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Roma
Ex Mercati Generali, ecco perché erano un grande imbroglio: la denuncia

Gli ex Mercati Generali “erano un grande imbroglio, una classica operazione di 'furbanistica' che arricchisce solamente i costruttori”. Lo sostengono i Comitati di cittadini e associazioni riuniti nel Tavolo della Libera Urbanistica. L'area è tornata sotto le luci dei riflettori con l'arresto di Marcello De Vito per una presunta tangente.

 

L'urbanista Francesco Sanvitto ha esposto ai rappresentanti del Tavolo della Libera Urbanistica quale è la reale situazione che si cela intorno agi ex Mercati Generali di via Ostiense.

Gli ex Mercati Generali sono una parte strategica della città centrale, circa 8,5 ettari di patrimonio pubblico, con una edificabilità di circa 400.000 mc (considerando che le parti commerciali della convenzione tengono conto solo delle “superfici nette di vendita” e che quindi le lorde “commerciali” almeno si raddoppiano). L’intervento è – spiega Sanvitto - uno scempio urbanistico perché: non rispetta le prescrizioni insite all’interno del perimetro di PRG del Progetto Urbano “Ostiense-Marconi” che prevede una progettazione “unitaria” dell’intero quadrante e non uno “spezzatino” di lotti gestiti al di fuori del contesto urbano; il progetto presentato presenta una illecita mancanza di standard pubblici di verde pubblico, una carenza di parcheggi pubblici ed un impatto enorme sulla viabilità concentrando l’accessibilità sull’asse dell’Ostiense; dal punto di vista prettamente urbanistico, l’impianto monolitico di una piastra completamente edificata ed “impermeabile” ad ogni attraversamento non tiene in alcun conto la possibilità di mettere in comunicazione tutte le aree sia pubbliche che private giacenti lungo l’asse che viaggia, seguendo la direzione della circonvallazione Ostiense, dal parco dell’Appia Antica (Cristoforo Colombo) al Tevere. Asse questo su cui si incontrano le aree pubbliche del futuro “campidoglio 2”, aree di sedime feroviario dismissibile, l’Itagas per finire sulla sponda del fiume dove insiste il nuovo ponte pedonale di collegamento con il futuro Parco Papareschi (ex Mira-Lanza) ed il teatro India; il progetto è la negazione della città ed è ipotizzato come un’isola completamente avulsa dal contesto urbano; le destinazioni d’uso con la prevalente destinazione commerciale impatteranno in modo estremamente negativo sul contesto commerciale della piccola distribuzione negando quella parte di vita urbana legata alla residenza ed al commercio di vicinato che crea relazioni sociali e che disegna i contesti della parte “vuota” di città quando diviene la “quinta” delle piazze e dei percorsi pedonali.

L’intervento è una “classica” operazione di “furbanistica” che comporta un ingente perdita economica all’erario del Comune: il “concessionario” entra in possesso per 60 anni di un area dove costruisce un compendio immobiliare che mette a reddito e con la possibilità di cessione ad altri “sub concessionari” in realtà compratori; il valore del bene ceduto dal Comune con questa concessione si aggira attorno ai 300.000.000 di euro considerando un valore di mercato, per i 60 anni, di 700 euro/mc; è divertente notare che gli edifici costruiti per un costo di circa 150 milioni, vengono fatti passare come se fossero un onere da corrispondere al Comune e non il normale costo che il costruttore affronta per mettere a reddito il bene (in questo caso il terreno comprato). Immaginate la parte commerciale dell’ipermercato 800 euro/Mq per costruirla, 2200€uro/Mq (valore “regalato” dal comune) venduto a prezzo di mercato per 60 anni ad almeno 5.000€uro/Mq con un maggiore utile netto di altri 2.000 euro... Praticamente quando il “concessionario” passerà il cespite commerciale di 40.000 Mq al sub concessionario tipo Auchamp incassa un utile netto di 160.000.000 di euro; gli ex mercati generali di Roma diventeranno, per il concessionario, il paese di Bengodi ed il costo vero che deve pagare è di 160.000 euro all’anno.

Queste brevi note fanno capire che i Consiglieri Comunali, che faranno passare questa convenzione, saranno responsabili di aver causato un indebito arricchimento di un consorzio di imprese private che, al misero costo di 10 milioni pagati a “babbo morto” in rate annuali senza interessi, si metteranno in tasca da subito 300 milioni più altrettanti quando venderanno ai sub concessionari.

L’intenzione delle associazioni riunite nel Tavolo della Libera Urbanistica è quella di chiedere un parere su questa situazione alla Corte dei Conti.

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