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Politica
Renzi, il referendum e il terremoto

Renzi si è accorto che sul referendum -con una crisi economica che non vuole passare-aveva esagerato legandone le sorti a sé stesso; forse lo aveva fatto in un tempo in cui le cose andavano bene e la minaccia concreta della scalata del M5S al governo era, appunto, solo una minaccia abbastanza lontana.

La brezza europeista del 41% del 2014 lo induceva quindi a rosei pensieri bruscamente interrotti dalle comunali di giugno e dunque, saggiamente per lui, è arrivata una salutare retromarcia; si vota ma il suo destino politico è sganciato –almeno formalmente- da quello che accadrà al referendum (difficile però poi non dimettersi in caso di sconfitta, Cameron docet).

A quel punto il Capo dello Stato gli riaffiderebbe l’incarico ed occorrerebbe trovare una maggioranza, compito non troppo difficile se in caso contrario il parlamento rischia di tornare a casa prima di aver maturato la pensione.

https://www.affaritaliani.it/affari-europei/risultati-elezioni-europee2605.html

In questa prospettiva Renzi sta cercando di ricostruire un nuovo “Patto del Nazareno” anche per controbilanciare la fronda interna guidata dalla sinistra ed ora, anche da solo, da D’Alema.

https://www.affaritaliani.it/politica/d-alema-si-fa-la-fronda-438446.html.

Per fare questo ha offerto alla sinistra Pd la poltrona commissariale per la ricostruzione dopo il sisma a Vasco Errani (che ha esperienza in una situazione simile vissuta in Emilia Romagna) e dialoga anche con il centro – destra a cui chiede “unità” nel gestire il dramma che ha colpito le terre dell’Alto Lazio, della Bassa Umbria e Marche.

La strategia è chiara e parte da considerazioni di maggiore realismo politico sulla entità delle forze in campo: da solo non ce la fa ed ha bisogno di pace interna e non belligeranza esterna nel ricompattare un mosaico abilmente tenuto insieme finora da opposti equilibrismi

La vicenda del terremoto è quindi l’occasione ideale per agire concretamente considerando che in questi casi il richiamo all’unità dell’intero arco delle forze parlamentari (ed anche extraparlamentari) è ampiamente supportato dall’opinione pubblica.

Solo il M5S lo accusa di sfruttare la tragedia a fini politici, ma questo si ritorcerà più contro il partito di Grillo che contro lo stesso Renzi.

Tuttavia, la partita del premier è delicata perché legarsi alla ricostruzione senza avere adeguate garanzie contro le solite ruberie sarebbe altrettanto esiziale dell’essersi legato all’esito del referendum e per questo la figura di Raffaele Cantone e della sua Autorità anticorruzione (peraltro a corto di organico) sta divenendo sempre di più centrale nell’azione istituzionale del governo.

 

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renzi referendum terremoto





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