Dopo Leone XIII e il vino alla cocaina che lo "fece vivere" fino a 93 anni, anche Pizzaballa verso un papato da record?

È cambiata, la Chiesa. Sono cambiati i suoi uomini, soprattutto, perché oggi superare l’ottantina in discreta salute non è affatto un’eccezione

Di Antonino D’Anna

Pizzaballapatriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa

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I bizzarri vizi di Papa Leone XIII (che lo fecero vivere fino a 93 anni)

Il Papa beveva vino e coca. No no, non Francesco: era Leone XIII, ossia Gioacchino Pecci, che fu Papa dal 1878 al 1903. Il Pontefice che fino a Benedetto XVI (morto a 95 anni compiuti) ha avuto la vita più lunga (93 anni), ha anche avuto il terzo pontificato più lungo, primo quello di San Pietro; secondo, invece, Karol Wojtyla, ossia Giovanni Paolo II.

E adesso, con le carte che sembrano rimescolarsi in Conclave (giorno dopo giorno non mancano polemiche ed attacchi), potrebbe esserci un altro lungo Papato: quello di Pierbattista Pizzaballa, roccioso francescano bergamasco che ha appena compiuto 60 anni il 21 aprile scorso e attualmente Patriarca di Gerusalemme. La sua elezione significherebbe un regno ampiamente in grado di portarci all’Anno Santo 2050, quando di candeline Pizzaballa ne spegnerà ben 85 (e chissà quante altre ancora visto l’allungarsi della vita).

È cambiata, la Chiesa. Sono cambiati i suoi uomini, soprattutto, perché oggi superare l’ottantina in discreta salute non è affatto un’eccezione: Benedetto XVI fu eletto a 78 anni, Francesco a 76, ed entrambi hanno regnato in buone condizioni di salute (il primo, peraltro, dopo le dimissioni è arrivato a tarda età). Un Papa sessantenne, oggi, significherebbe un altro papato da record per la durata: anche se, quando si arriva sulla novantina, le cose si complicano.

Papa Pecci, il primo ad apparire al cinema e non solo

Prendiamo il caso di Leone XIII, che da novantenne regnava eccome. Malgrado l’età, alla fine dell’800 era apparso in un breve filmato e aveva persino registrato la sua voce mentre salmodiava il Pater noster. Una voce gioviale, profonda: trovate tutto su Youtube. E beveva vino e coca: d’accordo, la cosa fa ridere ma alla fine dell’800 il Vino Mariani era un prodotto che faceva molto figo.

Si trattava di un vino additivato con la cocaina in piccole dosi, inventato nel 1863 da un imprenditore corso di nome Angelo Mariani, il quale aveva provato la polverina su di sé. Era rimasto estasiato: la coca “possiede la preziosissima qualità di eccitare il sistema nervoso e di farci godere, con la sua fantasmagoria, uno dei maggiori piaceri della vita”.

Lo bevevano lo Zar, Jules Verne, Emile Zola, Adelina Patti… e Leone XIII che diede una medaglia d’oro a Mariani definendolo benefattore dell’umanità. Lo raccontava, nel 1980, Giancarlo Arnao in un libro edito da Feltrinelli, “Cocaina – Storia effetti cultura esperienza” (su eBay lo trovate ancora a pochi euro).

Persino il Generale Ulysses Grant dirà di essere riuscito a terminare le sue memorie grazie al vino “additivato”, diciamo così. Trovandosi facendo, Leone XIII raccomandò il Vino Mariani per le Messe cantate (L. Gallimberti, Morire di piacere, BUR Saggi, 2012): era fatto con 60 grammi di foglie di coca del Perù in un litro di fine Bordeaux per 10 ore.

Significa, ha scritto Luca Di Francia nel suo “l perfetto barman: Tecniche e preparazioni di miscelazione avanzata”: “Un bicchiere poteva contenere meno di 25-50 mg di cocaina, che ingerita per via orale aveva un’azione assai modesta (idrolizzandosi in composti non psicoattivi), anche se studi recenti hanno dimostrato che assumere vino insieme alla cocaina sviluppa un composto chiamato cocaetilene che potenzia di molto l’effetto di una stessa dose di alcaloide presa per bocca da sola”.

Insomma, Leone XIII non beveva il Vino Mariani e spaccava specchi con un pugno o delirava: semplicemente gli faceva da tonico. E questo vino esiste ancora, anche se le foglie di coca sono distillate e dunque legali, perché una volta distillate le foglie di coca perdono le proprietà psicotrope. Peraltro, ora, lo fanno col Vermentino.

Viveva sempre nella stanza da letto

E allora come governa un Papa novantenne? Domenica 21 luglio 1901 l’Italia boccheggia dal caldo: quel mattino La Stampa esce con un pezzo ripreso da Le Figaro che racconta la giornata papale: intanto, Papa Pecci mangia poco. Già mangiava pochissimo da giovane, in età avanzata ancora meno: “Non avendo più denti, e il suo stomaco, che non è mai stato fortissimo, digerendo con qualche pena (…). Alla mattina il suo fido domestico, Centra, gli porta sopra un vassoio del latte, del cioccolato, e due uova al guscio: il Santo Padre sceglie quello che gli talenta”.

Pranzo? “Un brodo o una minestra, base principale del suo nutrimento; il resto si compone di piccole polpette di carne triturata, di pollo ugualmente triturato, d’uova, di legumi molto cotti, e di frutta molto matura. Niente caffè, d’ordinario. Quanto al vino, il Papa ne beve poco, ma eccellente. È un vino rosso che gli forniscono le monache di Bordeaux: egli lo allunga, a guida d’acqua, con un po’ di vino bianco di Grottaferrata”. Vino di Bordeaux, probabilmente il Vino Mariani.

Mangia pochissimo, papa Pecci: “Quello ch’egli mangia non basterebbe a un bambino di sei anni. Ma la tovaglia e la salvietta sono molto macchiate. Si perdoni questo particolare: ma è troppo naturale che alla sua età Leone XIII non abbia più la mano tanto sicura. Gli accade spesso di versare fuori del bicchiere; quando beve egli alza il bicchiere al livello della fronte prima di recarlo alle labbra. Questo gesto è forse l’accompagnamento di una preghiera o proviene dall’abitudine di innalzare il calice”.

Le sgridate e il tabacco

Vista l’età: “Il Papa passa la giornata nella sua camera da letto: vi lavora, mangia e dà le udienze ordinarie. La stanza è divisa in due da una tenda che nasconde il letto. Presso la tenda, o addossata alla prete è la poltrona famigliare di Leone XIII, a portata di mano una piccola tavola quadrata che non ha più di 60 centimetri di lato (…) a questa minuscola tavola il Papa mangia e scrive… quando lo può (…) perché la sua mano non è più ferma: firma appena. Ma, in compenso, detta molto e il resto del tempo legge”.

Con la servitù si muove con fermezza, “vuole essere servito prontamente e bene e al bisogno lo fa sentire. Ultimamente monsignor Angeli, suo segretario particolare (…) si sentiva dire dal Papa davanti tutto il personale dell’anticamera: ‘Ma Monsignore, dove avevate la testa quando avete scritto questa lettera? Non avete capito assolutamente niente di quanto vi avevo detto...’”.

Conversazioni “calme e brevi”: ad un visitatore del tempo il Papa apparirà “ancora con una certa freschezza, ma incapace di prendere alcuna decisione”. Piccolo piacere quotidiano: tabacco da fiuto. Ne ama uno di tipo spagnolo e si soffia il naso con fazzoletti gialli o rossi poi affidati alle suore Riparatrici che gli curano pure il vestiario. Una curiosità: a Leone XIII seccava farsi la barba e, se poteva, evitava. Ma Centra, il suo maggiordomo, alla fine la spuntava. Ora pensate un anziano quasi novantenne degli anni 2050…

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