Già 59 suicidi in carcere nel 2022: è un record. "Ma non si parli di indulto"

Sovraffollamento, patologie psichiatriche e tossicodipendenza: in cella i suicidi sono 16 volte di più che nella società libera. A volte anche dopo poche ore

La rivolta dei detenuti di San Vittore (Milano) durante la prima ondata di Covid
Cronache
Condividi su:

Carceri, associazione Antigone: "59 suicidi nel 2022: è un record”

 

 

Mai così tanti suicidi in carcere nei primi due terzi dell’anno. E' l'allarme dell'associazione Antigone - che dedica un intero dossier al tema - rilevando che nei primi otto mesi del 2022, già 59 persone si sono tolte la vita in carcere, più di una ogni quattro giorni. 

"Sin dall’inizio dell’anno il fenomeno ha mostrato segni di preoccupante accelerazione, fino a raggiungere l’impressionante cifra di 15 suicidi nel solo mese di agosto, uno ogni due giorni. A due terzi dell’anno in corso, è già stato superato il totale dei casi del 2021, pari a 57 decessi", si legge nel dossier, in cui si sottolinea che "i numeri di quest’anno generano un vero e proprio allarme, non avendo precedenti negli ultimi anni". Il numero più alto finora - rileva l'associazione - era quello del 2010, con 45 casi, ma ben quattordici in meno rispetto ad oggi".

Carceri: l’età media dei detenuti suicidi è di 37 anni

L’età media delle persone che si sono tolte la vita è di 37 anni: i più giovani in assoluto erano due ragazzi di 21 anni, detenuti nelle case circondariali di Milano San Vittore e Ascoli Piceno. Il più anziano era un uomo di 70 anni detenuto nella casa circondariale Genova Marassi. 

Quanto alla nazionalità, le persone di origine straniera erano 28 (47,5% dei casi): "Tenendo conto che la percentuale di stranieri in carcere è ad oggi leggermente inferiore a un terzo della popolazione detenuta totale (17.675 su 55.637), ciò implica che il tasso di suicidi è significativamente maggiore nei detenuti di origine straniera rispetto agli italiani: il primo è quasi il doppio del secondo", osserva Antigone nel suo dossier (nel quale raccoglie diverse storie sui suicidi in carcere), nel quale affronta anche la questione del disagio psichico e delle dipendenze. "Sembrerebbe, dai pochi dati a disposizione, che almeno 18 delle 59 persone decedute soffrissero di patologie psichiatriche. Alcune diagnosticate, altre presunte e in fase di accertamento", spiega l'associazione, aggiungendo che tra le persone che si sono tolte la vita "emergono poi alcuni casi di dipendenze da sostanze stupefacenti o alcol. I primi sono almeno 5, mentre i secondi 2".

Carceri: a Foggia il record di suicidi, sono già quattro nel 2022

Ad oggi, l’istituto dove sono avvenuti più casi di suicidio dall’inizio dell’anno è la casa circondariale di Foggia con quattro decessi. Seguono, con tre suicidi ognuno, le case circondariali di Milano San Vittore, Monza e Roma Regina Coeli. "Possiamo notare come si tratta nella maggior parte dei casi di istituti di grandi dimensioni e, ad esclusione di Palermo, di case circondariali. Quasi tutti soffrono da anni di una situazione cronica di sovraffollamento, che nel caso di Foggia, Regina Coeli e Monza si aggira addirittura intorno al 150% della loro capienza", si legge nel dossier, dal quale emerge infine come "siano molti i casi di persone toltesi la vita in carcere ancora in attesa di giudizio. Tra queste, diverse sono quelle che in carcere si trovavano solo da pochi giorni o addirittura da poche ore".

Carceri, associazione Antigone: “Italia al decimo posto in Europa per suicidi in cella”

Oltre al numero in termini assoluti, emerge dal dossier, un importante indicatore dell’ampiezza del fenomeno è il tasso di suicidi, ossia la relazione tra il numero di decessi e le persone detenute mediamente presenti nel corso dell’anno. "Nel 2020 con 61 suicidi - sottolinea Antigone - tale tasso era pari a 11 casi ogni 10mila persone detenute, registrando il valore più alto dell’ultimo ventennio. Nel 2021, seppur in calo rispetto all’anno precedente, il tasso è restato particolarmente alto con 10,6 suicidi ogni 10mila persone detenute. Seppur bisogna attendere la fine dell’anno per scoprire il tasso del 2022, considerato il numero di decessi già avvenuti, il valore sembra destinato a crescere rispetto al biennio precedente". Inoltre, con 0,67 casi di suicidi ogni 10mila abitanti, l’Italia è in generale considerato un Paese con un tasso di suicidi tra i più bassi a livello europeo - evidenzia il dossier - mentre secondo gli ultimi dati del Consiglio d’Europa, l'Italia si colloca al decimo posto tra i Paesi con il più alto tasso di suicidi in carcere: "Mettendo quindi in relazione l’ultimo dato disponibile della popolazione detenuta con quello della popolazione libera vediamo l’enorme differenza tra i due fenomeni: in carcere ci si leva la vita ben 16 volte in più rispetto alla società esterna", rileva Antigone.

Delle 59 persone che si sono tolte la vita in carcere nei primi 8 mesi dell'anno in corso, 4 erano donne: "un numero particolarmente alto - aggiunge l'associazione - se consideriamo che la percentuale della popolazione detenuta femminile rappresenta solo il 4,2% del totale e ancora più impressionante se paragonato agli anni passati". Sia nel 2021 che nel 2020 soltanto una donna si era tolta la vita in carcere e nessun caso era stato registrato nel 2019. 


Carceri, Sappe: “Vergognoso sfruttare i suicidi in cella per invocare amnistia e indulto”

Sul tema dei suicidi in carcere si è mobilitata anche l’associazione "Nessuno tocchi Caino", con una manifestazione che si è tenuta oggi, venerdì 2 settembre, a Roma nei pressi del Ministero della Giustizia. Molto critica, rispetto a questa iniziativa, la posizione di Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe): "Trovo profondamente ipocrita e vergognoso che vi sia chi sfrutti il dramma dei suicidi di detenuti in carcere per chiedere indulti o amnistie utili a fronteggiare il sovraffollamento dei penitenziari. E’ una soluzione che non ci convince affatto perché non è aprendo le porte delle celle e far uscire i detenuti la soluzione del problema. Serve invece la certezza della pena perché la verità è che la situazione penitenziaria resta allarmante e per questo il Sappe ribadisce di essere pronto a fornire la nostra costruttiva collaborazione per mantenere al centro del dibattito politico il carcere e le esigenze di chi in esso lavora in prima linea, come le donne e gli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria. che nel solo primo semestre 2022 hanno sventato 814 tentativi di suicidio da parte di altrettanti detenuti". 

Carceri, Sappe: “Ogni suicidio in carcere è una sconfitta per lo Stato”

"Il suicidio in carcere - prosegue il leader del Sappe - è sempre una sconfitta per lo Stato e lascia tutti nello sconcerto, sia il personale operante che i detenuti ivi presenti. Il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti. Il personale di Polizia Penitenziaria è stremato dai logoranti ritmi di lavoro a causa delle violente e continue aggressioni: per le carceri servono più formazione ed aggiornamento ma anche più tecnologia e più investimenti. La situazione resta allarmante, anche se gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria garantiscono ordine e sicurezza pur a fronte di condizioni di lavoro particolarmente stressanti e gravose. La sorveglianza dinamica nei penitenziari italiani ha mostrato tutti i suoi limiti, è evidente!"

"Per avere un carcere sempre più sicuro occorrerà pensare ad un insieme di misure e strategie che rendano la vita dei detenuti sicura, quella degli Agenti meno problematica e quella della macchina meno complessa e più efficace. Va bene la tutela dei diritti, ma si parta da quelli dei poliziotti e delle persone per bene. Ogni giorno nelle carceri italiane succede qualcosa, ed è quasi diventato ordinario denunciare quel che accade tra le sbarre. Così non si può andare più avanti: è uno stillicidio continuo e quotidiano. Eventuali amnistie, indulti e condoni servono a poco se poi non seguono riforme strutturali: ed è dunque del tutto ipocrita invocare soluzioni del genere per fare fronte ad un problema reale che vede coinvolti in primis gli appartenenti al Corpo. Piuttosto, servirebbe un potenziamento nell’ambito dell’area penale esterna, con contestale nuovo contesto ed impiego operativo del personale di Polizia Penitenziaria, per coloro i quali si trovano nelle condizioni previste dalle leggi".