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Politica
The Economist elogia Meloni dopo che la Repubblica l’attacca: il caso
John Elkann

The Economist elogia Meloni dopo che la Repubblica l’attacca

Avevamo parlato ieri dello sfogo di Giorgia Meloni nei confronti del “metodo Repubblica” (recupera qui l'articolo). Il premier se l’era presa i giorni scorsi con gli Elkann, proprietari del gruppo Gedi di cui fanno parte anche la Repubblica e la Stampa particolarmente attivi ad attaccare a corrente continua la Meloni dal punto di vista ideologico e non su elementi concreti. Una vera e propria guerra. La leader di FdI aveva reagito ed era stata molto chiara. In Parlamento aveva attaccato la politica della Fiat sull’auto che aveva tolto all’Italia un marchio per cui era famosa nel mondo per regalarlo ai francesi. Il meccanismo del “metodo Repubblica” è abbastanza noto e collaudato: il quotidiano di via Cristoforo Colombo fa da apripista in prima pagina e poi arrivano gli altri, tra cui si sta segnalando per particolare zelo iconoclasta Alessandra Costante (FNSI) che invece di fare sindacato fa politica anti – governativa.

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Il titolo è: “Giorgia Meloni has proved the doubters wrong” e cioè “Giorgia Meloni ha smentito gli scettici”. Il settimanale britannico, uno dei più autorevoli del mondo, promuove il governo di centrodestra “a pieni voti” mentre in passato era stato molto critico. The Economist mette in evidenza come: “L’Italia ha garantito un sostegno caloroso, e armi, all’Ucraina, e un appoggio piuttosto moderato a Israele. Ha anche reso Bruxelles abbastanza felice da consentire alla Commissione europea di continuare a erogare regolarmente le tranche dei 194 miliardi di euro (211 miliardi di dollari) assegnati all’Italia dal Fondi di ripresa post Covid-19 dell’Ue, di gran lunga la cifra più alta destinata a qualsiasi Stato membro”.

Giorgio MeloniGiorgia Meloni
 

Viene poi segnalata la difficoltà di guidare il Paese dopo il Covid e –aggiungiamo noi- dopo che i Cinque Stelle e Giuseppe Conte hanno provocato un enorme buco nel bilancio grazie ai bonus e al reddito di cittadinanza, una sorta di voto di scambio con i cittadini indigenti, ti do i soldi e tu mi voti.

Elogiativa anche la conclusione: “fra tutti i Paesi europei, l’Italia è per una volta tra quelli che destano meno preoccupazione. Ma le maggiori sfide del suo governo risiedono soprattutto nel futuro. Deve trovare un modo per frenare l’immigrazione illegale se vuole tranquillizzare i suoi elettori, e spendere i soldi per la ripresa più velocemente se vuole compiacere Bruxelles”. A questo punto però ci si chiede se lo stesso prestigioso settimanale britannico appartenga alla stessa dinastia, Elkann-Agnelli, che possiede i faziosi quotidiani italiani di cui sopra. Ci si chiede anche se si sia trattato di una sorta di “bastone e carota” oppure se la reazione della Meloni abbia avuto effetto o, infine, se Repubblica e la Stampa siano variabili fuori controllo e che i loro direttori agiscano di propria iniziativa, senza rendere conto alla potente dinastia. In verità questa ultima ipotesi non pare molto credibile e ha lo stesso grado di attendibilità di pensare che Antonio Ricci -il fondatore di “Striscia la Notizia” - agisca fuori il controllo di Mediaset.

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