Santanchè, Visibilia e il "trucchetto" dell'acquisizione inversa. La perizia

Una perizia svela le modalità anomale con cui la società riuscì ad ottenere la quotazione in Borsa. E spunta la cessione degli Angelucci del 50% nel 2010

Di Redazione Cronache
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Daniela Santanchè
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Caso Santanchè, il giallo della quotazione in Borsa e la perizia che svela le anomale manovre

Emergono nuovi dettagli sull'inchiesta legata alla società Visibilia che rischia di costare non solo il rinvio a giudizio ma anche la poltrona da ministro a Daniela Santanchè. La vicenda viene svelata nella relazione del perito Nicola Pecchiari, docente di contabilità dell ’Università Bocconi e consulente della Procura di Milano nelle indagini per i falsi in bilancio nel gruppo Visibilia. Nella relazione depositata il 25 marzo nelle mani del procuratore aggiunto Laura Pedio: secondo l’analisi, - riporta Il Fatto Quotidiano - la conquista da parte di Santanchè della quotata Pms, poi ribattezzata Visibilia, non sarebbe potuta avvenire nelle modalità con le quali invece andò in porto.

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Pochi imprenditori sarebbero così abili - prosegue Il Fatto - da riuscire a quotare in Borsa a costo zero una loro società. Ma ancor meno sarebbero quelli in grado di farlo grazie a una piccola azienda con i bilanci - secondo quanto emerge da questa perizia e lo riporta Il Fatto - truccati e di fatto già sull’orlo del fallimento. Eppure, secondo Pecchiari è esattamente quello che Daniela Santanchè avrebbe fatto nel 2014. L’operazione, in gergo tecnico un’acquisizione inversa, consentì all’attuale ministro del Turismo del governo Meloni di conquistare una piccola società quotata di pubbliche relazioni, la Pms, apportando come propria quota valutata oltre 2 milioni le testate giornalistiche che sino a pochi mesi prima erano di Visibilia Srl. Ma dalle carte - conclude Il Fatto - emerge anche che Visibilia Srl era stata fondata da Tosinvest, la finanziaria del gruppo Angelucci, con il nome di Adv. Tosinvest poi ne cedette il suo 50% a Santanchè a settembre 2010.