Malika Chalhy rischia la condanna per truffa? Stigmatizzabile ma non c'è reato

L'AVVOCATO DEL CUORE / Ecco perché non si può parlare né di truffa né di truffa aggravata

di Dott. Francesca Albi *
L'avvocato del cuore
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Caro Avvocato, Le chiedo un parere sul caso di Malika Chalhy: ho letto che potrebbe essere condannata per truffa o truffa aggravata, ma non mi è chiaro il perché.

 

Non sembra destinato a scemare il clamore attorno alla vicenda di Malika Chalhy, la ragazza ventiduenne “ripudiata” dai genitori islamici perché lesbica. Un’intervista rilasciata dalla giovane a Selvaggia Lucarelli ha scatenato una polemica perché - per sua ammissione- con i soldi di una donazione ha comprato un Mercedes e un cane di razza. Tantissime sono state le critiche: è stata accusata di aver approfittato della bontà di chi ha donato i soldi con finalità diverse e cioè per prendere una casa, aiutarla a studiare e avere un’autonomia finanziaria. La vicenda però si è arricchita di un nuovo capitolo dopo che il Codacons ha deciso di portare il caso in Procura. L’associazione dei consumatori ha, infatti, presentato un esposto sia alla Procura di Milano che a quella di Firenze per la fattispecie di truffa aggravata. Ma facciamo chiarezza. La condotta penalmente rilevante, posta in essere da chi commette il reato di truffa, si concretizza nell’uso di artifici o raggiri per far cadere in errore la vittima. L’artificio in particolare è il mezzo con il quale si fa apparire come vera una situazione che in realtà non è tale o si dissimula una circostanza in realtà inesistente. Attraverso l’artificio, in sostanza, la realtà esterna viene camuffata.

Il raggiro, invece, vi è quando si afferma il falso in maniera tale da convincere un’altra persona di una determinata circostanza, orientandone il comportamento in maniera fuorviante.

Nel caso di specie, le vicissitudini della vita di Malika che hanno colpito gli Italiani -tanto da spingerli a donare- erano verissime; ne consegue che non si è concretizzato alcun “artificio” o “raggiro” richiesto ai sensi e agli effetti dell’articolo 640 del codice penale. Per di più, è bene sottolineare che la raccolta fondi era molto generica, non prevedendo alcun vincolo di destinazione dei soldi incassati. Del resto, non è configurabile neppure il reato ex art. 640 bis c.p., rubricato “truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche” che punisce con la pena della reclusione - da due a sette anni - quanti si facciano consegnare finanziamenti ed erogazioni pubbliche con artifici o raggiri. Infatti, per “erogazioni pubbliche” si intendono solo quelle finalizzate alla realizzazione e allo svolgimento di attività di interesse pubblico, rimandandone quindi esclusa qualsiasi tipo di donazione proveniente da privati.

Ritengo, pertanto, che nel caso di Malika Chalhy non si possa parlare né di truffa e, a maggior ragione, di truffa aggravata, anche se il comportamento della beneficiaria della donazione sia apparso stigmatizzabile ai più. Invero Malika è una ragazza di soli ventidue anni la quale non ha avuto la sensibilità di capire che i soldi ricevuti avrebbe dovuto usarli per ricostruirsi una vita e non per lussi inutili.

*Studio Legale Bernardini de Pace