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Milano
Bacchiddu risponde a D’Amico. La schermata del profilo del comitato per il sì

Gentile dr.ssa D'Amico,
nella sua lettera di replica al mio pezzo, lei scrive che riporto una notizia inesatta, quando la indico come “presidente dei comitati milanesi per il sì al referendum”. La notizia è già uscita sulle agenzie di stampa e viene ripresa da altri organi di informazione. Ad esempio, il 26 luglio scorso, sul sito di Radio Lombardia, in una nota a firma di Filippo Colombo, dove la si indica, testualmente, come “presidente per il comitato per il sì a Milano” (http://www.radiolombardia.it/2016/07/26/13384/), così come su Il giornale, il medesimo giorno, a proposito dell'aperitivo alla Piscina Caimi di Milano per finanziare l'apertura della Casa per il sì, in cui lei viene indicata come “costituzionalista e presidente del comitato per il sì di Milano”, accanto al segretario del pd milanese Pietro Bussolati, al vicesegretario nazionale del pd Lorenzo Guerini e al senatore milanese Roberto Cociancich. Stessa dicitura, testuale, che appare sul profilo fb ufficiale "Sì per cambiare l'Italia" dei Comitati per il sì. A oggi non ci risulta abbia richiesto una smentita in merito.

Proseguendo nella lettura della missiva, lei non ravvisa alcun conflitto di interessi tra la sua posizione, in merito ai comitati per il sì, e il ruolo del suo consorte, Nicolò Zanòn, giudice della corte costituzionale e attuale relatore incaricato di istruire la pratica su tutti gli "atti di promovimento" presentati contro l'Italicum. Per rafforzare la sua tesi, mi cita un caso specifico di conflitto tra due incarichi all'interno della Consulta.

Certo non le sfuggirà, come ho già ampiamente illustrato nel pezzo – data l'estrema delicatezza della vicenda, in cui la sentenza della consulta sulla legge elettorale condiziona fortemente l'esito del referendum costituzionale, e viceversa – che la sua intensa attività di promozione dei comitati per il sì nella campagna referendaria presenti ragioni di inopportunità politica rispetto al sensibilissimo ruolo di suo marito, chiamato ad accogliere, come relatore, i giudizi di incostituzionalità sul Referendum, che la stessa Consulta dovrà esaminare e su cui dovrà pronunciarsi. Il conflitto di interessi non attiene necessariamente a questioni giudiziarie o procedurali, ma spesso rientra nella sfera dell'opportunità politica, salvo fatto che ho specificato che “ognuno è responsabile per sé e non per le azioni del coniuge, e quindi ha piena autonomia di pensiero”.

Ancora, mi esprime il suo dispiacere per aver citato che, oltre che docente di diritto costituzionale, è anche sposata col succitato giudice Zanòn. Informazione esatta, che lei stessa conferma, seppur non la trova rilevante, e che io ho riportato nel mio pezzo senza alcun tipo di chiosa personale. Quindi non comprendo in cosa consti l'accusa seguente di sessismo. Io mi occupo di riportare notizie e fatti – e i collegamenti tra gli stessi, se hanno rilevanza pubblica - e la mia deontologia professionale mi impone di verificare che attengano alla veridicità.

Nel pezzo non contesto in alcun modo la sua preparazione professionale, che è indiscutibile, il suo ricco e articolato curriculum, le sue competenze o tantomeno la sua autonomia. Non c'è un solo passaggio in cui affermo, o insinuo, che queste dipendano in qualche modo dall'altrettanto onorevole carriera di suo marito.

Quindi respingo con determinazione l'incomprensibile accusa di sessismo o di aver peccato nell'utilizzo di un linguaggio o di stereotipi in tal senso.

Certa di aver chiarito, con i fatti, ciascun punto da lei contestato, le porgo i miei più cordiali saluti.

Paola Bacchiddu

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