I Hate Milano

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Il vaccino (che forse non arriverà). E una economia da ripensare

Il vaccino (che forse non arriverà). E una economia da ripensare

"Accoronati", la  nuova rubrica di Affaritaliani.it Milano. Di Francesco Francio Mazza

Sindaci e Ministri, espertoni e Parlamentari lo ripetono come un mantra, quasi che godessero nel dirlo, pensando di dar prova di grande buon senso e responsabilità. Alla domanda “per quanto dureranno le misure di sicurezza?” la solenne risposta è sempre “fino a quando arriverà il vaccino”.
Quello che non hanno capito è che il vaccino potrebbe non arrivare mai.
E’ vero che dopo aver letto la tonnellata di fake news pubblicate dai giornali sull’argomento in queste settimane è facile confondersi (basta pensare a questo memorabile articolo di Repubblica, ma la realtà rimane la stessa che dal giorno uno dell’emergenza (anzi, da ben prima che il corona virus diventasse argomento mainstream) e viene ripetuta imperterrita da medici e scienziati seri, quelli cioè che ancora credono che il loro ruolo non sia compiacere il giornalista di turno e di riflesso il grande pubblico ma offrire nient’altro che un quadro oggettivo della situazione.
Ian Frazer, per esempio, l’immunologo che ha scoperto il vaccino per il papilloma virus, lo ha ribadito meno di una settimana fa: questo virus è un virus particolare (“tricky”) come tutti quelli appartenenti alla famiglia dei coronavirus. E quindi c’è si la possibilità che il vaccino venga trovato, ma nessuno, ad oggi, può esprimersi in tal senso (il vaccino per l’HIV, del resto, nonostante gli investimenti nella ricerca non risulta sia mai stato inventato).
Frazer ribadisce l’ovvio: la scienza ha, per definizione, tempi lunghissimi, procede per tentativi, e prima di imboccare la strada giusta deve obbligatoriamente passare per una miriade di vicoli ciechi. Purtroppo il bulimico mondo dell’informazione moderna se ne frega: e per sparare il titolone sul vaccino, e fare il pieno di click, ha contributo a creare un falso sentimento di certezza sulla sua scoperta.
Invece che ripetere come una cantilena la frase sull’arrivo del vaccino, l’attenzione delle Istituzioni dovrebbe essere rivolta allo studio e alla ricerca di metodi che rendano possibile la convivenza con il virus nel mondo reale, non in quello delle idee. Metodi che, ovviamente, non possono essere la riduzione del 70% dei posti disponibili sui mezzi pubblici, del 50% della capienza dei ristoranti, dell’80% di quella delle palestre e il rinvio sine die della riapertura dell’intera industria dell’intrattenimento: perché se queste soluzioni non avranno carattere temporaneo ma permanente il sistema non può reggere.
Oggi, 26 aprile, è uscito il primo articolo del Messaggero che mette su bianco quello che ripetiamo da giorni: pensare di far circolare autobus, a Milano, con 22 posti disponibili e’ mero esercizio teorico che in pratica non serve assolutamente a nulla.
Allora, paradossalmente, meglio continuare con la quarantena, perchè riaprire in questo modo, a queste condizioni e con un numero di nuovi contagi uguale a quello di inizio marzo (quando, proprio per quel numero di contagi, la quarantena venne decretata), non solo aumenterebbe i rischi di una “nuova ondata” ma sarebbe anche inutile da un punto di vista economico.
Se faccio il parrucchiere e posso avere un solo cliente per volta mentre prima ne avevo cinque, avrò un reddito pari a un quinto di quello che avevo prima. Se ho un bar e devo tenere un tavolo ogni due metri, e uno solo per volta al bancone, avrò un decimo – se non di meno – dei clienti che avevo prima: come faccio a campare?
La cosa fondamentale allora, come scrive da giorni la CNN, come dimostrato dai Paesi in cui si è contrastato efficacemente il virus, sono i tamponi.
Piuttosto che concentrarsi ossessivamente su ogni sparata di una start up farmaceutica sul vaccino, concepita col preciso scopo di attirare investitori o far schizzare alle stelle il titolo in borsa, l’attenzione dovrebbe spostarsi sullo sviluppo dei test usa e getta, in grado di rilevare il virus in pochi minuti con percentuali di errore minime o inesistenti.
Nel momento in cui tali test –la cui sperimentazione e’ enormemente meglio avviata e più semplice rispetto al vaccino– dovessero rendersi disponibili per il mercato di massa, allora si potrebbe monitorare davvero la circolazione del virus: con tamponi disponibili per tutti, si potrebbe garantire l’accesso a locali pubblici e mezzi di trasporto solo a chi può dimostrare la propria negatività. Affiancando il tracciamento obbligatorio dei contagiati tramite app (con buona pace dei complottisti, serbatoio principale di voti del partito di maggioranza del Governo) si riuscirebbe a immaginare una convivenza con il virus nel lungo periodo che non costringa il Paese a vedere il proprio PIL scendere non del 15% ma almeno del 50%.
Ma il fatto che i tamponi siano l’unica cosa importante per riaprire, lo dimostra il fatto che per far riaprire l’unico settore che sembra essere davvero strategico per il Paese – il campionato di calcio – le società di serie A, insieme con i vari Ministeri, si stanno attrezzando per far fare a tutti i tesserati tamponi ogni tre giorni.
Se non si cambia il mantra da “quando arriverà il vaccino” a “quando avremo tamponi disponibili per tutti” (magari utilizzando i fondi del MES disponibili per le spese sanitarie) non ci sarà alcun “ritorno alla normalità”. Solo un surrogato, ancora più nocivo della quarantena.

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