Tokyo 2020, nello sport l'identità di genere voluta dal ddl Zan è impossibile

Tokyo 2020, transgender per la prima volta a una competizione femminile. E' polemica

di Vincenzo Caccioppoli
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Cronache
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Tutto è pronto per l’ inizio dei Giochi olimpici di Tokyo i più tormentati della storia, a causa della pandemia. Molte sono le incognite che gli organizzatori devono affrontare per riuscire a portare avanti la gestione di una difficilissima manifestazione. Ma tra contagi e defezioni di atleti e sponsor, questi giochi potrebbero essere ricordati non solo per la pandemia che costringerà gli atleti a gareggiare di fronte a spalti desolatamente vuoti questi Giochi potrebbero anche essere ricordati per un altro primato che nulla a che fare con Covid e contagi. Stiamo parlando infatti, della probabile partecipazione, per la prima volta nella storia, di un’atleta transgender ad una competizione femminile, la sollevatrice di pesi neozelandese  Lauren Hubbard. Nata come uomo, col nome di Gavin, prima della transizione avvenuta 13 anni fa, non aveva mai gareggiato a livello internazionale. Nel 2017 ha vinto l’argento ai campionati del mondo e nel 2018 ha conquistato l’oro ai Giochi del Commonwealth. Alle Olimpiadi quindi la Hubbard ha ottime chance di conquistare una medaglia, nonostante l’età avanzata.

Ma come era facile prevedere questa scelta ha già suscitato molte polemiche fra le atlete donne, che dovranno misurarsi con lei. Tra le più critiche si sono fatti notare la nuotatrice Sharron Davies e il campione di decathlon Daley Thompson. La Davies ha scritto,infatti, su Twitter che ci sono gare separate tra uomini e donne per “una grande ragione”. Ha aggiunto che “la biologia nello sport è importante” e le categorie separate dal sesso offrono alle donne “pari opportunità di successo sportivo”.

Ma questi non sono casi isolati, considerando che in molte competizioni sia negli Stati Uniti che in altri paesi viene concesso a persone transgender di partecipare a competizioni con le donne. Ecco allora che anche nel nostro paese, in questi giorni di battaglia sul Ddl Zan in parlamento, si discute di discriminazione di genere in molti campi, compreso quello sportivo. Il senatore Giovanbattista Fazzolari di Fratelli d’Italia, per esempio, ha presentato Mercoledì scorso, un emendamento ad hoc che ponga seri limiti  alla partecipazione dei transgender a manifestazioni sportive femminili, proprio e soprattutto tutela della equità e della correttezza della gare stesse.

Il fatto che secondo i dettami della nuova legge un uomo che si sente donna ipoteticamente potrebbe anche partecipare a gare femminili si capisce bene come questo possa comportare serie problematiche sia organizzative che di equità nella contesa. A parte le evidenze empiriche sulla diversità strutturale e quindi di resistenza e forza fisica fra uomo e donna, diverse ricerche scientifiche hanno dimostrato come i livelli di testosterone maggiori nell’uomo, al di là della muscolatura e della corporatura differente, determinino un netto vantaggio competitivo del sesso maschile su quello femminile nelle competizioni sportive"Il ddl Zan introduce il concetto di genere sessuale autopercepito che prescinde dal sesso biologico- si legge nel testo dell’emendamento presentato dal senatore meloniano-.

Analoghe leggi in altri Stati hanno aperto alla possibilità che uomini transessuali, o che si percepiscono come donne, possano gareggiare contro le donne nelle competizioni sportive. Anche in quelle di contatto come il rugby, il pugilato, le arti marziali. Situazione che porterebbe alla fine dello sport femminile. Per questo Fratelli d’Italia ha presentato un emendamento, a mia prima firma, per tutelare le atlete e lo sport femminile. In particolare l’emendamento prevede che: 'al fine di garantire l'incolumità e la sicurezza fisica degli atleti ed il corretto spirito agonistico, è consentito alle associazioni sportive, alle federazioni ed agli enti di promozione sportiva di organizzare competizioni riservate ad atlete di sesso femminile come risultante dal certificato di nascita'. Una norma di buon senso che ci auguriamo sia sostenuta da tutte le forze politiche".

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Al momento il CIO ha stabilito che per essere ammesse ad una gara femminile, le transessuali devono avere un livello di testosterone (l’ormone maschile) inferiore a 10 nanomoli per litro. Nel caso il loro fisico ne produca di più, per l’ok serve l’intervento dei medicinali che, ovviamente sotto stretto controllo medico, facciano rientrare il rapporto nei limiti consentiti. Una questione spinosa che ha suscitato molte polemiche, soprattutto da chi sostiene che alterare i valori naturali attraverso dei farmaci possa essere pericoloso per la salute delle atlete. Il famoso articolo 4 del Ddl Zan potrebbe determinare come  un potenziale reato quello di discriminare anche solo a livello sportivo un transgender che volesse partecipare ad una gara sportiva femminile.

La nuotatrice ex campionessa olimpica britannica Sharron Davies, vincitrice di un argento alle Olimpiadi di Mosca nel 1980,  ha scatenato polemiche per un suo tweet in cui ha affermato che “Non ho nulla contro chi vuole diventare transgender. Tuttavia, credo ci sia una differenza fondamentale tra il sesso con cui nasciamo e quello in cui ci si identifica. Per proteggere lo sport femminile, le donne avvantaggiate da una nascita di sesso maschile non dovrebbero competere”.

D’altra parte un saggio scientifico pubblicato dalla Oxford Academic all’interno di Endocrine Reviews, pubblicata nel 2018, “Circulating Testosterone as the Hormonal Basis of Sex Differences in Athletic Performance”, dimostra che “prima della pubertà non c’è differenza né nella concentrazione di testosterone né nella performance atletica. Dalla pubertà maschile in poi, la differenza sessuale nella performance emerge perché le concentrazioni di testosterone in circolo aumentano fino a 30 volte rispetto a quelle presenti prima della pubertà, risultando in una concentrazione dalle 15 alle 20 volte superiore a quella dei bambini e delle donne in qualsiasi età. Questa grande differenza nella concentrazione di testosterone è il chiaro responso che la massa muscolare ha rispetto alla dose di ormoni, come anche il livello di emoglobina, chiarisce come le differenze sessuali abbiano impatto nella performance atletica”.

Insomma come dire che ovviamente la competizione, soprattutto in determinati sport di contatto, come il pugilato, il rugby le arti marziali, il sollevamento pesi,  ma anche molte delle discipline di atletica leggera, rischierebbe di essere fortemente squilibrata. «Le atlete transgender, la cui pubertà e il cui sviluppo è stato influenzato dal testosterone, sono più forti dal 25% al 50%, sono il 30% più potenti, il 40% più pesanti e circa il 15% più veloci», sono i dati emersi da un secondo studio sul tema della Università di Portland nel 2019 . “La legge Zan rischia di creare delle profonde ingiustizie anche a livello sportivo proprio a discapito del genere e del sesso, cosa che invece sulla carta vorrebbe tutelare.

Secondo il ddl Zan la differenza biologica non esiste più, ma esisterebbe solo il percepito, nel senso che se io mi sento donna, devo essere considerato a tutti gli effetti tale, anche se sono biologicamente un uomo. E’ una pura follia che può produrre storture e iniquità come quella da me denunciata”. Insomma la sinistra in nome della libertà e della uguaglianza rischia come spesso accade di ottenere esattamente l’ effetto contrario.