era”. L’invito di Fedorov è solo una delle tante manifestazioni di orgoglio ucraino su quello che, prima della guerra, era un’industria pressoché inesistente: quella dei droni.

Eletto nel partito “servitori del popolo” Fedorov si è fatto subito notare da Zelensky e, in breve, ne è divenuto il suo ministro dell’innovazione. In precedenza, pur senza una specifica formazione legata ai droni, aveva una piccola azienda di social media. Entrato in politica ha fatto leva sull’ignoranza digitale, cosa comune anche a molti politici in Italia, divenendo un elemento vitale della nuova amministrazione. Tuttavia la sua capacità di promuovere il mondo dei droni, e il concetto di una nuova guerra, non è sfuggito ai media di tutto il mondo. Specialmente i media occidentali, in cerca disperata di eroi positivi, in una guerra con molte ombre, Fedorov si è distinto come campione della guerra del futuro. Nel suo futuro forse anche un posto da leader ucraino, ammesso che abbia il sostegno americano (gli oligarchi ucraini non vedono di buon occhio i politici del partito di Zelensky). Tuttavia la capacità di marketing e promozione dell’Ucraina come “territorio di test” per tecnologie belliche avanzate, tra cui i droni e la loro sfera digitale, non sarebbe stato possibile senza un aiuto importante da una dei più riservati unicorni americani: Palantir.

Palantir: il figlio della Cia

Nel giugno del 2022 un personaggio curioso arriva, scortato dalla sua sicurezza, a stringere la mano di Zelensky: Alex Karp, CEO della Palantir Technologies. L’oggetto del meeting era discutere la più segreta azienda americana poteva supportare l’Ucraina nella guerra contro la Russia. Come lo stesso Fedorov riportava ai tempi, non era chiaro cosa ci facesse Karp a Kiev. Di tutte le visite auspicate da parte di politici occidentali, con tanto di foto opportunità, Karp era tutto fuorché un ospite tradizionale. Palantir fondata da Karp, laurea in filosofia, è una bestia strana persino per gli standard di Silicon Valley. Fondata grazie ai soldi della In-Q-Tel (il venture capital della C.I.A.) ha costruito il suo business sul fornire software di analisi dati a tutte le agenzie di sicurezza nazionale e internazionale americane. Tra i suoi maggiori clienti il U.S. Immigration and Customs Enforcement (ICE), FBI, Pentagono, Cia, Nsi e numerose agenzie dei servizi segreti occidentali e asiatiche. L’idea di Karp, riportate dal media americano TIME, era di "difendere l'Occidente e terrorizzare a morte i nemici".  Parole che suonavano come oro per Zelensky e i suoi.

Il “miracolo digitale bellico” ucraino

Il miracolo digitale bellico ucraino, per quanto difficilmente farà vincere la guerra, nel modo in cui la desidera Zelensky, è sicuramente un caso storico da studiare sin da ora. Grazie al software di Palantir la maggior parte dei ministeri che devono acquisire e processare big data oggi sono più efficienti: dal ministero della difesa a quello dell’educazione senza dimenticare quello dell’economia. I big data, valorizzati grazie a Palantir, sono ottenuti da numerose fonti: immagini satellitari, dati open source, riprese dei droni, rapporti dal campo di battaglia dei singoli capi squadra militari. Il software di Palantir MetaConstellation miscela i dati da fonti commerciali, come le foto satellitari, a cui sovrappone i dati in tempo reale di una battaglia, offrendo una visione quasi in tempo reale dei movimenti delle truppe. Questa soluzione è stata definita da Karp “kill chain (catena di uccisioni)”.

A questi dati prettamente bellici se ne aggiungono altri, derivati dal fenomeno bellico, che possono ampliare la visione dello scenario: mappatura dei campi minati, ricollocamento dei rifugiati oppure dati legati alla corruzione di singoli individui e interi dipartimenti (un tema molto caldo in Ucraina, tanto che la nazione è ad oggi una delle più corrotte al mondo, al pari dei peggiori stati africani).

Ovviamente il “miracolo bellico digitale” non è solo frutto della collaborazione Palantir – Fedorov (ministro dell’innovazione). Dopo pochi mesi di conflitto tutte le Big Tech americane si sono scaraventate in Ucraina per dare supporto e, il vero guadagno, sperimentare qualunque tecnologia legale o illegale (cioè non accettata in Europa, specie post legge sulle IA e Gdpr). Nelle missioni meno pubblicizzate dai media (a differenza di quelle con i politici occidentali in treni blindati) si sono distinte le operazioni di Microsoft, Amazon, AWS, Google, Starlink. Sempre utile ricordare che queste aziende hanno come primo cliente lo stato americano, sia le agenzie civili che quelle militari: dai contratti Pentagono di Amazon e Google fino alle commesse di Musk (Starlink) con la Nasa. Tra le aziende che si sono trovate a casa propria i creatori del software di riconoscimento facciale Clearview AI. Non è benvenuto in Europa, ma in Ucraina, grazie alla guerra, molte leggi sono state ignorate o mai applicate; Clearview AI è quindi stato dispiegato alla sua massima efficienza nel perseguire supposti oppositori del governo di Zelensky e potenziali spie. Oggi Kyiv è conosciuta anche come “Mil-Tech Valley” dagli esperti di Silicon Valley che, malgrado la guerra, razzolano allegramente nei molteplici uffici e co-working della città.

Il “buono” della tecnologia

Se le altre Big Tech americane non han fatto segreto di essere li per aiutare l’Ucraina (o se stesse?) Palantir ha fatto di più. L’azienda ha collezionato grandi successi ma la cui “pubblicità” è stata limitata agli addetti ai lavori. Così, negli ultimi anni, l’azienda si è data ad una beneficienza il più possibile pubblica. Tra i suoi successi “vendibili ai media e al popolo” ci sono le operazioni per svelare le truffe di Maddof, la mappatura dei software spia cinesi che ascoltavano i computer del Dalai Lama, tracciare le spedizioni di vaccini anti COVID gestiti dall’ONU. In Ucraina Palantir non ha chiesto un euro per la sua attività, tutto gratis. La visione di questa azienda è di lungo periodo e mira a istituzionalizzarsi, presso l’opinione pubblica, come una sorta di nuova azienda della difesa del 22° secolo. Dopo tutto se il futuro sarà digitale è bene che i nuovi attori di questo mondo siano accettati da politici e i rispettivi elettori, come aziende benigne… non come produttori di strumenti mortali (come le aziende belliche occidentali che han fatto miliardi in Ucraina o grazie alla crisi ucraina).

I mendicati ora sono “choosy”

Un modo di dire americano spiega che colui che mendica non può scegliere (beggars are not choosers). Ma in questi due anni l’Ucraina è passata da elemosinare ogni aiuto (in vero Zelensky lo fa ancora, a seconda delle necessità) a decidere scientemente quali Big Tech possono accedere all’Eldorado di dati bellici ucraini. I 300000 tecnici digitali ucraini, che lavorano con aziende occidentali prima della guerra, una volta compresa che i servizi social media non erano più utili e quindi si rischiava di essere mandati in prima linea, si schierarono subito con il loro leader indiscusso, Fedorov. In cambio di un assoluto supporto al ministro hanno evitato il fronte (il grosso delle truppe schierate da Zelensky sono stati arruolati nei villaggi e nelle città di media dimensione, o tra le classi sociali meno abbienti). Ora che l’Ucraina si è digitalizzata Fedorov è andato oltre, creando il suo regno digitale. Grazie alle sue iniziative l’Ucraina, pur se in guerra, ha creato soluzioni per incentivi, tax break e ogni altro vantaggio che a cui una Big Tech può aspirare. Una strategia per attrarre, anche post conflitto, il meglio della tecnologia occidentale. Se Zelensky ha guadagnato le luci della notorietà negli ultimi due anni, girando come una trottola in ogni conferenza di alto livello, Fedorov, quasi la sua ombra, lo ha sempre seguito.

A questo tour Fedorov ne ha aggiunto un altro più “tecnico”. Londra, San Francisco, Toronto, Bruxelles, Davos, Dubai, ovunque ci fossero fiere militari, o Hi-Tech, lui c’era. Ha creato una piattaforma, Brave1, dove ogni tipo di azienda (dalle Big tech alle startup) può applicare per un pitch e cercare fondi. Secondo il Times sono oltre 1200 le applicazioni ricevute, molte hanno vinto l’opportunità di testare i prototipi o i prodotti sul campo di battaglia. Tra le tecnologie più apprezzate e testate ci sono quelle relative ai droni, trascrizioni di comunicazioni russe ottenute grazie alle intelligenze artificiali, modifiche e aggiornamenti per vulnerabilità cibernetiche di reti e software e equipaggiamento per sminare il campo. Tra le tante startup che si sono distinte c'è l’acceleratore militare chiamato D3 (Dare to Defend Democracy). Molti investitori occidentali, tra cui l’ex Ceo di Google, Eric Schmidt, hanno pompato della giovane realtà milioni di dollari. Ovviamente questa bonanza di investimenti hi-tech non è limitata agli Usa. Il produttore di droni tedesco Quantum ha dichiarato che aprirà un centro ricerche a Kyiv. Seguito a ruota dai giapponesi della Rakuten e dall’azienda turca famosa per I suoi droni Baykar.

Il futuro un territorio inesplorato

Ovviamente ci sono dei limiti a quanto questo miracolo digitale bellico può fare. Per fortuna (o sfortuna) le guerre ad oggi sono ancora combattute sul campo da esseri viventi, in maggioranza umani. Per quanto la capacità d’analisi dati, discernimento e valorizzazione degli stessi, si sia evoluta rapidamente in Ucraina, grazie alla visionarietà docile e disinteressata delle Big Tech occidentali, l’Ucraina sta finendo gli scarponi sul terreno. La necessità di avere soldati sul campo è invero, per quanto triste possa apparire, una garanzia che le guerre possano aver un limite. Ogni democrazia ha un limite di tolleranza in merito a quanti padri, figli, fratelli, possono tornare in patria lacerati nel corpo e nell’anima. Tuttavia Palantir e le altre Big Tech americane guardano lungo. Sempre più le missioni di pace occidentali saranno combattute con una crescente presenza di sintetici (fisici o digitali).

Le future democrazie dei droni occidentali, con una forza militare umana sempre più inadatta alla guerra, o democraticamente non disponibile a farsi sventrare per interessi di pochi, saranno fatte da corpi scelti, probabilmente di professionisti, a cui si aggiungeranno dispiegamenti massicci di sintetici di varia natura: dagli sciami di droni a “intelligenze artificiali” belliche. L’Ucraina quindi, ha deciso già ora che il sacrificio di centinaia di migliaia di civili e militari sarà un’opportunità futura su cui capitalizzare per divenire un laboratorio a cielo aperto per ogni azienda che voglia sviluppare tecnologie belliche o di “sicurezza civile”, senza fare troppo domande. Resta solo da comprendere quanto i civili e i militari ucraini siano coscienti di avere il valore delle cavie di laboratorio. Ma qualche sacrificio per il futuro della guerra si devono pur fare.






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