I Hate Milano

di Mister Milano

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I Hate Milano
I 5 tipi milanesi e le palme: carotaggio amaro di una società. I HATE
Palme in Duomo: uno dei tanti fotomontaggi che imperversano sul web

Solo davanti agli avvenimenti eccezionali conosciamo davvero noi stessi: il merito dell'installazione delle palme in Duomo e' l'aver reso possibile una straordinaria operazione di carotaggio dentro i sentimenti e i modi di essere reconditi del milanese-tipo. Ecco i topos umani individuati:

1) Il Razzista

Mettere in relazione la palma con "l'africano" e' davvero una cosa che ci ha lasciato spiazzati. In un certo senso, ci ha fatto venire nostalgia per gli anni '80, gli anni del Napoli di Maradona contro il Milan dei tre olandesi, con l'Inter dei record pronta a subentrare, in cui gli immigrati erano i "vu-cumpra'" con le treccine.

Il grande supporto a quello che pensavamo fosse un tuffo di pancia di De Corato nella piscina del ridicolo, ci ha permesso di capire che per la maggior parte degli "over 50" tutto e' rimasto fermo agli anni del Drive-in: altro che Aleppo,  il superamento degli equilibri della Guerra Fredda e gli USA scavalcati dalla nuova alleanza Russo-iraniana. Per un certo tipo di  meneghino-medio gli immigrati sono ancora i venditori di accendini, il maggiordomo dei ragazzi della Terza C che dice "si padrone" al Dogui.  Il fatto che qualche esaltato abbia perfino dato fuoco a una delle palme fa capire quanto sotto le ceneri dell'apparenza, a Milano come nella società Italiana, brucino sentimenti inquietanti, pronti a divampare alla minima scintilla.

2) Lo strumentalizzatore seriale

Proprio per la presenza di esaltati di cui sopra - che rimangono una minoranza - sarebbe bene che tutti gli altri mantenessero un po' di equilibrio ed evitassero la strumentalizzazione continua: l'equilibrio che, per esempio, ha tenuto il Sindaco Sala, la cui irritazione per le palme e' parsa evidente ma che si e' ben guardato dall'utilizzarle per intavolare una polemica politica.
Purtroppo non tutti hanno seguito il suo esempio e in molti, scendendo allo stesso livello di quelli al punto precedente, hanno strumentalizzato le palme come simbolo di integrazione,  in una rissa banane di plastica versus solidarieta' di plastica, razzismo vero contro paraculismo altrettanto vero, in uno scontro da pausa-pranzo irreale come il wrestling. In mezzo a questo teatrino dell'assurdo, dove si erge una palma - una palma! - a simbolo di integrazione, ci sono loro, i mussulmani (immigrati e non), che da anni aspettano di avere quel luogo di culto che e' stato loro promesso.
I sostenitori del punto 1 si rassegnino: la liberta' di culto e' sancita dalla Costituzione. Quanto ai sostenitori del punto 2,  ci spieghino come mai nel programma arancione del 2011 uno dei punti principali era la costruzione della Moschea di Milano, punto con cui si sono chiesti - e ottenuti - voti e poi completamente dimenticato.

Menzione speciale, in questa categoria, all'assessore Maran, vero De Corato di sinistra per la sua  inarrivabile capacita' a strumentalizzare tutto a tempo di record. Secondo lui, dopo l'incendio ("un gesto vile!") ora i milanesi "si affezioneranno alle palme ancora di più' le palme". Caro assessore, i milanesi - gente molto impegnata e molto seria - erano affezionati al Centro com'era una volta, quello dei cinema e dei teatri, quello che ora non c'e' più. La grande maggioranza di loro, comunque, ha fatto sapere con ogni mezzo di considerare le palme per quello che sono: una provocazione, ovvero una pirlata. Se vuole far finta di niente faccia pure, ci mancherebbe: ma il lessico da anni di piombo lo conservi, anche lei, per questioni più serie.

3) Il Benaltrista

Rappresentante di una italianita' assoluta ed iperbolica, le pantomima social delle palme in Duomo ha dato modo al benaltrista di guadagnarsi un ruolo principale. Ogni 2/3 commenti eccolo li, il vecchio saggio che scrive "voi che vi preoccupate delle palme...fossero questi i problemi....".

Il che potrebbe anche avere senso se non fosse che il benaltrista fa copia-incolla della stessa frase da generazioni:
"e voi che vi preoccupate del referendum..fossero questi i problemi..."
"e voi che vi preoccupate delle zoccole di Berlusconi...fossero questi i problemi..."
"e voi che vi preoccupate di qualche tangente....fossero questi i problemi..."

A furia di non preoccuparsi di niente, di abbassare l'asticella di sopportazione morale - alzando contemporaneamente quella del disgusto e del malcostume tollerabile - siamo finiti con le palme fino al collo; ma il benaltrista e' sempre li, e non smettera' di fare copia-incolla fino al giorno in cui il Paese non ne sara' stato completamente inghiottito.

4) Il Fatalista

"Ma di che vi lamentate? Ormai e' scritto, le cose andranno sempre peggio...". No caro fatalista: non e' scritto un accidente di niente.
Decenni fa a New York - citta' che non ha neppure un decimo della Storia che ha Milano - dopo la distruzione della stazione di Penn Station si sono accorti che non tutelando i simboli e la Storia, la citta' sarebbe affondata: e da li e' nata una battaglia, per la maggior parte vinta, contro la speculazione edilizia a tutela dei monumenti e degli edifici considerati "storici".

L'altro ieri Grecia, nonostante la crisi economica, hanno risposto con un secco "no" ai fighetti della moda, che volevano trasformare l'Acropoli - culla dell'Umanita' - in "location" per una chicchissima sfilata.
Due esempi a caso per dire che questo italiano senso di inevitabilita' e impotenza che obbliga a sottomettersi davanti ai desiderata di questa o di quell'altra multinazionale come cagnolini disciplinati, puo' - e deve - essere combattuto. Poi magari non ci si potra' fare niente, ma almeno ci avremo provato.

Quanto paga Starbucks per le palme? Quanto pagavano gli altri progetti? Chi aveva firmato gli altri progetti? Chi li ha esaminati? Com'erano? Chi ha scelto le palme e su quali criteri? I soldi investiti da Starbucks dove andranno e per fare cosa, esattamente? Se non si conosce la risposta a queste domande, non si puo' allargare le braccia e dire sconsolati che non c'e' nulla da fare.
Il Comune predica, dal 2011, la dottrina della "Partecipazione": che adesso chiarisca, nel dettaglio, tutti gli aspetti relativi alla faccenda non a vantaggio dei piromani ma dei tanti che vogliono capire.
Altrimenti - in nome, di nuovo, della serieta', valore in teoria essenziale della milanesita' - la smetta con la retorica.

5) Il Neo-futurista

Questo e', a nostro avviso, l'atteggiamento piu' caratterizzante dei nostri tempi e al contempo il piu' pericoloso. Ogni volta che si parla di una novita', a prescindere da quale sia la novita' in oggetto, ci si imbatte in un'ondata di esaltati che sembrano usciti da un seminario di Pubblitalia e da li deportati in una Leopolda perenne, coi quali e' impossibile intavolare una discussione. Tra una simpatica emoticon e un'accusa di grillismo - anche se a te, personalmente, il grillismo fa ribrezzo - dicono robe come "ma basta lamentarsi sempre!" o "eccoli qui, i soliti italiani che sanno solo lamentarsi!" o semplicemente "basta cazzate!" alla maniera dell'Umberto d'antan.

Sventrano una piazza storica, la chiudono per 2 anni, ci mettono una scalinata in mezzo? Bene, benissimo, avanti cosi'! Cancellano l'articolo 18 e lo sostituiscono con una legge-fetecchia? Perfetto, finalmente si cambia! Fanno una riforma della RAI per la quale il Servizio Pubblico finisce ancora di piu' nella morsa della politica? Era ora che si riformasse la RAI! Eccetera eccetera. Insomma: qualunque discussione sul merito e' annullata perche' l'importante e' fare qualcosa, anche se questo qualcosa comporta un peggioramento oggettivo della situazione.

Non e', questo, un modo di pensare inedito: poco piu' di cent'anni fa, all'inizio del Novecento, quando l'Italia era attraversata da una stagnazione politica ed economica simile all'attuale, i futuristi dicevano piu' o meno le stesse cose. Si all'industria, alle macchine, alla Guerra, qualunque cosa era buona per Marinetti purche' rompesse l'ordine borghese delle cose.
Ma i futuristi, oltre a indirizzare le loro provocazioni su un piano intellettuale, non sapevano, non potevano sapere quello che sarebbe accaduto dopo: ovvero che l'accettazione acritica del "nuovo" sarebbe degenerata nel fascismo, che si presentava proprio come incarnazione del nuovo in opposizione al paludato mondo di Giolitti and company.

Noi, per varie ragioni, non rischiamo quella deriva (il nostro individualismo esasperato ci salva, e ci salvera' per sempre da qualunque totalitarismo): ma da quest'atteggiamento mentale, ne siamo certi, non deriva comunque niente di buono.  Il teatrino andato in scena a Milano - dove lo scontro politico tra nemici e (supposti) amici della Societa' Aperta lo si e' finito per giocare su una palma - ce lo conferma appieno.

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