Irritazione agli occhi e problemi respiratori. Piscina, gli effetti del cloro

Ecco perché la necessità di fare la doccia prima di immergersi non è solo una questione di igiene e civiltà

(foto Imagoeconomica)
Cronache
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Gli effetti del cloro

È il problema che si ripropone, puntuale, ogni estate nel mezzo di bagni e tuffi fuori dal mare e dalla sua acqua salata. È il problema delle piscine, pubbliche o private che siano, di hotel o resort, ville: “Un livello eccessivo di prodotto può causare irritazioni agli occhi e persino problemi respiratori, soprattutto nei bambini e in ambienti chiusi come piscine riscaldate o centri termali”, segnala una nota del ministero della Salute francese.

Ma per le piscine non è questo il solo problema: c’è anche quello dell’odore, della produzione di un manto verde sul fondo e sulle pareti se non vi è un sufficiente e regolare ricambio d’acqua. E tutto ciò dipende sempre ed esclusivamente dal cloro.

Quanto all’odore, invece, di solito lo associamo all'acqua del bagno ricca di cloro, il suo disinfettante più comune. Ma, in realtà, un odore intenso indica proprio il contrario: “clorazione insufficiente”, spiega un servizio del Paìs dedicato a questo argomento specifico, assai controverso quanto popolare nelle discussioni estive dei frequentatori di piscine. Quindi il cattivo, fastidioso o penetrante odore è spesso un indicatore che “il cloro è stato consumato per neutralizzare lo sporco della piscina, generando in questo processo dei composti volatili irritanti chiamati cloro combinato o clorammine”, che sono poi i veri colpevoli dei cattivi odori e dei problemi di salute legati all'igiene.

Secondo alcune ricerche, ad esempio, “la frequenza in piscina durante l'infanzia è associata ad un aumentato rischio di bronchiolite, con il conseguente aumento del rischio di asma e sensibilizzazione allergica” mentre secondo ricerche condotte in Corea del Sud “"l'inalazione cronica di cloro contribuisce all'infiammazione delle vie aeree negli asmatici". Non manca poi le pubblicazioni che segnalano come “"i bambini, i nuotatori abituali o sportivi, i dipendenti delle piscine coperte, hanno maggiori probabilità di sviluppare condizioni respiratorie, come iperreattività bronchiale, asma e rinite, a causa della loro maggiore esposizione al cloro".

Oltre all’inalazione, altre potenziali mezzi di esposizione ai prodotti chimici delle piscine “sono l’assorbimento attraverso la pelle o l’ingestione con l’acqua”.

Il cloro nell’acqua? Serve a eliminare microrganismi fonte di infezioni

La US Environmental Protection Agenxy (Epa), stima per esempio che ”i nuotatori adulti ingeriscano 32 ml all'ora (circa due cucchiai) e i bambini, che trascorrono il doppio del tempo in ammollo, quattro volte tanto. Ad esempio, il contatto dell'acqua clorata con i denti è stato legato all'erosione dentale, anche se ciò potrebbe essere dovuto al livello di acidità dell'acqua, parametro controllato anche per influenzare l'efficacia della clorazione”, sottolinea El Paìs. Al punto che dei ricercatori polacchi hanno riscontrato lesioni ai denti in un nuotatore professionista su quattro, rispetto a solo uno su dieci nuotatori ricreativi. "La durata del nuoto e la quantità di allenamento aumentano il rischio", hanno poi stabilito.

A cosa serve il cloro in realtà? L'ipoclorito di sodio (NaClO), questo il suo nome chimico corretto, che disciolto nell'acqua diventa candeggina dal potere sbiancante dei tessuti ma anche della pelle, è necessario per eliminare i microrganismi che possono essere fonte di infezioni. Inoltre “ossida le complesse molecole organiche dei nostri fluidi, di batteri, funghi o alghe, trasformandole in composti più semplici, che evaporano”. Tuttavia, questa purificazione dell'acqua ha un effetto indesiderato: “Genera i cosiddetti sottoprodotti di disinfezione (Dbp), che possono essere tossici mentre gli Spd comprendono centinaia di composti, comprese le suddette clorammine, risultanti dalla reazione chimica tra disinfettanti e particelle organiche che contaminano l'acqua, la maggior parte delle quali viene introdotta dai bagnanti.

Non ultimo, sono ad esempio pure “il prodotto dell'interazione tra l'ipoclorito con la sostanza organica azotata di germi, sudore, saliva e urina dei bagnanti o con cosmetici, come deodoranti o creme solari. Più l'acqua è sporca, più SPD vengono rilasciati, alcuni dei quali sono stati collegati persino all’alterazione del nostro Dna e all'aumento del rischio di cancro alla vescica”. Il risultato, spiega il servizio del quotidiano spagnolo, è che “come il cloro, le clorammine sono volatili ed evaporano rapidamente o si decompongono al sole in una piscina all'aperto, ma si accumulano nell'aria delle strutture interne se non sono ben ventilate. "Poiché hanno più densità dell'aria, rimangono galleggianti sull'acqua, quindi l'area in cui respirano i nuotatori è la più folle", sottolinea José Antonio Rodríguez, in pensione dal dipartimento di Salute pubblica del Comune di Madrid , dove ha controllato i rischi ambientali nelle piscine per 20 anni. Cosicché anche “tutto ciò che entra nell’acqua finisce per interagire con il cloro e ne diminuisce l’efficacia”, secondo Rodrìguez.

Prima di fare in bagno in piscina ci si deve fare la doccia

Nella realtà, in ogni caso, “il prodotto che viene versato nel sistema di purificazione è l'ipoclorito di sodio. Questa, a contatto con l'acqua, si trasforma in acido ipocloroso (HClO) o cloro libero, il vero componente attivo dal potere battericida. Più sporco, più il cloro libero interagisce con esso, consumando il disinfettante attivo —che deve essere sostituito— e generando, a sua volta, clorammine o cloro combinato, responsabile del cattivo odore e delle irritazioni.

Quindi, la necessità di fare la doccia prima di immergersi non è solo una questione di igiene e civiltà: si tratta di evitare che lo sporco della nostra pelle aumenti le tossine in piscina e riduca l'efficacia del disinfettante”, scrive il Paìs, mentre invece, la gente passa dallo spogliarsi alla piscina: “Mette un piede poi l'altro e va in acqua", lamenta l'esperto. Alle negligenze di fondo se ne aggiungono anche altre, forse più gravi: in un sondaggio condotto su 1.000 americani è emerso che quasi uno su sei ha ammesso di "fare pipì in piscina" e la maggioranza (68%) ha riferito di non fare sempre la doccia prima di entrare in piscina.

E se la prima è vivamente sconsigliata, la seconda è invece raccomandata.