KUM! Festival 2025: una Cittadella della Cura tra Pensiero, Arte e Umanità
Oltre 7.000 presenze per il KUM! Festival, con più di venti eventi e relatori provenienti da tutta Europa
Lo scorso fine settimana di ottobre la città di Pesaro ha accolto con entusiasmo la IX edizione di KUM! Festival – Cantieri | Salute, appuntamento ormai imprescindibile nel panorama culturale italiano, ideato e diretto dallo psicoanalista Massimo Recalcati e coordinato scientificamente da Federico Leoni. Il tema scelto per quest’anno, Avere cura, ha tracciato il solco entro cui si sono sviluppati oltre 20 eventi distribuiti in tre giorni, coinvolgendo più di 30 relatori di caratura nazionale e internazionale: filosofi, psicoanalisti, medici, teologi, scrittori, scienziati e artisti.
Con oltre 7.000 presenze, il festival ha confermato la sua capacità di generare pensiero e confronto su tematiche fondamentali per il nostro presente. Un pubblico variegato accorso da tutta Italia, specialmente da Milano, Roma, Bologna, Veneto e Puglia, ha affollato le tre sedi del centro storico: l’Auditorium Scavolini, il Cinema Astra e la Sala Pallerini di Palazzo Gradari, trasformando Pesaro in una vera e propria cittadella della cura.
Il leitmotiv Avere cura è stato declinato attraverso lenti molteplici: mediche, filosofiche, artistiche, psicoanalitiche e tecnologiche. “Avere cura – spiegano Recalcati e Leoni – significa appassionarsi all’esigenza particolare, al bisogno invisibile, evitando ogni forma di standardizzazione e rigidità”. Un approccio che ha trovato riscontro nei dialoghi, nelle lectio magistralis, negli spettacoli e persino nella selezione dei libri curata da Librerie Coop e ospitata nella corte di Palazzo Gradari, cuore pulsante del festival.
Due sono stati i momenti che hanno visto protagonista Recalcati nelle lectio magistralis più attese. La prima sabato mattina, intitolata La lezione di Freud, ha cercato di riepilogare i sei punti fondamentali che lo studio di Freud, sebbene per certi versi possa essere considerato superato oggi, ci ha lasciato in eredità di prezioso. Un intervento denso, che ha ribaltato la visione consueta del benessere portando il pubblico a interrogarsi sul ruolo dell’Es, sulla salute del desiderio, sull’impossibilità di tracciare confini netti tra il normale e l’anormale.
“L’interpretazione dei sogni è un’opera senza precedenti, perché per la prima volta uno scienziato ha realizzato una teoria su un qualcosa di completamente nuovo per l’epoca – ha spiegato Recalcati, spingendo il pubblico a contestualizzare gli scritti di Freud nel suo tempo – Costruì un modello teorico molto raffinato a partire dai suoi sogni. Sono poche le opere precedenti che si possono in qualche modo relazionare a questo libro; forse solo Le confessioni di Sant’Agostino, dove un vescovo parla delle sue visioni notturne, dei suoi tormenti, e si mette a nudo”.
Nel trattare anche i temi della crescita, della sessualità e della famiglia Recalcati non ha potuto fare a meno di menzionare il celebre complesso di Edipo, cercando di spiegarne il significato profondo e il legame che esso ha con il presente. Non è mancata una frecciatina a una certa visione della società: “Qualcuno al Governo vuole farci pensare che una famiglia sia sana e funzionale quando c’è una madre e un padre. Mi piacerebbe invitare queste persone nel mio studio e far ascoltare loro cosa fanno tanti di questi genitori in realtà. Come se bastasse essere un uomo e una donna per dare amore e serenità ai propri figli”.
La seconda lectio, in chiusura domenica pomeriggio, ha affrontato il tema cruciale dell’umanizzazione delle cure. In un mondo sempre più votato all’efficienza e alla spersonalizzazione, Recalcati ha ricordato che “non c’è cura se non dell’uno per uno”, richiamando l’importanza di un’etica della singolarità e della responsabilità.
L’apertura è stata affidata al confronto tra Marco Cappato e l’arcivescovo Vincenzo Paglia, che hanno discusso di cura, diritto e libertà, mettendo in luce le fratture etiche e giuridiche che attraversano la nostra società.
A seguire, al Cinema Astra il dialogo tra gli psicoanalisti Aldo Becce e Cristiana Fanelli ha portato il pubblico a riflettere sull’insostenibile leggerezza dell’essere nella società post-umana.
In chiusura, il regista Giorgio Diritti ha discusso con Andrea Bellavita il concetto di cinema come cura, attraversando il proprio percorso filmico tra alterità, memoria e fragilità.
Sabato 18 ottobre è stata una giornata intensa e articolata. La mattina si è aperta con Stefano Bettera e Walter Siti, che hanno messo a tema la speranza e la disperazione nel nostro tempo, mentre in parallelo Paolo Marasca e Marco Bentivogli riflettevano sul senso del lavoro ben fatto.
Tra i momenti più significativi, il dibattito La vita che cura la vita ha unito le voci del poeta Valerio Magrelli, della scienziata Alessandra Brescianini, dell’etico dell’intelligenza artificiale Marcello Ienca e dello studioso di AI Vito Trianni, in un confronto tra poesia, biotecnologia e futuro.
Nel pomeriggio la lectio di Maria Vittoria Baravelli ha evocato l’arte come spazio di cura e memoria: da Monet a Kusama, da Van Gogh a Bourgeois, l’opera d’arte si fa discorso bello, incantesimo socratico.
Federico Leoni, con il suo ritratto di Bruno Latour, ha offerto una mappa concettuale per comprendere le trasformazioni della modernità, mentre Giorgio Vasta, con la sua Memorietta della cura, ha tracciato un diario intimo e poetico sul prendersi cura.
Infine, Franco Arminio ha chiuso la giornata con La grazia della fragilità, un reading teatrale in cui la parola poetica si è fatta cura, balsamo, resistenza mite alle ferite del presente.
Domenica 19 ottobre è stata la giornata conclusiva e ha avuto inizio con Rocco Ronchi e il suo ritratto di Ivan Illich, pensatore radicale della salute come forma di salvezza. In parallelo, Chiara Matteini ha esplorato l’opera di Jean-Bertrand Pontalis, custode dell’invisibile.
Tra gli eventi più emozionanti, l’incontro La parola che cura ha visto protagonista la scrittrice Donatella Di Pietrantonio, che ha raccontato il potere della narrazione come forma di salvezza e continuità interiore.
Nel pomeriggio Riccardo Panattoni ha condotto un viaggio attraverso lo sguardo silenzioso di Luigi Ghirri, mentre Don Luigi Epicoco ha sollevato una riflessione spirituale e filosofica sul significato della cura e Mario Colucci ha delineato il pensiero vivo di Franco Basaglia, intellettuale delle pratiche e delle rivoluzioni psichiatriche.
Il festival è promosso da MOLO ETS, con il sostegno del Comune di Pesaro, e il contributo di AMGEN, Coop Alleanza 3.0, Lancia Srl, Unione Buddhista Italiana e Fondazione Seragnoli. Ha ottenuto il patrocinio della Rete Italiana Città Sane OMS, dell’Ente Nazionale Sordi, di Assofarm, degli Ordini degli Psicologi e degli Assistenti Sociali delle Marche, degli Atenei di Urbino e Camerino, nonché della Provincia di Pesaro Urbino.
Spiccano le collaborazioni con Pesaro Biblioteche, che ha prodotto bibliografie tematiche in dialogo con il programma, e con Le Voci dei Libri, realtà di promozione della lettura ad alta voce, protagoniste della storica sezione Ritratti.
Non da ultimo, va segnalata l’attenzione all’accessibilità, con eventi tradotti in LIS e il progetto KUMCard, che ha garantito contenuti esclusivi, kit dedicati e prenotazioni privilegiate.
Il sito ufficiale ha registrato oltre 10.000 visualizzazioni, con 9.750 nuovi utenti in un solo mese. Sui social si sono contate più di 300.000 visualizzazioni in tre giorni, a conferma della risonanza di un evento che non si esaurisce nel tempo presente, ma continua a parlare attraverso l’archivio digitale – 25 ore di nuove registrazioni saranno a breve disponibili su YouTube e Spotify.
L’edizione 2025 si chiude con la promessa di un ritorno ancora più ricco: il decennale di KUM!. Un traguardo che testimonia la vitalità di un festival capace di far dialogare pensiero e vita, teoria e esperienza, individuo e collettività. Perché, come insegna Recalcati, avere cura è il gesto più politico, più umano, più necessario del nostro tempo.