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Milano

di Fabio Massa

Il lungo conflitto. La grande guerra. Sul Carroccio non c’è posto per due galli. Di titoli, sulla tensione continua tra Roberto Maroni e Matteo Salvini, se ne potrebbero fare a decine. Perché la tensione, tra i due, c’è. E cresce, e diminuisce (talvolta) quasi fosse a fasi alternate, tornando dopo ogni diminuzione a record di rabbia e musi lunghi, quasi una escalation. Attualmente, secondo quanto può riferire Affaritaliani.it, tra il Bobo e il Capitano, la fase è proprio down, e i due hanno tanto che li separa più del poco che li unisce (la Lega Nord).

L’epicentro dello scontro, manco a dirlo, è la Lombardia. Proprio qui, in Lombardia, la Lega Nord ha preso la sua scoppola più sonora, quella di Milano, dove pensava di doppiare Forza Italia finendo invece doppiata a sua volta. E la scoppola più dolorosa, quella di Varese, dove Maroni è nato e dove comanda Giorgetti. Insomma, i guai della Lega sono qui, nelle urne della Madonnina e dintorni. Poi però ci sono gli altri problemi. Quelli grossi, quelli politici. Quelli delle nomine, dove - si sa - il governatore non ci ha mai voluto sentire. Fin dal caso di Nerviano, e poi giù giù per ogni direttore, funzionario, anche semplice addetto stampa, Maroni non ha preso un ordine da Salvini. Ha sempre deciso di testa propria. Anche quando magari la situazione, e l’opportunità, consigliavano di essere prudenti. E’ che il partito, per Maroni, non si deve ingerire in niente. Anche se poi - sostiene Salvini - il partito subisce eccome per le scelte amministrative del governatore. E quindi? Quindi si continua a combattere. Gli ultimi casi che hanno fatto schizzare in alto l’ago del voltaggio tra i due riguardano le partite di due società infrastrutturali peraltro strettamente legate. La prima è quella di Pedemontana, dove Roberto Maroni ha voluto strenuamente Antonio Di Pietro, l’ex pm di Mani Pulite. Quello che dava a Silvio Berlusconi dello stupratore di democrazia. Matteo Salvini, a caldo, se la cava con un no comment. Ma Arcore è infuriata, e chi deve raccogliere fulmini e saette è proprio il Capitano. C’è poi l’altra vicenda, quella di Paolo Besozzi. Per l’ingegnere di Gavirate, manco a dirlo provincia di Varese, Maroni ha voluto il posto di amministratore delegato di Serravalle. Anche se alcuni sostengono, con fondate basi, che la legge gli vieterebbe l’incarico. E anche se altri, dopo la pubblicazione in esclusiva su Affaritaliani.it della notizia che la procura di Sondrio ha chiesto di indagare su di lui ai carabinieri di Milano, vedevano in quella nomina quantomeno una problematica di tipo politico. L’ultima news, in questo senso, riguarda il consiglio di amministrazione di ieri, che pare abbia rimandato tutto a data da destinarsi. La spunta Salvini? Mica detto. Anzi, probabilmente no. Perché Maroni è particolarmente duro quando si tratta di difendere i confini, anche a costo di correre rischi che i suoi più stretti collaboratori gli sconsigliano di correre. Di certo la Lega Nord deve fare una vera e propria traversata nel deserto. Perché Maroni non vuole intromissioni partitiche, ma è il partito che decide quali consiglieri regionali potranno correre nuovamente alle elezioni che si avvicinano a grandi passi. E questo i consiglieri lo sanno, tanto che la marcia di avvicinamento a Salvini è già iniziata.

@FabioAMassa
fabio.massa@affaritaliani.it

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salvini maroni lega nord







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