Chi è il filosofo? Digressioni fenomenologiche

La figura del filosofo non va idolatrata né messa alla gogna semmai dovrebbe costituire una ricchezza accanto ad altre che conducono l’umano al pensiero critico

di Alessandra Peluso
Culture
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In questa epoca di pandemia sono tornati in tv i filosofi. Ma chi sono?

Appare coperto da una nebulosa questo nome che equivale a un concetto e comprende la Storia, quella della nascita del pensiero: dal Mito ai giorni nostri. Ma, nonostante i millenni intercorsi finanche nel 2021 sembra non si comprenda chiaramente chi sia il filosofo.

E questo fa parte di quella mancanza di punti di riferimento, di ruoli, di figure scompaginate a causa di politiche errate, di una scarsa educazione e formazione, nonché di ignoranza. Sarebbe pressoché semplice prendere uno dei tanti manuali di filosofia per comprenderlo: capisco che sia un gesto che richieda impegno, sacrificio, ma per sciogliere i dubbi basterebbe leggere. E poi? Leggere.

Perché i grandi insegnano anche che la lettura è un atto di coscienza e consapevolezza critica da assumere, si legge per affondare la propria coscienza in quella altrui, non per far ruotare gli occhi e farli correre da un rigo all’altro prima di voltare pagina, che anche questo è un gesto, a mio parer, catartico e singolare.

Provo a sciogliere - per quanto possa essere possibile con i miei strumenti e le mie competenze - il nodo gordiano che a tratti sembra configurarsi attorno al filosofo. Talvolta sembra che sia attuata la consueta strategia che consiste nell’accerchiare per isolare e successivamente condannare. Drammatico. Tragico. La “tragicità della cultura”, afferma Georg Simmel. Le parole e la comunicazione sono essenziali e dovrebbero essere misurate, la misura: l’aurea mediocritas o medietas appartenente alla cultura greco-romana.


 

La figura del filosofo non va idolatrata né messa alla gogna, semmai dovrebbe costituire una ricchezza accanto ad altre essenziali che conducono l’umano al pensiero critico e responsabile, e anche su questo concetto si sono consumati fiumi d’inchiostro e di esistenze. Per giungere a un pensiero critico e responsabile un valido aiuto potrebbe essere rappresentato proprio dal filosofo, che in passato par excellence era Aristotele; mentre nel contemporaneo ci sono validi esempi che seguiti con rigore critico risultano essenziali alla crescita intellettuale di ciascuno. 

Il filosofo non è una figura accomodante. Non è la madre che protegge. Non è il padre che ti dice dove andare. Il filosofo è colui che provoca un enorme fastidio. È colui che spaventa. È colui che infonde dubbi e soprattutto è colui che fa emergere l’essenza, le verità nascoste nelle profondità dell’anima di ogni individuo. L’emblema del filosofo è Socrate: un tafano, una levatrice, colui che “paralizza e intorpidisce al contatto”, come una torpedine. Puntualizza Hannah Arendt: «egli sa come pungolare i cittadini che, senza di lui, continuerebbero indisturbati a dormire per il resto della loro vita a meno che non sopraggiunga qualcuno a destarli». Al riguardo, risuona l’espressione di un altro grande filosofo della vita, Jankélévitich: «Non bisogna dormire di questi tempi».

Il filosofo rompe… gli schemi. In questo periodo endemico nei media spesso e sui giornali sono comparsi i filosofi come se fossero stati ripescati dal baule della nonna, mi spiego, si lascia credere - o ancor meglio l’ho pensato - come se non siano stati mai interpellati, si dice sì che sono importanti, sappiamo che ci sono come gli intellettuali, ma si son tenuti lì conservati.

Naturalmente  si tratta di una provocazione poiché la filosofia esiste da sempre, ovvero da quando esiste il problema dell’umano nella polis, così come i filosofi. Lo stesso effetto è stato provocato nel momento in cui si sono appalesate altre figure in ambito scientifico. Filosofia e scienza. Una genealogia complessa. Un legame fondamentale. Questione onerosa quella di intrecciare sapere scientifico e umanistico perché si trasmetta una conoscenza chiara, nitida a chi ascolta.

Le due culture: un importante, ma difficile connubio. Domina il caos: molteplici opinioni certamente autorevoli che però appaiono opinioni soggettive accanto al pulviscolo di commenti dei talk-show. Desolante. La comunicazione mediatica se non filtrata genera confusione. Attenzione: non dubbi. Il dubbio è lecito. Il dubbio quando nasce da una mente pensante, quando si esercita la facoltà del pensiero è giustificato. Dubito ergo sum.

Complicato avere delle certezze assolute, perfino fuorviante, perché l’idea potrebbe scaturire in ideologia e quest’ultima in un pensiero unico. Sappiamo. Lo scandalo del pensiero consiste dal punto di vista comune che da pieno di significato “si dissolve non appena si voglia applicarlo alla vita di tutti i giorni. Quando la communis opinio si impadronisce dei concetti, cioè delle manifestazioni del pensiero nel linguaggio quotidiano, quando comincia a manipolarli come se si trattasse dei risultati di un sapere, la conclusione può essere una soltanto: la dimostrazione palese che nessun uomo è sapiente” (H. Arendt).

In altre parole, “pensare vuol dire che ogni volta che ci troviamo di fronte a qualche difficoltà nella vita siamo costretti a decidere ripartendo da zero”. Un insegnamento dato da un’autorevole filosofa che spiega anche con evidenza che la filosofia non è solo pensiero ma è “pensiero agito”, è pensiero e azione e dunque, è filosofia e politica. Mondi che per lei caratterizzano l’umano, per noi contemporanei (solo a noi stessi) sono contrapposti.


 

Ma allora chi è il filosofo? È colui che insinua il dubbio per far emergere delle verità, per permettere di edificare le personalità, per garantire il dialogo e costruire un incontro che non deve esserci necessariamente tra soggetti concordanti, ma la diversità di culture, di generi, di popoli, in una sola parola “interculturale” comporterebbe ciò che è virtù rara la conversazione, il dialogare senza offendersi facendo agire il proprio pensiero critico e responsabile. O ancora il filosofo è per caso un visionario? È lungimirante.

È colui che vede dove i più non volgono lo sguardo. É il folle. L’incompreso. Nietzsche. Colui che ha insegnato attraverso la propria esistenza a ricercare l’uomo, a trovarlo, ecce homo, e a essere tacciato di follia e di un estremismo totalitario proprio a causa di un’assenza di pensiero critico e di un abuso ideologico che ha ignorato i Sé avvantaggiando un unico Io. 

I filosofi si ascoltano, si ri-pensano, si leggono, si studiano, per comprendere l’umano e possedere delle chiavi di lettura per saggiare le relazioni, la vita, la “casa” in cui viviamo: il pianeta (per quel che ne rimane!).

A tal proposito, ne cito soltanto alcuni senza voler trascurarne altri: Remo Bodei, Laura Boella, Eugenio Borgna, Massimo Cacciari, Antonio De Simone, Donatella Di Cesare, Umberto Galimberti, Nuccio Ordine, Emanuele Severino, Carlo Sini, Gianni Vattimo, Salvatore Veca, Massimo Recalcati, ecc., oltre a una folta schiera di filosofi stranieri, l’elenco risulterebbe copioso, uno fra tutti Jürgen Habermas, che alla sottoscritta hanno insegnato molto e che, parafrasando Kant dopo le letture di Hume, mi hanno svegliato dal sonno dogmatico della ragione.

D’altronde, il sommo Filosofo, Dante Alighieri, rimarca nelle sue opere la necessità della filosofia: “La filosofia è considerata come un rapporto d’amore reciproco tra anima e saggezza”  dopo un percorso intriso di conflitti, di lotte, di gioie, di dolori, di impegni, di sacrifici, di studio costante, e “la conoscenza, la speculazione filosofica è tra gli scopi il più elevato e il migliore, cui il bene divino ci ha chiamato all’esistenza”.

Inferno. Purgatorio. Paradiso. Ora, può esserci ancora qualcuno che si chieda “il perché dei classici?” Sì. C’è e ci sarà. Perché fa comodo così. Ma la comodità, l’abitudine comportano l’annullamento del pensiero scomodo che conduce gli altri a pensare e ad agire al posto nostro e che danno vita a quel che Bodei definisce “pensieri ciechi” affidati alle macchine e all’“Intelligenza artificiale”, per inciso alle attuali tecnologie che spersonalizzano l’umano dal suo essere uomo. Della sua umanità.

Ecco la permanente esigenza dell’Educazione, della Bildung, e di un adeguato iter formativo che permetta l’abbattimento di un altro sensus communis estremamente limitativo, vale a dire che il filosofo abbia quale sbocco professionale l’insegnamento dei sapéri filosofici, quando si può cogliere che la filosofia è libero pensiero. La filosofia non serve, per questo è libera.

Il filosofo pratica l’esercizio del pensiero critico della libertà, dispone alla vita, non trasmette nozioni filosofiche. Ma questa è Storia. Un’altra storia che si può rilevare leggendo, se solo si è animati da curiosità, stupore, meraviglia per la conoscenza. Filosofia: stupor mundi. Nel frattempo, la nottola di Minerva spicca il volo sul far del crepuscolo e la talpa continua a scavare.