Scudi umani e indignazione selettiva: le navi partono per Gaza, ma non per Kiev

Di Ernesto Vergani

Un corteo pro-Palestina tra bandiere e slogan

Lo sguardo libero

Le navi della Global Sumud Flotilla salpano dall’Italia con l’obiettivo di raggiungere Gaza. A bordo ci sono aiuti, ma anche parlamentari, giornalisti e personalità pubbliche. La loro presenza ha un valore duplice. Da un lato garantisce trasparenza e racconta al mondo la natura umanitaria dell’iniziativa; dall’altro costituisce una forma di scudo mediatico e politico.

Colpire una flottiglia con televisioni e cronisti a bordo significherebbe esporsi a una condanna internazionale immediata. È la stessa logica con cui Hamas ha piazzato arsenali vicino a scuole e ospedali, facendo dei civili — e di Gaza stessa — un gigantesco scudo umano. Ma se per i giornalisti ha senso documentare, per i parlamentari resta un interrogativo: partecipare a simili iniziative può tradursi in una provocazione politica, che rischia di confondere l’attivismo personale con la rappresentanza istituzionale?

Il dato è che verso Gaza le navi partono, mentre per Kiev non salpa nullaCerto, Kiev non ha un porto: l’immagine è volutamente metaforica, ma la sostanza resta. Per la causa palestinese l’opinione pubblica e la società civile europee si muovono con forza, mentre per quella ucraina le mobilitazioni sono assai più deboli. Lo si vede anche nelle piazze: sventolano bandiere palestinesi, non bandiere ucraine.

Eppure le cose sono chiare: sia Israele che l’Ucraina sono platealmente nel giusto. La prima reagisce al pogrom del 7 ottobre 2023, quando militanti di Hamas partiti da Gaza massacrarono, stuprarono e rapirono civili innocenti; la seconda resiste all’invasione del 24 febbraio 2022, decisa da Putin per cancellarne l’indipendenza.

Paolo Mieli ha scritto che assistiamo a una sorta di “compassione selettiva”: sdegno quasi unanime per Gaza, molto più tiepido per l’Ucraina. La Global Sumud Flotilla ne è la prova plastica: simbolo potente, capace di attirare media e militanti, ma senza corrispettivi quando a morire sono civili bombardati da Mosca. Forse, in profondità, pesa ancora un antisemitismo carsico, che non muore mai e che troppo spesso rende più immediato e popolare lo sdegno verso Israele che non verso Mosca.

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