Garlasco, il giudice Vitelli apre una crepa sulla condanna di Stasi: “Troppe incertezze”

Il giudice Vitelli spiega perché assolse Alberto Stasi: alibi, mancanza di movente e troppi dubbi. Le sue parole riaccendono il caso Chiara Poggi

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Il giudice Stefano Vitelli, che assolse Alberto Stasi in primo grado per l’omicidio di Chiara Poggi, è tornato a parlare pubblicamente del caso a Lo stato delle cose, il programma di Massimo Giletti su Rai 3. Le sue parole riaccendono il dibattito su uno dei processi più controversi degli ultimi vent’anni.

«L’ho assolto perché c’erano troppe criticità», ha spiegato Vitelli, ricordando che l’indagine non era riuscita a produrre un quadro probatorio solido. L’elemento che pesò di più fu l’assenza di un movente chiaro: «Qui il movente non c’è. Tra Alberto e Chiara non è mai emersa prova di un litigio né la sera prima né la mattina del delitto».

Altro nodo centrale riguarda la questione temporale. Secondo Vitelli, l’alibi di Stasi presentava elementi significativi: «È stato provato che Alberto era a casa a lavorare alla tesi dalle 9.35 alle 12.20. Nessuno lo ha visto uscire». Un dettaglio che, per il magistrato, rendeva debole la ricostruzione accusatoria.

Vitelli ha anche sottolineato un concetto fondamentale del diritto penale: «Quando ti trovi davanti a un’obiettiva incertezza, hai il dovere – prima morale che giuridico – di assolvere, per non mandare in carcere un innocente».

La storia giudiziaria di Stasi resta una delle più travagliate della cronaca italiana: assolto due volte, poi condannato in appello bis nel 2014, con sentenza definitiva nel 2015 a 16 anni di carcere.

Le parole del giudice non riaprono formalmente il processo, ma pongono una domanda che continua a dividere l’opinione pubblica: Stasi è davvero colpevole oltre ogni ragionevole dubbio?

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