Corinaldo, evaso dal carcere uno dei condannati. Il fratello di una delle vittime della strage: "È una presa in giro"

"Lui va a laurearsi senza controllo, io vivo una vita diversa. Così la dignità delle vittime è calpestata": intervista a Francesco Vitali, che quella notte maledetta del dicembre 2018 ha perso la sorella Benedetta 

di Gabriele Parpiglia
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Corinaldo, intervista esclusiva al fratello di una delle vittime della tragedia della Lanterna Azzurra

Ci sono tragedie che scivolano via dalla memoria collettiva, inghiottite dal tempo e dal flusso incessante delle notizie. Tragedie che riemergono solo quando un fatto di cronaca – come l'evasione di un condannato che approfitta di un permesso per laurearsi – le riporta momentaneamente sotto i riflettori dei media. Giovedì scorso, Andrea Cavallari, uno dei membri della "banda dello spray" responsabile della strage di Corinaldo, è uscito dal carcere della Dozza per discutere la sua tesi in Giurisprudenza.

Si è laureato e poi è sparito, trasformando un permesso premio in una fuga che ha riacceso le luci su quella notte maledetta del dicembre 2018. Ma per chi ha perso una figlia, un fratello, un figlio in quella discoteca, la tragedia della Lanterna Azzurra non è mai cronaca del passato. È un presente che si rinnova ogni mattina, un dolore che non conosce lauree né permessi, che non evade mai dalla prigione del ricordo. E mentre la giustizia concede benefici e la società dimentica, loro rimangono inchiodati a quella notte in cui sei vite si spezzarono per sempre.

Era l'8 dicembre 2018, alla discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo. Durante il concerto di Sfera Ebbasta, alcuni membri della "banda dello spray" spruzzarono spray urticante nella folla per derubare il pubblico. Il panico scatenò una calca mortale: morirono Emma Fabini, Asia Nasoni, Benedetta Vitali, Mattia Orlandi e Daniele Pongetti – tutti tra i 14 e i 16 anni – ed Eleonora Girolimini, 39 anni, madre che accompagnava la figlia. Altri 197 rimasero feriti. "Dal 2018 la mia vita è cambiata perché mia sorella mi ha fatto capire che cosa vuol dire avere la fortuna di vivere la vita, di viverla a pieno", racconta Francesco, fratello di Benedetta, una delle vittime più giovani e nella sua voce c'è il peso di quasi sette anni di convivenza con un vuoto che nessuna sentenza può colmare, nessuna evasione può aggravare più di quanto già non sia.

Francesco oggi ha 26 anni, ne aveva 19 quella sera. Era andato a vedere Juventus-Inter a casa di un amico quando sua sorella Benedetta si stava preparando per andare al concerto di Sfera Ebbasta. "Ci saremmo visti il giorno dopo perché era l'8 dicembre e da noi era tradizione fare l'albero di Natale tutti insieme", ricorda. Le aveva detto, da fratello maggiore premuroso, che anche se avesse fatto tardi, l'indomani mattina c'era quell'impegno familiare che li aspettava. Non sapeva che quello era l'ultimo saluto. "Intorno a mezzanotte ho sentito che era successa questa cosa, inizialmente c'era tanta confusione quindi non si capiva niente. Appenami è stato tutto più chiaro ho deciso di chiamare mia sorella". Ma Benedetta non rispondeva. Le amiche sì, ma erano spaventate. "Avevo la sensazione che loro non mi volessero dire qualcosa".

La corsa contro il tempo iniziò subito: il padre di Francesco andò verso Corinaldo con un amico che conosceva il posto, mentre Francesco tornò a casa dalla madre ad aspettare notizie. "Siamo arrivati a casa intorno a mezzanotte e mezza, e abbiamo saputo della morte di mia sorella intorno alle cinque, quattro e mezza". Il riconoscimento fu straziante. Il padre "non l'ha riconosciuta subito, lei era sotto uno dei sei teli bianchi però aveva il viso un po' tumefatto e c’era anche il fattore psicologico, papà non accettava che sotto quei teli ci fosse mia sorella". Solo dopo che Francesco e la madre descrissero come era vestita, il padre riuscì a identificarla. "Ci ha chiamato e ci ha detto: Benedetta non c'è più".

Dal dolore della perdita è nata una lunga battaglia giudiziaria che Francesco porta avanti con determinazione, nonostante abbia dovuto affrontare un'altra tragedia: la morte della madre nel 2020. "Nel giro di un anno e mezzo ho perso metà della mia famiglia", dice con una lucidità che fa male. La sua analisi del caso è precisa, documentata, rabbiosa nella sua razionalità. "I veri responsabili non sono i ragazzi. I ragazzi hanno fatto questo reato in altre tante discoteche e non è mai successo niente perché se ti trovi in un posto a norma, applichi il piano di emergenza e la situazione la risolvi non in maniera tragica". Il problema, secondo Francesco, è a monte: "Quello non era un locale a norma e non doveva essere aperto. Abbiamo visto le foto delle balaustre che sono crollate, erano avvolte da una pianta rampicante che per fare il tronco ci impiega anni. C'era un tronco di diversi centimetri di diametro attorno alla balaustra. Sotto la pianta rampicante c'era un pilastro che teneva la balaustra che era mangiato dalla ruggine".

La documentazione del locale racconta di "una classica pratica all'italiana": a catasto risultava essere un magazzino agricolo, i documenti si richiamavano l'un l'altro senza esistere davvero. "Una confusione dove non si riesce a ricostruire il filo di tutta la parte documentale di permessi". E la sentenza di primo grado per i "colletti bianchi" della commissione di vigilanza, ha lasciato Francesco profondamente amareggiato: "Li ha praticamente assolti da tutti i reati più gravi e li ha condannati per falso; il giudice ha dichiarato il falso, ma non ha accertato il nesso di causalità tra il falso e la morte di questi sei ragazzi. Se i documenti fossero stati veri, il locale sarebbe stato chiuso e io probabilmente in questo momento sarei qui a parlare con mia sorella". 

La notizia dell'evasione di Cavallari ha riaperto ferite mai rimarginate. "L'ho vissuta come un'ulteriore presa in giro", dice Francesco senza esitazioni. Il paragone che fa è devastante nella sua semplicità: "Io sono andato alla laurea con mio babbo e mio fratello in una condizione normale. Ma per quale motivo lui, che è stato uno dei responsabili della morte di mia sorella, ha dovuto andare a laurearsi senza controllo? Ha iniziato un corso di studi solamente perché era dentro il carcere, probabilmente perché lo avranno obbligato gli avvocati. Ma perché ha dovuto vivere una condizione normale quando invece io, che sono dalla parte opposta, ho dovuto vivere una condizione diversa?". 

La rabbia di Francesco non è solo personale, è il grido di chi vede calpestata la dignità dei morti: "Quando ci sono questi sbagli, queste mancanze di rispetto, la dignità di mia sorella viene calpestata un'altra volta. E quando viene calpestata la dignità di mia sorella, dall'altra parte ci siamo noi familiari. È un colpo al cuore, muovere il coltello dentro una ferita che rimarrà aperta tutta la vita". "Dal 2018 la mia vita è cambiata", continua Francesco. "Mia sorella mi ha fatto capire tantissime cose, in primis che cosa vuol dire avere la fortuna di vivere la vita, di viverla a pieno. Fino al 2018 vivevo la mia vita a pieno senza rendermi conto di quanto fosse importante".

Ma com’è la vita di Francesco, ora? Una strategia di sopravvivenza, caratterizzata dal movimento costante: "Mi sono dedicato a una grandissima quantità di attività variegate tra loro, di modo che mi occupano tutto il tempo possibile. Quando mi fermo, quando sono tranquillo, la testa non è ancora in grado di non fare niente senza pensare a quello che mi è successo". Ma in tutto questo ha anche iniziato un percorso di sensibilizzazione nelle scuole locali sul tema del divertimento in sicurezza. "È molto appagante, perché trovi risposte e riscontri molto positivi da parte dei ragazzi e in un certo senso ti senti capito".  Ma la casa vuota rimane, con la cameretta di Benedetta "rimasta intatta rispetto a quella sera. Ogni volta ci passi davanti e pensi: quanto sarebbe bello avercela e poterci parlare".

Il messaggio finale di Francesco è un invito alla vita, paradossalmente nato dalla morte: "Direi di vivere appieno la vita, di stare sempre dalla parte del giusto, di essere coerenti con sé stessi e soprattutto di avere a cuore quanto davvero è grande la fortuna di poter vivere la vita e di poter vivere la propria quotidianità nel migliore dei modi". Il suo è un appello a non dare per scontato "i momenti tra virgolette normali": "Dare il buongiorno o fare colazione con tutta la famiglia, fare una vacanza, fare una domenica al mare tutti insieme. Tutte cose che a me sono state tolte troppo presto. Chi ha la fortuna di viverle è bene che le viva, è bene che si diverta e soprattutto è bene che ci pensi e che sia consapevole di questo tesoro che ha tra le mani". 

Mentre Andrea Cavallari è ancora latitante e ricercato dalle forze dell'ordine, Francesco continua la sua battaglia per la verità e per la dignità di Benedetta e delle altre vittime. Una battaglia che non conosce evasioni, che non si laurea mai, che non finisce con le sentenze. Perché il dolore di chi resta ha una sola certezza: dura per sempre.

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