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Milano
Pisapia dà buca alla Leopolda. Ma la trattativa con Renzi continua
Giuliano Pisapia 02

di Paola Bacchiddu

Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o non vengo per niente?

Il dilemma morettiano sembra attagliarsi alla perfezione all'ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Dopo l'uscita da Palazzo Marino, infatti, Pisapia è al centro di numerose ipotesi di ricollocamento futuro.

Da parecchi mesi il suo nome è al centro di rumors che lo vedono dialogare con alcuni sindaci di sinistra – il cagliaritano Massimo Zedda di Sel, in testa – per la costruzione di un contenitore di sinistra che dialoghi col Pd renziano. Niente di nuovo: a metà del suo mandato era in embrione addirittura la creazione di una “cosa rossa”, come scrisse Affaritaliani.it. Oggi l'ipotesi ha assunto maggiore concretezza, tanto che il premier Renzi lo ha invitato a intervenire sul palco della Leopolda che si è appena conclusa. Affaritaliani.it Milano è in grado di mostrare il documento esclusivo che illustra la scaletta degli speech, con il nome dell'ex sindaco. E la dicitura “forse” di fianco. Pisapia, in effetti, alla Leopolda non si è visto. La sua partecipazione sarebbe parsa prematura – e nettamente schierata - in una fase così delicata in cui l'accordo con il Pd, e col premier in particolare, non è ancora chiuso. Ma i bene informati giurano che, qualora l'intesa si trovasse, Pisapia si schiererebbe ufficialmente per il Sì al referendum, a una settimana dal voto, dopo tante mezze risposte che virano dal “nì” al “forse” al “non voterò no, ma non ho detto che voterò sì”.

leopolda
 

Certo, la cautela è grande. La posta in gioco, infatti, incrocia diverse partite di primaria importanza. La prima è interna al conflitto che l'area di sinistra sta vivendo, dopo lo scioglimento di Sel e la nascita di Sinistra Italiana. La corrente intransigente rappresentata da Stefano Fassina (ormai consigliere comunale a Roma, e spesso vicino alle posizioni dei 5stelle) e Nicola Fratoianni (proveniente da Sel ed erede di Nichi Vendola), si spende da mesi nella campagna referendaria per il No, e rigetta qualunque apertura col Pd di osservanza renziana. Posizione cui si oppone un gruppo al contrario dialogante, con in testa il capogruppo alla Camera Arturo Scotto e il giovane di Sel Marco Furfaro. Dopo la decisione di liquidare Sinistra Ecologià e Libertà, e costituire un contenitore più ampio come SI, infatti – che comprenda anche transfughi del Pd - le composite anime della sinistra sembrano non aver trovato ancora una quadra. E mentre l'ala più antirenziana del Pd preme alle porte (Bersani e D'Alema potrebbero scindersi all'interno del partito, dopo una vittoria del sì e un potenziamento della corrente renziana), ognuno pare giocare la propria partita. Prove di aggregazioni hanno trovato abbrivio già dalla scorsa estate.

Prima il Manifesto sottoscritto da Pisapia, Zedda e Marco Doria (sindaco di Genova) lo scorso dicembre – un appello a coalizzare le forze di sinistra, Pd compreso, per arginare l'avanzamento delle destre populiste - poi il lancio di un progetto politico, subito dopo il referendum, qualunque sia l'esito del voto, promosso da Pisapia e dal sindaco di Bologna Virginio Merola (Pd), che possa costruire un centrosinistra unitario dal sapore vagamente ulivista, in grado di ricomporre la frattura con i democratici.  Infine l'invito a Cagliari, qualche giorno fa, del giovane sindaco Massimo Zedda ai colleghi di Bari e Parma (Antonio De Caro, dem, che guida Bari ed è a capo dell'Anci e Federico Pizzarotti, sindaco di Parma, appena uscito dai 5stelle e tentato dai democratici). Una sorta di laboratorio politico per quello che mediaticamente è stato definito “il partito dei sindaci” e che replicherà il prossimo 19 novembre a Parma.

Perché al di là dei tentativi di strutturare una forza politica in grado di recuperare quell'ampio bacino di voti degli astensionisti disinteressati alla politica - o che non si riconoscono più nelle attuali formazioni di sinistra - la seconda posta in gioco è molto più concreta, e ha il sapore dell'urgenza.

Nella primavera del 2017 si voterà per le amministrative in grossi comuni come Genova, Bologna, Verona e Palermo. E anche nella Stalingrado d’Italia, Sesto San Giovanni, la partita pare essere aperta. Il timore più grande è che se parte del centro-destra e dei 5 stelle si coalizzassero (tanto più se dovesse vincere il NO al Referendum) il Pd numericamente non potrebbe farcela da solo. Ecco perché – come insegna anche il modello Milano, dove la vittoria di Sala fu strappata per un soffio al centro-destra grazie al supporto della sinistra radicale e a una mobilitazione incredibile della base – l'unica alternativa percorribile è che la sinistra e il Pd renziano depongano le armi e uniscano le rispettive forze.

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