Il 7 ottobre, Giorno della Conoscenza di Israele

Di Ernesto Vergani

Liliana Segre

Lo sguardo libero

Il 7 ottobre non è soltanto la data di un massacro. È il giorno in cui Israele ha mostrato la propria verità: quella di un Paese che vuole semplicemente vivere in pace, ma che, da sempre, paga il prezzo di essere diverso. Così come il 27 gennaio è il Giorno della Memoria — in cui si ricorda la Shoah e il male assoluto generato nel cuore dell’Europa —, il 7 ottobre potrebbe diventare il Giorno della Conoscenza: la data in cui il mondo, costretto dagli eventi, ha davvero guardato Israele per ciò che è. Un giorno che obblighi a capire chi sono davvero gli israeliani e che cosa sia l’ebraismo.

Perché su Israele grava ancora troppa ignoranza. La diversità di Israele non è solo geografica o religiosa: è simbolica. È il luogo in cui il diritto all’esistenza coincide con la memoria dell’Olocausto. Israele rappresenta insieme la giustizia del privilegio di nascita - l’appartenenza a un popolo millenario - e la giustizia del merito, di chi ogni giorno costruisce, studia, innova, difende la vita anche sotto le sirene dell’allarme.

Questa diversità affonda nelle radici religiose del popolo ebraico. Il Dio d’Israele non è un Dio di conquista, ma di memoria. È il Dio che, nella Bibbia, si rivela a chi ascolta più che a chi comanda, e che chiede al popolo eletto di ricordare, non di dominare. Israele non è soltanto un nome geografico, ma la tensione spirituale dell’uomo che lotta con Dio. La fede ebraica insegna che le forze impure non generano alcun frutto spirituale.

E tuttavia, attorno a quel diritto elementare - vivere - si è addensato uno sguardo d’odio e d’invidia. Un’invidia antica, per quel rango superiore che Israele rappresenta sul piano simbolico: non di potere, ma di spirito, di cultura, di storia. Questo sguardo assume oggi forme nuove. Israele viene accusato di ciò che un tempo veniva imputato agli ebrei: di privilegio, di forza, di colpa originaria. È un odio che cambia linguaggio ma conserva la stessa radice di sempre: il rifiuto della differenza, la paura di chi brilla di luce propria.

La guerra, con le sue immagini e i suoi dolori, ha reso facile dimenticare la causa prima: l’attacco terroristico del 7 ottobre, la ferocia di chi ha ucciso e rapito civili inermi solo perché israeliani, solo perché ebrei. Quel giorno ha reso visibile ciò che molti preferiscono ignorare: che l’antisemitismo non è morto. Persino figure come Liliana Segre, testimone vivente della Shoah, sono state bersaglio di insulti e delegittimazioni. È il segno più inquietante di una regressione morale che non possiamo permetterci di ignorare.

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