Gotti Tedeschi: "La Chiesa povera di Bergoglio? Un fallimento". Era ora che qualcuno lo dicesse
Gotti Tedeschi: "La Chiesa povera di Bergoglio? Un fallimento"
Era ora che qualcuno lo dicesse: la Chiesa ha bisogno di soldi per compiere le sue opere, il pauperismo tre palle un soldo non serve a niente e soprattutto non sconfigge la povertà. Ettore Gotti Tedeschi, l’ex presidente dello Ior, Istituto per le Opere di Religione (a torto ritenuta la Banca vaticana, che è invece l’Apsa, Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica) viene intervistato da Felice Manti per Il Giornale e mostra di non aver perso smalto. Con un buon contorno di polemiche, visto che definisce questa “Chiesa (ex) cattolica, apostolica, romana”.
Il riformatore che venne cacciato
Detto da uno che venne messo alla guida dello Ior da Benedetto XVI è una cosa grave, molto grave: ancora di più se si pensa che venne defenestrato dallo Ior suddetto con l’intervento del board della banca nel quale sedeva Carl Anderson, allora esponente dei ricchissimi, potentissimi, discretissimi e americanissimi Cavalieri di Colombo. Una realtà piena di soldi figlia di una Chiesa locale, quella yankee, che in donazioni riesce a tenere il passo di quella tedesca (specie ora che il cattolicesimo in Germania è molto azzoppato) e in Conclave dispone del secondo gruppo, per entità, di cardinali elettori sebbene salomonicamente divisi tra progressisti e conservatori o, se preferite, trumpiani e bergogliani.
Già, quel lontano 2012 quando Gotti Tedeschi finì sospettato di riciclaggio (23 milioni di euro che stavano per prendere la via della Germania: soldi su cui lui voleva collaborare con le autorità italiane) e nel maggio dello stesso anno venne cacciato. Il board motivò il licenziamento parlando di mancanze gravi, scrisse che Gotti Tedeschi si disinteressava della gestione della banca (e il Vaticano, nel prendere posizione sulla cacciata, sottolineò che non si trattava di una defenestrazione per motivi legati alla trasparenza): nel 2014 la giustizia italiana ha archiviato la sua posizione, riabilitandolo in pieno. Ma, ovviamente, la Curia non perdona: quando prende una decisione non torna indietro; Gotti Tedeschi non riebbe il suo posto.
Le ambiguità bergogliane minano la sua eredità e il ruolo mondiale della Chiesa
Ma torniamo all’intervista. L’ex banchiere del Papa indica come: “La posta in gioco, più che il cristianesimo e cattolicesimo, è la intera civiltà. Non più, ripeto, cristiana od occidentale, ma civiltà ormai mondiale. Perché di fatto il Pontefice della Chiesa Cattolica è e resta la maggior Autorità Morale al mondo, ascoltata da tutti. Perciò affrontare il tema della eredità di Papa Francesco è estremamente complesso”.
Lo spiega indirettamente con le parole di un amico ebreo: “Mi preoccupa la possibile, potenziale confusione che si può percepire tra cosa è bene e cosa non lo è, perché quando c’è questa confusione, nella storia, siamo stati noi ebrei a subirne in qualche modo le conseguenze...”. Diciamo pure che Francesco, specie nei confronti di Israele, dopo il 7 ottobre 2023 non ha mancato di remare in direzione contraria e spesso polemica verso le scelte del governo guidato da Benjamin Netanyahu (e infatti il premier israeliano se l’è presa comoda: tre giorni per mandare le condoglianze in Vaticano).
Dice che la Chiesa con Jorge Mario Bergoglio ha parlato quasi esclusivamente di economia, realtà capace di “inventare soluzioni utopistiche. Ma se queste entrano nel Magistero della Chiesa, che succede?”. Rispondiamo noi: succede che, per esempio, un Papa discetti di parti per milione di anidride carbonica sposando di fatto le idee di Greta Thunberg, e forse questo non dovrebbe essere nelle sue missioni.
Il prossimo? Sia un Papa che parli di spirito
E allora chi deve prendere il posto di Bergoglio? Uno che: “Deve indicare le vie di salvezza per l’uomo, proprio in questo mondo di oggi, non nonostante questo mondo! Si rilegga Caritas in Veritate, l’Enciclica della globalizzazione dove il (grande) Benedetto XVI spiega nell’introduzione che in un mondo impregnato di cultura nichilista, l’uomo faticherà a gestire gli strumenti sofisticati di cui dispone, che rischiano di sfuggirgli di mano e prendere autonomia morale”.
E dunque va cambiato il cuore dell’uomo con le “armi” della Chiesa: “Magistero, preghiera e Sacramenti”. Attenzione, questa non è una predica. È un ritratto di un Papa che non va verso l’applauso del mondo – cosa che Francesco ha più volte sembrato fare – ma di un Papa che: “Sappia adottare le norme di governance necessarie all’interno della Chiesa, dotarsi di un Segretario di Stato forte e determinato, profondo conoscitore del funzionamento attuale della struttura”.
Gotti Tedeschi in tema di Segretario di Stato ha ragione da vendere: Tarcisio Bertone era il Segretario di Stato di Benedetto XVI e nel corso del suo mandato ha mostrato di non essere tagliato per il ruolo: salesiano, canonista, ottimo comunicatore, ma non aveva la benché minima formazione diplomatica. Quando si mette qualcuno così alla guida della migliore diplomazia del mondo succedono guai: gli americani, nei cablo di Wikileaks, quando Bertone andò in visita a Cuba lo presero in giro per l’appiattimento sulle posizioni castriste: “Un parroco ci ha detto che tra non molto Bertone prenderà la tessera del partito comunista cubano”. Così, per dire.
Chiesa povera? No, grazie. E Pell…
Conclusione? Amara ironia. Francesco, dice Gotti Tedeschi: “Dichiarò che voleva una Chiesa povera, e ciò l’ha ottenuto mi pare. Ma la Chiesa deve essere ricca. E deve esserlo per poter fare “evangelizzazione” e correggere caritatevolmente ed amorevolmente le cause di taluni squilibri socioeconomici che sono a lei propri. Per far questo ci vogliono tanti soldi”.
È proprio così, e Gotti Tedeschi manca poco che ripeta le parole di Margaret Thatcher, figlia di un pastore protestante: “Nessuno ricorderebbe il Buon Samaritano soltanto per le sue buone intenzioni. Aveva anche i soldi”. Già: senza soldi non raccogli gente bastonata dalla strada, non la porti in albergo, non paghi la camera e non la curi, perché questo fece il buon samaritano. E così è oggi: vuoi sfamare orde di poveri in Africa? Se non hai soldi, tanti soldi, non puoi farlo.
“Il problema sta nel come si sono ottenuti e come sono spesi... Se la Chiesa ottempera alla sua missione, verrebbe ‘coperta di soldi’”, dice Gotti Tedeschi, e ha pienamente ragione. Cosa ci vuole per gestire tutti questi santi soldi? “Regole di governance e controllo, conseguentemente. Ho letto che il cardinale George Pell l’aveva ben capito”. Pell, l’australiano ex pugile accusato di pedofilia, andato in carcere, assolto e anche lui uno che si vide sollevare dall’incarico da Francesco. D’accordo, è sterco del demonio: ma è quello che aiuta i disperati. Vedete un po’ voi.