I Hate Milano

di Mister Milano

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Gramellini ha ragione: la cooperante rapita è una ragazza ingenua. Ecco perché

Il primo ad aver criticato Silvia Romano, la volontaria rapita in Kenya, non è stato un hater troglodita né Massimo Gramellini. E’ stato Davide Ciarrapica, fondatore della Onlus Orphan’s Dream, con cui la Romano ha fatto un’esperienza di volontariato in Kenya qualche mese fa. 

Sul quotidiano La Repubblica – che a quanto risulta non sembra possa esser tacciato né di misoginia né di haterismo – Ciarrapica ha spiegato in un video passato completamente sotto silenzio (GUARDA QUI)  come la ragazza fosse stata sconsigliata più volte di recarsi a Chakama, sia da lui sia dai referenti kenyoti, perché molto isolato e potenzialmente pericoloso, a ben 180 kilometri dal primo avamposto di polizia. 

Lo stesso Ciarrapica, sempre su Repubblica, definisce la Romano “una ragazza ingenua”, che è esattamente il modo in cui l’ha definita Gramellini (motivo per cui il web ha levato la pelle di dosso all’editorialista del Corriere). I casi sono due: o anche Ciarrapica è un hater e La Repubblica un mezzo al servizio degli spargitori d’odio, oppure effettivamente la Romano è una ragazza che si è comportata ingenuamente, e che ha voluto fare di testa sua senza ascoltare i consigli. 

E’ giusto allora fregarsene della sua sorte? Insultarla in modo indegno? Abbandonarla a se stessa? Certo che no. Ma nessuno, né Gramellini, né la larga maggioranza di chi ne ha criticato il comportamento ha mai scritto che bisogna lasciarla morire. Quello che si è scritto, al contrario, è che il volontariato internazionale non è una gita, un'allegra scampagnata all'insegna degli abiti colorati e del cibo etnico, perché altrimenti non servirebbero gli operatori specializzati, proprio come Ciarrapica. 

Il volontariato, in certe zone del mondo, come sa chi lo ha praticato davvero, è un’attività delicata, che funziona con delle regole e delle procedure ben precise. E contravvenire a queste regole comporta rischi enormi, che finiscono per nuocere in modo drammatico alla causa di chi si vuole difendere. Si, perché pagare un riscatto in denaro ai terroristi per salvare la vita di una cooperante non è un problema che riguarda i contribuenti italiani: perché una vita non ha prezzo e perché, in un Paese in cui la TV pubblica regala centinaia di migliaia di denaro pubblico tramite i quiz, mettersi a fare i conti della serva per un’emergenza come questa è ridicolo. 

Piuttosto, il riscatto è un problema che riguarda le popolazioni africane, che poi con quei terroristi – gonfi di denaro proveniente dal riscatto e quindi liberi di comprare armi, munizioni, reclutare leve e seminare ancora più terrore – ci devono convivere nella vita di tutti i giorni. Gli insulti dei trogloditi sui social non c’entrano quindi niente con la critica legittima a chi confonde il volontariato con il turismo, e senza dare retta ai consigli dei propri responsabili mette in difficoltà sè stesso e le popolazioni che vorrebbe aiutare.Un concetto estremamente banale, non a caso espresso con parole simili dal Re della banalità Massimo Gramellini. E che tuttavia, nella strumentalizzazione permanente in atto da quando esistono i social, indigna quei “volontari da pausa pranzo” che in vita loro non hanno mai fatto un’ora di volontariato e che però si ergono a paladini della categoria, equiparando una critica – espressa anche, lo ripetiamo, dal superiore della Romano sul quotidiano La Repubblica - ai rantoli dei cosiddetti “haters” filo-governivi.

Tanto alla fine, quando la storia sarà passata d’attualità, il conto lo pagheranno sempre gli stessi: le popolazioni africane, che tra scafisti, razzisti, e volontari “ingenui” che rendono ricchi i terroristi, non sono più al sicuro neppure a casa loro. 

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