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Politica
Bersani si ritira, finto padre della sx che distrusse l'Olivetti (e il lavoro)
Pierluigi Bersani

Bersani, luci e ombre di un "uomo di sinistra". Ritratto 

Mesta intervista di oggi di Pierluigi Bersani a Monica Guerzoni del Corriere della Sera in cui l’ex ministro dello sviluppo economico, dei trasporti, dell’industria, ex Presidente della Regione Emilia – Romagna, ex parlamentare, ex segretario del Pd, traccia un bilancio della sua vita che coincide poi con la politica e tira le somme.

Bersani ha 71 anni ed è un figlio di Bettola, non nel senso dispregiativo di una trattoria malfamata, ma di un comune montano del piacentino.

Il padre ha una pompa di benzina e accanto agli impianti di rifornimento aveva aperto anche una piccola officina meccanica per salvare i camionisti in difficoltà che si erano avventurati tra i monti impervi.

Nasce in una famiglia più che cattolica, visto che suo zio materno era un missionario, che votava Democrazia cristiana, una vera rarità in quelle terre rosse di senza Dio e anarchici.

Il giovane Pierluigi è però diverso; tiene molto alla dimensione sociale e il parroco racconta divertito che organizzò addirittura uno sciopero dei chierichetti.

Nel 1966 è un “angelo del fango” nella Firenze alluvionata.

Crescendo il ragazzo dà qualche ambascia ideologica ai genitori visto che nel 1970 lo troviamo in Avanguardia operaia e poi si iscrive al Partito Comunista Italiano, il PCI, che in Emilia –Romagna era la vera Chiesa.

Dopo gli studi classici l’influenza di Dio si fa risentire ancora e Bersani si laurea in filosofia all’Università di Bologna con una tesi sulla Storia del Cristianesimo.

La sua storia politica è troppo nota per ripercorrerla tutta. Basti pensare che si è svolta interamente all’interno della sinistra, abbastanza coerentemente ma non completamente.

Infatti il suo operato da ministro dello Sviluppo economico fu caratterizzato dalle famose “lenzuolate” che aprirono ad una liberalizzazione a cui l’Italia non era ancora completamente pronta. Eccesso di zelo che Bersani auto – scontò uscendo dal Pd e andando in Articolo 1 di Andrea Speranza, suo pupillo.

Famoso per le metafore contadine, come “smacchiare il giaguaro” riferito a Berlusconi o la “mucca nel corridoio” per indicare una destra ingombrante, nostalgica e ancora pericolosa, dice ora di voler lasciare la politica istituzionale, rinunciando a ricandidarsi.

Bersani è considerato un padre nobile della sinistra però ha anche fatto dei danni ai lavoratori.

Ad esempio, è responsabile, insieme alla FIOM – CGIL, della distruzione di un grande patrimonio industriale italiano e cioè l’Olivetti.

Fu infatti proprio lui come ministro dello Sviluppo economico nel 1998 a dare il via libera alla vendita della gloriosa azienda fondata dal filantropo socialista Camillo e poi guidata dal figlio Adriano, prima ai cinesi di Wang, poi agli olandesi di Getronics.

Non solo. Ne fece quello che in gergo tecnico si chiama “spezzatino” e cioè vendere le parti migliori della bestia, continuiamo la metafora animale, e buttare il resto per realizzare guadagni maggiori con scarsa considerazione per la manovalanza che ne paga tutte le conseguenze.

Il tutto per compiacere l’ingegner Carlo De Benedetti e le sue speculazioni finanziarie, non industriali si badi bene, che portarono alla fondazione dell’Omnitel.

E quando l’ingegnere fa le sue interviste, presentandosi come un uomo di sinistra e detentore della tessera numero 1 del Pd e dà lezioni di etica a Berlusconi, è inevitabile farsi sfuggire un sorriso.

Il Partito democratico della Sinistra (PdS) era, in quel periodo storico, sotto l’influenza liberalizzatrice di Massimo D’Alema che assestò un primo colpo durissimo ai lavoratori con la liberalizzazione del mercato del lavoro che portò poi alla nota precarizzazione con effetti sociali devastanti.

Il colpo finale fu invece dato da Matteo Renzi con il Jobs Act e l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto, ma quella è storia recente.

Il tutto per dire che Bersani è stato figlio di quel periodo e ha contribuito alla deriva della sinistra italiana su posizioni liberiste che rappresentavano più gli imprenditori che i lavoratori che però continuavano a votarla.

Spesso è stato visto più come una quinta colonna imprenditoriale che un uomo del popolo.

Ora si ritira, non si sa se per coraggio o, come qualcuno ha subdolamente suggerito, per endemica mancanza di seggi.

Data la nuova vena immobiliare che mostra il suo amico D’Alema magari ce lo ritroveremo come venditore di case.

Sic transit gloria mundi.

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