Piombino, protesta per il rigassificatore: “Così ammazzate pesca e turismo”

I primi a insorgere sono i pescatori: “Getteranno la candeggina nelle acque e ammazzeranno i nostri pesci. Lo Stato dov’è?”

di Cecilia Sandroni
Piombino no rigasificatore
Cronache
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Piombino, la città s’infuria: “Nessun rigassificatore nel nostro porto”

È bastata una sola manifestazione, quella di sabato scorso, di duemila persone raccolte in Piazza Bovio contro il rigassificatore da 170mila metri cubi per accendere i riflettori nazionali su questa cittadina di 30mila abitanti affacciata sul mar Tirreno di fronte all’isola d’Elba. Una cittadina, quella di Piombino, fiaccata da dieci anni di crisi industriale e da una dura lotta contro il raddoppio di una discarica di rifiuti speciali che al momento è solo interrotta. Come interrotti sono i sogni dei piombinesi che, dopo due anni di pandemia, finalmente nel loro porto hanno visto, e vedranno, arrivare le navi da crociera.

Nessuno dice che effetti avrà la Golar Tundra sul futuro dello scalo marittimo piombinese. Quel poco che a Piombino sanno sul nuovo progetto calato dall’alto è che la nave offshore support vessel costruita nel 2015 è lunga 293 metri e larga 44 circa; è stata acquistata da Snam per 330 milioni di dollari ad inizio di questo mese. Si tratta di una nave detta FSRU, unità di stoccaggio e rigassificazione che serve a riportare allo stato gassoso il gas liquefatto, il Gnl trasportato dalle metaniere. Ha una capacità di rigassificazione di 5 miliardi di metri cubi all’anno e da sola potrà contribuire a circa il 6,5% del fabbisogno nazionale, secondo le stesse dichiarazioni di Snam.

A Piombino sanno bene però che il rigassificatore a loro più vicino, quello a largo del porto di Livorno, ha un raggio d’interdizione totale di 2 miglia nautiche (dove è vietata navigazione, ancoraggio, sosta, pesca o qualsiasi altra attività). È da qui è partita la rivolta popolare: perché a Piombino va direttamente in porto? In Italia non esiste nessun impianto simile, all’estero ne esistono ma sono inseriti nei poli petrolchimici.

“Se fossero adottate tutte le misure cautelative previste poco più a nord tutta la città dovrebbe essere evacuata. Invece qui si parla di garantire le attività routinarie di un porto commerciale e turistico con il transito di 3 milioni di passeggeri, turisti per o dall’Elba e per o dalla Sardegna”, commenta un gruppo di partecipanti al comitato no -r rigassificatore.

“Questo progetto è sottoposto alla legge Seveso, quindi per evitare vittime in caso d’incidente – dicono dal Comitato Salute Pubblica di Piombino – il centro e gran parte della periferia della città sarebbe inagibile, compresa la sola strada in entrata ed uscita che abbiamo”.

Il Sindaco di Piombino Francesco Ferrari, uscendo venerdì scorso dall’incontro in Regione per l’illustrazione del progetto di rigassificazione ha espresso la sua forte perplessità sull’avere in porto tale rigassificatore a poche decine di metri da traghetti, in manovra di ormeggio o partenza, che nei mesi di luglio ed agosto eseguono non meno di 120 tratte al giorno. Inoltre, la presenza di un rigassificatore fisso in porto pregiudicherà lo sviluppo di ogni piccola e media impresa già esistente ed ogni nuova attività che avrebbe potuto installarsi sul nostro porto come la Tankoa Yachts, la quale aveva individuato il porto di Piombino per incrementare la propria attività produttiva di superyacht. Da non trascurare che Piombino è sede del primo polo di itticoltura a livello nazionale. Oggi che ci sarebbero tutte le condizioni per una diversificazione dal secolare connubio città-acciaieria, si porta un ingombrante rigassificatore che ben poco darà come posti di lavoro e molto invece impedirà.

Non a caso tra i primi ad insorgere ed a formare il comitato no rigassificatore ci sono proprio i pescatori. I proprietari degli allevamenti di molluschi sostengono, dati alla mano, che i reflui del rigassificatore finendo in mare danneggiano la flora e la fauna marina a causa dell’ipoclorito di sodio, la comune candeggina. La Golar Tundra che il governo ha intenzione di piazzare a Piombino è infatti a “circuito aperto”, ovvero utilizza l’acqua di mare in grandi quantità per riscaldare grandi “termosifoni” e portare il gas liquefatto a temperature tali da trasformarlo in gassoso da incanalare verso i gasdotti terrestri. Per evitare che alghe e microorganismi marini danneggino le tubazioni della nave viene utilizzato appunto ipoclorito di sodio. Il tutto alle porte del Santuario dei Cetacei e di acque protette come il Parco dell’Arcipelago Toscano ed isole tutelate come Giglio, Montecristo e Pianosa.

Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ed il Presidente della Regione Eugenio Giani hanno promesso a Piombino “compensazioni” che vanno dalla realizzazione di una nuova strada per il porto (promessa vecchia di anni) e bonifiche (mai realizzate nel Sin d’interesse nazionale, dovuto alla siderurgia metallurgica).

Dov’era e dov’è lo Stato quando ci sediamo ai tavoli del ministero dello Sviluppo economico neanche un mese fa ci avevano prospettato una commessa milionaria delle Ferrovie dello Stato ed abbiamo visto rapidamente sfumare...”, raccontano un gruppo di operai metalmeccanici.

“Così come forte malumore è presente in città per il progressivo smantellamento dell’ospedale e che quindi per molti versi fa vivere tutta la cittadinanza in una grave incertezza per il futuro. Possibile che i governanti non capiscano che vogliamo almeno vivere in pace sulla nostra terra o dobbiamo invece pensare che ancora una volta il destino di tante persone sia legato alla sfortuna di avere la giusta profondità di un fondale o alla presenza di una diga utilizzabile? Lotteremo per evitare che meri dati tecnici impediscano la ripresa e lo sviluppo di una città che per decenni ha dato molto, con le Acciaieria, alla ricchezza nazionale, pagandone anche in vite e in malattie professionali”, conclude il gruppo di metalmeccanici.