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Milano
Parisi lascia o raddoppia? Le incognite del 2017. Inside
Stefano Parisi

Di Paola Bacchiddu

La fine dell'anno si avvicina e anche il tempo di bilanci, a Palazzo Marino. Dopo l'episodio di autosospensione del sindaco Beppe Sala, poi rientrato dopo pochi giorni in attesa di come procedano le indagini in Procura, anche per l'altro ex candidato a sindaco del centro-destra Stefano Parisi, questo è un periodo in cui si iniziano a tirare le prime somme.

Il manager di Chili tv (che ha ricevuto di recente il finanziamento pubblico, a lungo annunciato, da Regione Lombardia) è ancora impegnato nel suo progetto “Energie per l'Italia": il movimento che - attraverso degli incontri itineranti lungo l'intera penisola - dà caccia a quelle eccellenze nel paese che possano dare il loro contributo in un contenitore politico moderato, progressista e riformista. Il movimento stenta a decollare anche se alcune iniziative sembrano aver goduto di larga partecipazione.

Ma andando indietro nel tempo, è indubbio che la campagna elettorale della scorsa primavera si sia chiusa, per il manager, con un bilancio positivo. Da volto sconosciuto per i giornali, investito dal Cavaliere a sorpresa dopo una lunga serie di nomi sfumati, a sindaco mancato per un pugno di voti, in una rimonta bruciata in pochissimi mesi a cui nessuno avrebbe mai creduto, Stefano Parisi sembra ora essersi incartato in uno stallo da cui è complicato uscire.

La sua azienda, dopo l'annuncio di qualche mese fa sulla ricapitalizzazione prevista per l'inizio del prossimo anno, sembra vivere un momento favorevole. Fresca di accordi commerciali con la Paramount e la Sony, nel progetto di offrirsi come un serio competitor di Netflix, e non sembra impensierire il manager.

Mentre per quanto concerne i suoi progetti politici, le criticità non si contano. L'ultima doccia fredda è stata l'intervista rilasciata ieri al Giornale da Silvio Berlusconi. Parisi – già scaricato più volte nei mesi scorsi dall'ex Cavaliere – è stato descritto come quello che ha rifiutato il coordinamento di Forza Italia, non è riuscito a fondare un movimento politico e ha disatteso le promesse di iniettare nel corpaccione disgregato di Forza Italia nuova linfa vitale dalla società civile. Addirittura, nella migliore tradizione berlusconiana, l'ex premier cita la proposta parisiana di un'Assemblea Costituente che ritenti nel progetto di una nuova riforma costituzionale, negandogli la paternità («Ho sentito che qualcuno ha fatto l'ipotesi di un'Assemblea costituente”). 

Neppure in Forza Italia l'ex candidato sindaco è mai stato amato. Il partito non gli ha perdonato fin dalla prima ora, in campagna elettorale, quella sua attitudine a pensare di poter fare tutto da solo, con un certo sprezzo per la macchina politica, e parecchie dichiarazioni ai giornali sul voler tirare una riga sui fallimenti precedenti di Forza Italia per riformare tutto e proporsi come "il nuovo". 

Quando i rapporti col Cavaliere erano ancora buoni, dopo l'investitura a coordinatore di Forza Italia subito dopo le amministrative di Milano, i “colonnelli” azzurri sembrava non avessero gradito granchè. Il presidente della Liguria Toti si è perfino inventato degli incontri pubblici con il segretario della Lega Salvini e il governatore della Lombardia Maroni che si sovrapponessero alle iniziative parisiane, per oscurarlo sui giornali e recapitargli un messaggio forte e chiaro “Qui comandiamo noi, dopo Berlusconi: mettiti in fila, tu che sei arrivato per ultimo”.

Anche la coordinatrice regionale MariaStella Gelmini, che pure nelle dichiarazioni pubbliche è sempre stata piuttosto cauta e non si è mai espressa in maniera esplicitamente ostile, sembra viverlo come un corpo estraneo ancora oggi che condividono i banchi di Palazzo Marino. E a proposito del consiglio comunale milanese: proprio in questi giorni sembrerebbe partita dai suoi colleghi di coalizione una certa pressione per fargli lasciare l'incarico comunale, o quanto meno chiedergli cosa voglia davvero fare "da grande".

Il 2017, infatti, si prefigura come un anno ad alto tasso di possibili elezioni: a parte le amministrative già certe a Sesto e Monza, è chiaro che, a seconda delle pieghe che prenderanno gli eventi nazionali, si potrebbe anche tornare a votare per le politiche o per le regionali, in maniera anticipata. 

E a quel punto le promesse di settembre di Parisi sul suo movimento politico parrebbero non poter privilegiare di troppo tempo, per essere esaudite. Dal suo stesso staff interno – dimezzato, dopo una prima scissione – i suoi gli chiedono a gran voce un cambio di passo deciso. Innanzitutto di cassa: occorre ora trovare sul serio finanziamenti – che al momento sembrano mancare, dopo la fallimentare campagna di fundraising dagli amici di Confindustria, non andata secondo le aspettative. Ma un'altra esigenza è quella di strutturarsi meglio: d'accordo il partito liquido, ma le elezioni si avvicinano e chi sa cosa significhi affrontare una campagna elettorale, sa anche perfettamente che ci vuole una macchina organizzativa imponente ed efficiente.

Parisi, per ora, sembra ascoltare tutti come sempre, salvo poi decidere da solo: accontenterà le richieste espresse per l'anno nuovo o tornerà a dedicarsi alla sua attività imprenditoriale, relegando la politica a una parentesi della sua vita?

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