Chiara Ferragni in Tribunale per il Pandoro Gate: la risposta ai cronisti rivela più del previsto

Chiara Ferragni in Tribunale per il Pandoro Gate: la Procura chiede 1 anno e 8 mesi per truffa aggravata. All’uscita dall’Aula: "Sono fiduciosa".

Chiara Ferragni

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Nella cornice blindata del Palazzo di Giustizia di Milano, Chiara Ferragni è comparsa questa mattina davanti al giudice Ilio Mannucci Pacini per una delle udienze più attese dell’anno: quella sul cosiddetto Pandoro Gate, il caso che l’ha trascinata al centro della più grave crisi della sua carriera.

Ferragni è arrivata in Tribunale accompagnata dal suo legale e da un piccolo cordone di agenti. Occhiali scuri, passo veloce, nessuna dichiarazione fino all’uscita dall’Aula. Dentro, la Procura è stata netta: per l’influencer chiede 1 anno e 8 mesi di reclusione per truffa aggravata, in relazione alle campagne commerciali collegate ai pandori Balocco e alle uova Dolci Preziosi, presentate al pubblico come legate a progetti benefici.

Secondo l’accusa, quei prodotti erano stati promossi come iniziative solidali quando, in realtà, la donazione benefica sarebbe stata già stata concordata tra le aziende e non dipendente dalle vendite. Un meccanismo che, per gli inquirenti, avrebbe indotto il pubblico a comprare pensando di contribuire alla beneficenza.

Durante l’udienza predibattimentale, la Procura ha illustrato punto per punto ciò che ritiene essere «una strategia comunicativa ingannevole», mentre la difesa ha respinto tutte le accuse, definendo il procedimento «una distorsione dei fatti» e ribadendo che non vi fu alcuna volontà fraudolenta.

All’uscita dall’Aula, travolta dalle domande dei cronisti, Ferragni si è fermata solo un istante. Poi, una frase breve, asciutta, calibrata:
«Sono fiduciosa».

Parole che cercano di rassicurare un pubblico diviso, tra chi la difende e chi la accusa di aver tradito la fiducia dei consumatori. Ora il caso passa al giudice, che dovrà decidere se accogliere la richiesta della Procura o se aprire un dibattimento più ampio.

Un verdetto atteso non solo dal mondo della giustizia, ma da un intero ecosistema mediatico e commerciale che osserva con il fiato sospeso. Perché quello di oggi, più che un processo al pandoro, sembra essere diventato un processo alla figura stessa dell’influencer e al suo potere nel mercato.

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