"Salis in catene? Ungheria vergognosa dal 2009. Ma nelle carceri italiane..."

I legali della militante valutano il ricorso alla Corte europea. Parla Mauro Palma, ex Garante dei diritti dei detenuti: l'intervista

di Eleonora Perego
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nel tondino a sinistra Ilaria Salis e nel tondino in basso a destra Mauro Palma (ex garante nazionale dirtitti detenuti)
Cronache

Caso Salis, Mauro Palma - ex Garante dei detenuti - ad Affari: "Le catene? Una vergogna dal 2009. Ma le carceri italiane peccano su sovraffollamento e su 'porte girevoli'..."

“Stiamo valutando la possibilità di fare ricorso immediato alla Corte europea di Strasburgo per la violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Una violazione palese, visto come è stata portata con un guinzaglio in aula". Questa l'ultima possibilità avanzata dai legali italiani di Ilaria Salis, la 39enne monzese da quasi un anno detenuta a Budapest.

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Tutti hanno in mente le manette ai polsi, gli schiavettoni alle caviglie e la cintura di cuoio stretta in vita con cui l’attivista è stata condotta a processo, ma forse non tutti conoscono le condizioni delle carceri ungheresi, per le quali il paese di Orban è stato più volte condannato proprio dalla Corte europea di Strasburgo, oltre che dal Comitato per la Prevenzione della Tortura. Ma dato che “quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”, la vicenda di Ilaria Salis potrebbe (e dovrebbe) dare il via a una seria riflessione sulla situazione carceraria italiana. Anche il nostro Paese, infatti, ha avuto e continua ad avere un rapporto abbastanza turbolento con il rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo: basti pensare a quanto sia recente il riconoscimento del diritto all’affettività tra i detenuti da parte della nostra Corte Costituzionale.

Affaritaliani.it ha interpellato Mauro Palma, presidente del Garante nazionale dei diritti dei detenuti fino all'inizio del 2024, e già a capo del Comitato per la Prevenzione della Tortura, per indagare l’attualità dello stato detentivo in Italia e in Ungheria.

Professor Palma, direi che il paese di Orban esce abbastanza male dalla vicenda che riguarda Ilaria Salis… Cosa possiamo insegnare all’Ungheria?

In realtà fare il paragone tra carceri è abbastanza difficile, e spesso è sbagliato. Tuttavia riconosco che rispetto a quello italiano il carcere ungherese ne esce male. Basti pensare che più volte l’Ungheria è stata visitata dal Comitato per la Prevenzione della Tortura di Strasburgo, e più volte sono state individuate delle situazioni totalmente inaccettabili, su cui si è chiesto di rimediare.

Ad esempio?

Beh, la vergogna di quel tipo di manette che abbiamo visto messe ad Ilaria, e la vergogna dell’esposizione in pubblico di una persona ammanettata in quel modo. In generale un uso irragionevole di misure coercitive. Rispetto a questo criterio quasi tutti i paesi a democrazia consolidata in UE sono più avanti. O, qualche anno fa, il caso indegno dell’impiego del lavoro forzato dei detenuti in divisa per costruire un muro di filo spinato finalizzato a rallentare i flussi di immigrati.

La questione degli schiavettoni, poi, era stata sollevata proprio da me nel lontano 2009 alle autorità ungheresi dopo una visita del Comitato per la Prevenzione della Tortura. Questione che non si è mai più risolta, se non nel fatto di renderle meno visibili. Una magra soluzione, che peraltro neppure si è adottata nel caso della Salis. Dopo di allora l’Ungheria restrinse questa usanza nel solo pericolo di fuga, e poi per i soli detenuti ritenuti pericolosi: cosa che fa amaramente sorridere nel caso di Ilaria.

All’Italia però non possiamo recriminare l’utilizzo, quantomeno, di simili torture…

Se è vero che la questione dei mezzi di coercizione all’interno del carcere è stata risolta (da noi le manette sono sostanzialmente vietate, salvo autorizzazione del direttore nell’impellenza di una situazione di fuga), e se è vero che nella traduzione sono utilizzate in modo discreto e limitato, è anche vero che l’Italia deve affrontare ben altre questioni. Noi siamo messi molto male (per conto nostro) rispetto alle condizioni materiali di affollamento: basti pensare che a San Vittore a fronte dei 458 posti regolari disponibili ci sono attualmente 1004 detenuti.

Inoltre, utilizzando il carcere anche per pene molto brevi (attualmente ci sono 1500 persone condannate per meno di un anno di reclusione) si finisce con l’avere persone solo “appoggiate” al carcere. Con tutto ciò che determina sia per la psicologia delle persone sia per il senso di complessiva gestione di un istituto.

Caso Salis, il neo Garante dei detenuti: "Lavoriamo in sede europea"

In data odierna si è poi insediato formalmente il nuovo collegio del Garante nazionale dei diritti dei detenuti (il presidente Maurizio D’Ettore, insieme a Irma Conti e Mario Serio), che subito ha rilasciato una nota ufficiale, a testimonianza della grande attenzione dell'Italia per la vicenda di Ilaria Salis.