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Politica
Governo, resta lo spettro della crisi. Lega e 5 Stelle: il dietro le quinte
LaPresse

Sulla lettera di risposta ai rilievi dell'Unione europea si è sfiorata davvero la crisi. Luigi Di Maio, quando ha letto le anticipazioni della missiva del Mef, è andato su tutte le furie. Al di là del giallo sulle due versioni, la convinzione dei 5 Stelle è che la Lega e il titolare del ministero dell'Economia abbiano provato a depotenziare il reddito di cittadinanza per il triennio 2020-2022 per finanziare la flat tax tanto cara al Carroccio. E' dovuto intervenire, come al solito, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte per evitare il patatrack. E infatti il vicepremier pentastellato canta vittoria per l'eliminazione dei tagli al welfare ("No a un altro governo Monti" ha scritto su Facebook di buon mattino).

Ma quanto accaduto - spiegano fonti della maggioranza di entrambi i partiti - è sintomatico della tensione che ancora attraversa il governo. Ufficialmente sia Salvini che Di Maio assicurano di voler andare avanti con il cosiddetto esecutivo del Cambiamento per altri quattro anni, poi però c'è sempre quella frase sibillina che recita più o meno così: "Se ci saranno le condizioni". Dalla Lega, forte del 34,33% alle Europee e con il vento in poppa nei sondaggi post-voto, sottolineano come a questo punto a dettare l'agenda debba essere il ministro dell'Interno.

Via libera in Consiglio dei ministri all'autonomia regionale entro il 21 giugno, come ha annunciato lo stesso Salvini ad Affaritaliani.it, subito lo Sblocca-Cantieri e il Decreto Sicurezza-bis, avanti con la Tav Torino-Lione e soprattutto avvio della massa punto della riforma fiscale, con o senza il via libera di Bruxelles. Il leader leghista, parlando con i suoi più stretti collaboratori, ha spiegato di essere più interessato ai provvedimenti che alle poltrone. E' vero che i ministri grillini Danilo Toninelli (Infrastrutture e Trasporti), Elisabetta Trenta (Difesa) e Sergio Costa (Ambiente) sono nel mirino di Via Bellerio, ma Salvini pone più l'accento sull'agenda di governo a guida Lega che su un eventuale rimpasto.

Il timore che serpeggia in Via Bellerio (o la speranza, dipende dai punti di vista) è che dal M5S arrivino troppi no, troppi rinviii e che, nonostante il responso delle urne, venga a mancare quel cambio di passo che il Carroccio reputa necessario e fondamentale. I 5 Stelle, dal canto loro, sanno perfettamente che ora Salvini ha in mano il pallino ma, come dimostra il caso della lettera all'Ue, non intendono indietreggiare di un millimetro. Anche perché Di Maio, appena riconfermato dalla sua base con l'80%, non può cedere troppo a Salvini pena il riemergere del dissenso al suo interno (soprattutto da parte dell'ala movimentista di Roberto Fico).

C'è poi il ruolo di Conte. Il premier lunedì potrebbe rivolgere una sorta di ultimatum ai due vicepresidenti del Consiglio: stop alle polemiche e basta liti o tutti a casa. Il capo del governo non ha intenzione di farsi logorare e di dover continuare a cercare una mediazione infinita tra le due anime della maggioranza che porta spesso alla parilisi. Alla luce di questo quadro uno dei massimi esponenti del Carroccio che fa parte del governo, alla domanda di Affaritaliani.it sulla possibilità di crisi e di caduta dell'esecutivo risponde con un emblematico 'almeno il 40%'. E fonti parlamentari pentastellate confermano: questa volta siamo d'accordo con la Lega.

Nella maggioranza sanno che la trattativa con l'Unione europea (e con la nuova Commissione cambierà poco visti i numeri delle elezioni nel Vecchio Continente) sarà difficilissima. Se Bruxelles, come pare scontato, non dovesse concedere nemmeno di avvicinarsi al tetto del 3% del deficit/Pil (figuriamoci superarlo) l'esecutivo dovrà necessariamente compiere delle scelte dolorose. Far scattare l'aumento dell'Iva? Tagliare reddito di cittadinanza e quota 100? Operare drastici tagli a scuola, sanità, difesa ed enti locali? Ridimensionare se non posticipare la flat tax?

A parole, per 5 Stelle e Carroccio, nessuna di queste opzioni è sul tavolo. Ma entrambi i partiti riconoscono che sarà impossibile fare tutto senza una guerra dolorosa con Bruxelles che però farebbe volare lo spread. Ed ecco perché in molti, sia tra i leghisti sia tra i pentastellati, prevedono una fine anticipata del governo (ecco quel 40%) prima che i nodi vengano al pettine.

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