Influenza aviaria e nuovi focolai in Italia, Bassetti: "Virus sempre più furbo, ecco la strategia per prevenire ulteriori contagi"

L'esperto spiega l'evoluzione del virus H5N1, i pericoli per la salute umana e le strategie di prevenzione secondo un approccio One Health

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Influenza aviaria in Italia, Bassetti: "Nonostante la pausa mediatica durante la pandemia di Covid-19, il virus continua a evolversi"

"Influenza aviaria? Non si tratta di un allarme nuovo, ma di un'emergenza che risale al secolo scorso, con i primi casi nel Sud-Est asiatico". Così il virologo Matteo Bassetti, interpellato da Affaritaliani, commenta i recenti casi che stanno colpendo soprattutto il Nord d'Italia. "Nonostante la pausa mediatica durante la pandemia di Covid-19, il virus continua a evolversi, passando da uccelli a mammiferi come cani, gatti e bovini, acquisendo mutazioni che lo rendono 'sempre più furbo'", aggiunge il virologo. 

Sul rischio di una nuova pandemia in arrivo, ricorda come ogni salto di specie rappresenti un'opportunità per il virus di adattarsi ulteriormente. "È già trasmesso dagli animali agli umani in molteplici occasioni", dice, citando l'epidemia negli Stati Uniti con numerosi casi e alcuni decessi. Il vero pericolo, secondo l'esperto, arriverebbe se il virus acquisisse la capacità di trasmissione interumana: "A quel punto, diventerebbe un virus respiratorio potenzialmente pandemico". Negli ultimi anni, l'H5N1 ha infettato una vasta gamma di specie, dai volatili come piccioni e gabbiani a mammiferi domestici e selvatici, rendendo il controllo sempre più complesso.

Parlando dei rischi per la salute, Bassetti descrive l'influenza aviaria come una malattia principalmente respiratoria, che causa polmoniti gravi: "I primi casi in letteratura riportavano una mortalità vicina al 50%, anche se i recenti episodi negli USA sembrano meno letali. Tuttavia, in uno scenario pandemico, un virus con tale aggressività sarebbe molto difficile da gestire". Confrontandolo con il Covid-19, che oggi ha una letalità intorno allo 0,1%, Bassetti avverte: "Immaginate cosa potrebbe significare per il mondo intero un patogeno con una mortalità potenzialmente del 50%".

Mentre sul tema della prevenzione, l'esperto sottolinea l'importanza di un approccio "One Health", che integra l'importanza della salute umana con quella animale e ambientale: "Bisogna lavorare a stretto contatto tra medici, veterinari e allevatori". In Italia, un recente focolaio in un allevamento nell'Alessandrino è stato gestito prontamente con interventi veterinari. Le strategie chiave includono la sorveglianza internazionale, la vaccinazione degli animali e, se necessario, l'abbattimento dei capi infetti. "Contenere un'epidemia in un allevamento è relativamente semplice", spiega Bassetti, "ma diventa arduo quando il virus colpisce animali selvatici come gabbiani o domestici come cani e gatti, che non si possono vaccinare o abbattere su larga scala".

In caso di mutazione improvvisa, aggiunge, "il virus non avvisa: dobbiamo essere pronti con test diagnostici aggiornati e un'organizzazione solida, dobbiamo avere piani pandemici dinamici, aggiornati continuamente, e scorte di farmaci antivirali, vaccini e strumenti di contenimento. Non si può affrontare il problema in modo isolato; serve collaborazione con l'OMS e altri organismi internazionali". 

Riguardo all'Italia, Bassetti identifica le zone con allevamenti intensivi come le più a rischio, citando aree come il Veronese, centro dell'avicoltura nazionale. "L'Italia produce abbastanza pollo per soddisfare il consumo interno, il che significa che abbiamo tantissimi allevamenti e un potenziale rischio elevato", osserva. Pur lodando la sensibilità sul tema da parte degli allevatori e dei veterinari, l'esperto si è detto più preoccupato per il fronte umano, ricordando che "Se il virus facesse l'ultimo salto verso la trasmissione interumana, con un R0 di 2 (ogni infetto contagia due persone), la diffusione sarebbe rapidissima. E se domani si ammalassero mille persone in una regione, il sistema sanitario collasserebbe in un minuto: servono posti in isolamento e terapie intensive, e non so se saremmo pronti".

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