La banalità di Putin e dei suoi oligarchi

I russi morirebbero per il loro Paese, non per invadere l’Ucraina

Di Ernesto Vergani
Il presidente Vladimir Putin, ininterrottamente a capo della Russia di fatto dal 2008, ha dato il via all’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio scorso
Lo sguardo libero
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Il capo del Cremlino e i suoi sodali come il gerarca nazista Adolf Eichmann

Ben fanno le centinaia di migliaia di russi arruolabili a fuggire all’estero attraverso gli estesi confini del Paese al di là degli Urali, dalla Finlandia alla Mongolia al Kazakistan. Perché? Come ha detto un cittadino russo intervistato in tv: “Sono disposto a morire per il mio Paese, non per questa guerra.”

Sui volti di Putin e dei suoi oligarchi - oltre alla paura - si legge, prendendo a prestito il titolo del famoso saggio di Hannah Arendt, la “banalità”. Non ci sono giustificazioni: nel XXI secolo la sovranità degli Stati non si discute – di questa opinione è anche la Cina -.

Il libro “La banalità del male” è il resoconto, quale inviata a Gerusalemme del settimanale New Yorker, della Arendt, politologa, filosofa e storica tedesca naturalizzata statunitense, circa il processo ad Adolf Eichmann. Questi, gerarca nazista, rifugiato nel 1945 in Argentina, da lì prelevato dagli israeliani, fu processato per genocidio nel 1961 e condannato a morte per impiccagione.

Dal dibattimento in aula, Arendt concluse che il male perpetrato da Eichmann - come quello dei tedeschi corresponsabili dell'Olocausto - fosse dovuto, più che a una inclinazione maligna, all’ inconsapevolezza del significato e delle conseguenze delle proprie azioni.