Raoul Bova registra il suo marchio “occhi spaccanti”. L’obiettivo? Frenare la diffusione degli audio virali
Si tratterebbe di una mossa strategica per limitare la diffusione degli audio. Le domande riguardano vari settori: cosmetici, cartoleria, calzature, abbigliamento, prodotti alimentari e alcolici, oltre a servizi di consulenza e di telefonia
Raoul Bova registra il marchio “occhi spaccanti” per fermare la diffusione degli audio virali
Torna al centro del dibattito pubblico il noto attore romano Raul Bova, i cui famosi «occhi spaccanti» potrebbero presto trasformarsi in un brand officiale. Si tratterebbe di una mossa strategica introdotta al fine di limitare la diffusione degli audio, oggetto di ricatto che da settimane alimentano il pettegolezzo mediatico. Secondo alcune informazioni raccolte da Adnkronos, il 5 agosto Raul Bova avrebbe presentato presso l'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi del Ministero delle Imprese e del Made in Italy due richieste di registrazione che riportano le frasi pronunciate nel messaggio vocale inviato alla modella Martina Ceretti, poi diffuso da Fabrizio Corona: «Buongiorno essere speciale, dal sorriso meraviglioso e dagli occhi spaccanti».
Le domande riguardano un'ampia gamma di settori: cosmetici, cartoleria, calzature, abbigliamento, prodotti alimentari e alcolici, oltre a servizi di consulenza e di telefonia. Secondo quanto emerge dal database dell'Uibm il legale rappresentante è l'avvocata Michela Carlo, dello studio Bernardini De Pace. «È semplicemente un modo, come tanti, per far cessare la diffusione dei video», dichiara ai microfoni dell'Adnkronos, rendendo così noti i motivi di tale mossa.
Nel frattempo, secondo quanto trapelato dalla stampa, Bova avrebbe mostrato l’intenzione di avviare un'azione legale contro Ryanair e il Napoli Calcio, che in modo ironico hanno usato gli audio sui social. Intanto, il 6 agosto scorso è stata aperta un'istruttoria da parte del Garante per la protezione dei dati personali «al fine di accertare eventuali violazioni della normativa privacy e delle regole deontologiche dei giornalisti».