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Milano
Processo Cappato, l'infermiere: "Dj Fabo mi chiedeva di morire, era umiliato"

Milano, processo a Cappato per suicidio assistito di Dj Fabo



Iniziato a Milano il processo a Marco Cappato, tesoriere di Associazione Luca Coscioni che, dopo aver accolto la richiesta di accompagnamento in Svizzera da parte di Dj Fabo per il ricorso al suicidio assistito, si è poi autodenunciato rischiando fino a 12 anni di carcere.

 "Spero che questa sia la volta buona per l'approvazione della legge sul biotestamento. Mio figlio ha lottato tanto per questo". E' quanto ha affermato la signora Carmen, madre di Fabiano Antoniani, meglio conosciuto come dj Fabo, morto con il suicidio assistito in Svizzera, nel febbraio scorso. La donna è testimone nel processo a carico di Marco Cappato, l'esponente radicale che e' imputanto per 'aiuto al suicidio' per avere accompagnato nella clinica Dignitas, dj Fabo, rimasto cieco e tetraplegico a causa di un incidente. 

Dj Fabo, parla la compagna: "La libertà per lui era un valore molto importante"


"La liberta' per lui era un valore molto importante su cui ha basato tutta la sua vita e scegliere di rendere pubblica la sua battaglia lo ha fatto sentire vivo e utile". In aula davanti ai giudici della Corte d'Assise di Milano chiamati a giudicare Marco Cappato per il reato di 'aiuto al suicidio', la compagna Valeria Imbrogno, spiega come lo strazio vissuto da Dj Fabo, cieco e tetraplegico dopo un incidente stradale, acquisto' un senso profondo dopo la scelta di pubblicizzare, anche attraverso il programma tv 'Le Iene', la sua volonta' di andare a morire in Svizzera. "Io sono campionessa europea di boxe - ha spiegato Valeria - e gli dissi un giorno che stavo combattendo ma sentivo che la Signora Morte stava vincendo e mi sentivo sconfitta. Mi rispose che non dovevo sentirmi sconfitta perche' quella per lui era una vittoria".

Fabiano Antoniani arrivo' a fare "uno sciopero della parola e della fame", racconta Valeria, per protestare contro il fatto che sia lei che la mamma temporeggiavano negli adempimenti burocratici per portarlo a morire in Svizzera. "Dopo che arrivo' la lettera col 'semaforo verde' dalla Svizzera - ha ricordato Valeria che ha avuto un momento di commozione evocando gli ultimi attimi alla clinica 'Dignitas' - lui volle passare un pomeriggio per i fatti suoi". In seguito Fabiano scelse inizialmente la data del 18 febbraio per il suo addio ma poi la cambio' "perche' voleva festeggiare prima il compleanno con mia madre e decise per il 27 febbraio". "Quel giorno mi chiese il solito yogurt e volle uscire alla sera. Mi disse che era sollevato e tranquillo . Da quel momento non ne abbiamo piu' parlato fino a febbraio. Abbiamo cominciato a uscire con gli amici tutte le sere e per i suoi 40 anni gli ho organizzato una grande festa".

"Non era credente, ma mi disse che noi due ci saremmo rincontrati e che lui, dopo la morte, si sarebbe trasformato in energia nell'universo". Cosi' la compagna di dj Fabo, Valeria Imbrogno, ha risposto al pm Tiziana Siciliano che le ha chiesto se il partner fosse religioso. Prima di affrontare i capitoli dell'incidente, della malattia e della scelta di morire in Svizzera, la donna, 38 anni, ha parlato del suo compagno di due anni piu' grande, come di "energia pura", "un uomo con cui non ci si poteva annoiare mai, c'era sempre qualcosa che proponeva, era vivo, aveva voglia di vivere ogni secondo al massimo. Non stava mai un attimo fermo, per lui le giornate dovevano durare 48 ore".

Dj Fabo, la compagna racconta il drammatico incidente

 

"Quando mi disse che avrebbe voluto morire, cercavo di temporeggiare con le cose burocratiche. Gli dicevo 'non oggi, oggi dobbiamo uscire o dobbiamo fare altro'. Ma se gli avessi detto 'non ti aiuto' avrebbe voluto dire che non lo amavo". La fidanzata di Dj Fabo, Valeria, ha risposto cosi' alla domanda del pm Tiziana Siciliana se avesse cercato di dissuadere il suo compagno dalla volonta' di morire in Svizzera col suicidio assistito. Nel corso di due ore di testimonianza, la giovane donna ha raccontato che lei e Fabiano si conoscevano da "25 anni, prima come amici e poi per una decina di anni come fidanzati. Dopo l'incidente, sono diventata la sua protesi". Prima di quel momento, i due giovani avevano deciso di trasferirsi a vivere insieme in India, a Goa. Lei lavorando come psicologa e insegnando boxe, lui coltivando la sua passione per la musica come dj. "Eravamo anche molto sportivi. Ci scambiavamo le passioni reciproche: io gli passavo la mia passione per il pugilato, lui la sua per il motocross. Sport tranquilli non ci piacevano. L'incidente e' arrivato quando eravamo felici, nel momento migliore dei nostri progetti". "Quella sera, il 12 giugno 2014, lui doveva suonare al compleanno di un amico in un locale a Milano. La festa ando' bene, c'era un sacco di gente, lui era contento di suonare in un posto prestigioso". Dopo la serata, Fabiano decide di tornare nella casa di famiglia sul lago, a Ispra, dove vuole terminare dei lavori, nonostante lei provi a fargli cambiare ("fermati, magari sei stanco").

"Quando la madre mi comunica che ha avuto un incidente - e' la reazione di Valeria - comincio a saltare per casa per il nervoso perche' glielo avevo detto, ma se decideva una cosa neanche il Papa gli faceva cambiare idea". In seguito, Fabiano le spieghera' di essere finito contro un'auto in avaria sulla strada e sbalzato dall'abitacolo perche' si era distratto cercando di recuperare il telefonino che gli era caduto dopo che la compagna l'aveva chiamato pochi minuti prima intorno alle due di notte. Il momento peggiore della degenza e' quando scopre di essere diventato cieco. "Gli portai uno specchietto per fargli vedere che il viso era rimasto come prima, lui non poteva parlare perche' era tracheotomizzato. Vedo che guarda verso l'alto, gli chiedo: 'Ti vedi?' e lui non mi fa ne' si' ne' no. Allora gli consegno un bracciale che gli ha regalato un amico e dico: 'Guarda che bello' e lui alza gli occhi al cielo e capisco che non ci vede". Quando i medici confermano la diagnosi di cecita' totale ("Non vedeva nemmeno le ombre"), Valeria e la madre si dicono tra loro che senza la vista Fabiano "non vorra' piu' vivere". "Amava gli amici - spiega Valeria - quasi piu' della fidanzata, amava essere circondato dalla gente, vedere le reazioni che suscitava, la gioia degli altri quando suonava. Senza poter vedere queste reazioni sarebbe morto dentro".

Dj Fabo, la madre: "Gli dissi: 'vai Fabiano, voglio che tu vada'. E lui schiacciò il bottone"


"Due minuti prima di morire, ho detto a Fabiano: 'Vai Fabiano, la mamma puo' continuare, voglio che tu vada'". Cosi' la signora Carmen Carollo racconta gli ultimi attimi di vita del figlio Fabiano, meglio noto come 'Dj Fabo', nella clinica svizzera 'Dignitas' a Zurigo, dove e' morto col suicidio assistito. "Fabiano ha fatto tutto da solo - ha spiegato la donna - e' stato bravissimo. Per fare capire com'era mio figlio, lui aveva capito che non avevo accettato interiormente la sua scelta e allora per farlo andare via sereno gli ho detto 'Vai Fabiano, la mamma puo' continuare, voglio che tu vada. E lui ha schiacciato il bottone". Fabiano e' morto mordendo un pulsante attraverso il quale gli e' entrato in circolo il farmaco letale. Dopo avere evocato questi frangenti, la signora Carmen e' scoppiata a piangere e il pm Tiziana Siciliano le si e' avvicinata porgendole dei fazzoletti di carta. "Lo sapevo che avrei pianto. Sono stata forte fin qui", ha sussurrato con un sorriso la donna rivolta al magistrato che ha ribattuto: "Forse lo e' stata fin troppo'".

"I colloqui tra mio figlio e Marco Cappato erano meravigliosi". Carmen Carollo, la mamma di Dj Fabo, ha raccontato ai giudici della Corte d'Assise di Milano chiamati a giudicare l'esponente radicale per il reato di 'aiuto al suicidio' il rapporto che si era creato tra Cappato e il figlio. "Parlavano di molte cose, lui gli raccontava dell'India, della sua musica, era diventato un suo amico. E poi erano uomini, lui interagiva solo con donne, con me e Valeria (la fidanzata, ndr.)". Parole che hanno generato una visibile commozione in Cappato che ha seguito l'udienza accanto ai suoi legali e alla moglie. Fu proprio il segretario dell'associazione 'Luca Coscioni' a informare Cappato della possibilita', alternativa al suicidio in Svizzera, di morire a casa sua interrompendo le cure. "Ma lui non voleva, aveva piu' paura della sofferenza che della morte, aveva paura di morire soffocato forse. Ma di morire no, mi ha sconvolto questo coraggio che non credevo potesse avere". La donna ha spiegato che Cappato parlo' per la prima volta di morire in Svizzera fin dal ricovero all'ospedale Niguarda successivo all'incidente automobilistico.

Gli abbiamo portato degli specchietti. Guardava sempre per aria, avevamo il dubbio che non ci vedesse piu'. I medici ci confermarono poi che era rimasto cieco. Quando abbiamo saputo della cecita', io e Valeria ci siamo dette 'questa e' la fine'. Non avrebbe sopportato la cecita'. Un giorno mi hanno informato che voleva parlarmi. Sono entrata nella stanza e mi ha detto 'Mamma, voglio che tu accetti la mia decisione di andare in Svizzera'. Tutte le infermiere che erano li' hanno sentito queste parole. Io l'ho ascoltato emozionata e lui mi ha detto' Vuoi che continui a vivere cosi'?' e io gli ho risposto: '"Ti vorrei anche solo con la testa". "I suoi dolori erano terribili - testimonia la donna che lo assisteva "24 ore su 24, per lui ho lasciato un lavoro bellissimo, subito dopo l'incidente" - mi diceva che si sentiva 'un diavolo in corpo', urlava. Un medico mi spiego' che, per paradosso, piu' faceva fisioterapia piu' diventava sensibile al dolore. Ha lavorato tantissimo con la fisioterapia, ha lottato ma dopo il ritorno dall'India, quando ci siamo accorti che il trapianto delle staminali non ha dato benefici, non faceva che parlare della Svizzera. Era diventato un incubo. Aveva paura che rallentassimo le procedure, minacciava di non mangiare. Quando io e Valeria parlavamo a bassa voce, si arrabbiava perche' voleva sapere tutto. Era lucido, forse sarebbe stato meglio lo fosse stato meno".

Dj Fabo, l'infermiere: "Mi chiedeva di morire, si sentiva umiliato"


"Voleva morire, mi diceva 'Fai finta che hai sbagliato qualcosa', cosi' muoio'". Al processo a Marco Cappato testimonia anche Johnny, l'infermiere ecuadoriano che ha assistito per due anni Fabiano Antoniani. "Tutti i giorni aveva dalle 50 alle 70 contrazioni - ricorda l'operatore sanitario - Voleva mangiare ma, quando ci provavamo, non ci riusciva e si infastidiva in modo pazzesco. Non ce la faccio piu', mi diceva: 'Sono un uomo, non sono un bambino e mi sento inerme. Vado a letto e vedo nero e riapro gli occhi e vedo ancora nero. Senza la musica, senza la gente, sono in coma cerebrale'. Si sentiva umiliato, non poteva fare niente. Non ho mai assistito un paziente che stava cosi' male, gli altri almeno potevano vedere o mangiare". Del viaggio in Svizzera, Johnny ha saputo solo il giorno prima della partenza. "Quando mi ha detto che andava in Svizzera non c'e' stato bisogno di aggiungere altro, ho capito. Mi ha promesso che mi avrebbe dato una mano ovunque fosse stato, era un uomo molto generoso". A chiudere le testimonianze di oggi e' stato un ex compagno di liceo di Fabiano che lo ha ricordato come un "leader", aggiungendo di non essere rimasto sorpreso dalla decisione di morire col suicidio assistito rendendola pubblica anche "per gli altri".

Il processo riprenderà il 13 dicembre


Dopo le testimonianze di oggi, il processo a Marco Cappato, accusato di 'aiuto al suicidio' per la morte di Dj Fabo, riprendera' il 13 dicembre con l'esame del segretario dell'associazione 'Luca Coscioni'. Nel corso della prossima udienza verra' sentito anche l'inviato delle 'Iene' Giulio Golia che intervisto' Fabiano Antoniani, rendendo pubblica la sua decisione di andare a morire in Svizzera. Contestualmente alla sua deposizione verra' proiettato in aula il 'girato' dell'intervista come chiesto dai pm Tiziana Siciliano e Sara Arduini che vogliono mostrare le sofferenze in cui versava il dj. Al termine dell'udienza, Cappato, apparso provato, ha detto ai cronisti di non voler rendere alcuna dichiarazione.

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