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Politica
Elezioni Palermo e mafia, Miccichè: "Polizzi? Ci è sfuggito, siamo sfortunati"

Elezioni Palermo, Miccichè: "E' stato un errore mio, imperdonabile"

A pochi giorni dalle elezioni per il sindaco di Palermo è scoppiato il caos, dopo l'arresto per mafia di un candidato al consiglio comunale con Forza Italia. "Se sono potente io, siete potenti voialtri!", è questa la frase emblematica pronunciata nemmeno un mese fa, nel tardo pomeriggio dello scorso 10 maggio, da Pietro Polizzi, che è finito in carcere. L'affermazione è stata captata nell'ufficio di via Casalini dell'indagato ed era rivolta ad Agostino Sansone, già condannato per mafia ed esponente del clan dell'Uditore. Immediate le reazioni della politica. Il coordinatore regionale di Forza Italia in Sicilia fa il mea culpa. "Si è trattato - spiega Gianfranco Miccichè - di un errore imperdonabile. Noi non facciamo altro che predicare l’onestà per tutti i nostri candidati e sono veramente molto dispiaciuto". Miccichè si assume la responsabilità per l'errore ma attacca anche la sinistra.

"In passato – spiega Miccichè al Giornale - Polizzi era stato candidato persino con Orlando, e certo non voglio vedere responsabilità di Orlando che non esistono, ma lo dico per spiegare come certe situazioni, che non dovrebbero accadere, non hanno veri responsabili a parte il diretto interessato". Miccichè prova anche a prendersela con la sfortuna. "A mia parziale discolpa posso dire che avevamo il casellario giudiziario di Polizzi da cui non risultava nulla. Questo signore non aveva avuto mai un processo a suo carico, non potevamo immaginare che ci fosse una situazione del genere. Polizzi era stato ovunque, siamo stati sfortunati a incappare in questa inchiesta proprio noi. Certo: se queste intercettazioni sono del 10 maggio la magistratura avrebbe potuto avvisarci, ma immagino che non si potesse".

Mafia, candidato indagato a Palermo: mi ritiro da elezioni 

"Mi ritiro dalla competizione elettorale, non sono piu' in corsa, nell'ipotesi remota di una elezione non accetterei". Lo ha annunciato al gip, nel corso dell'interrogatorio di garanzia, Pietro Polizzi, candidato di Forza Italia al Consiglio Comunale di Palermo arrestato, ieri, insieme al costruttore mafioso Agostino Sansone con l'accusa di scambio elettorale politico-mafioso.

 

 

Nel corso dell'interrogatorio Polizzi, difeso dall'avvocato Francesco Riggio, ha anche riferito che l'incontro con Sansone, durante il quale secondo i pm sarebbe stato suggellato il patto illecito, avvenne in una stanza di un patronato che il candidato usava come sede per la campagna. Nella stanza ci sarebbero state diverse altre persone: il legale chiedera' di acquisirne la testimonianza. La circostanza, per la difesa, dimostrerebbe che Polizzi non aveva alcuna intenzione di stringere un accordo criminale con il costruttore mafioso che incontro', infatti, davanti ad altri e non in privato. "C'eravamo conosciuti 4 anni fa per motivi legati al mio lavoro - ha aggiunto - Quando, il 10 maggio, venne al patronato mio padre me lo annuncio' dicendomi 'vedi di farlo andare via presto'. Io neppure lo feci entrare nella mia stanza e appositamente ci parlai per non piu' di tre minuti in un ambiente comune". Polizzi ha sostenuto di non aver piu' visto Sansone dopo il 10 maggio e che all'epoca dell'incontro non era stata neppure decisa la sua candidatura e non erano state ancora presentate le liste. Polizzi, che ha ribadito che nelle trascrizioni delle intercettazioni ci sarebbero diverse imprecisioni, ha affermato che la frase registrata dal trojan piazzato nel cellulare di Sansone "se sono potente io, siete potenti anche voi", ritenuta una prova schiacciante dai pm, fosse in realta' un modo di dire da lui usato in campagna elettorale.

Mafia: Polizzi e altri indagati al Gip, "Millantavamo potere"

Hanno risposto al gip di Palermo i tre indagati arrestati ieri con l'accusa di scambio elettorale politico mafioso. Si tratta di Pietro Polizzi, candidato al consiglio comunale di Palermo tra le fila di Forza Italia; Agostino Sansone, imprenditore e storico boss vicino a Toto' Riina, e Manlio Porretto, "factotum" di Sansone. Non hanno fatto scena muta, dunque, avvalendosi della facolta' di non rispondere ma avrebbero risposto di fatto, negando l'esistenza di un "patto illecito" - come invece sostenuto dalla Dda di Palermo - e sostenendo che non e' stata fatta alcuna richiesta di appoggio da parte di Sansone ne' disponibilita' da parte del politico candidato al consiglio comunale. In sostanza avrebbero sminuito il tutto, a partire anche dalla frase che per gli inquirenti e' la sostanza del reato contestato, il 416-ter: "Se sono potente io, siete potenti voi altri". Pronunciata il 10 maggio scorso da Polizzi e ascoltata in diretta dagli investigatori, l'indagato avrebbe detto che quello e' il suo modo di esprimersi. Poco piu' che una millanteria, insomma, per gli indagati, che avrebbero sottolineato di conoscersi da parecchio tempo.

 

 

 

 

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