Violenze, ricatti e abusi nel mondo dello spettacolo: la campagna di denuncia

Un vaso di Pandora scoperchiato la campagna #apriamolestanzedibarbablù contro la violenza e gli abusi sessuali nel mondo dello spettacolo del collettivo Amlet_a

di Francesco Bertolucci
Culture
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Il collettivo Amlet_a ha lanciato una campagna per raccogliere le denunce contro gli abusi e la violenza nel mondo dello spettacolo. E in pochi giorni, è boom di segnalazioni: “Un problema che ha delle dimensioni allarmanti”

La violenza dove non ti aspetti. Ha letteralmente scoperchiato il vaso di Pandora la campagna #apriamolestanzedibarbablù contro la violenza e gli abusi sessuali nel mondo dello spettacolo  lanciata dall'associazione Amlet_a.

In pochi giorni e quotidianamente, l'indirizzo email osservatoria.amleta@gmail.com e la pagina Facebook Amlet_a del collettivo di attrici - nato nel 2020 per evidenziare e contrastare il divario e le discriminazioni di genere nel mondo dello spettacolo - hanno raccolto decine e decine di testimonianze.

Da esplicite proposte sessuali a palpeggiamenti passando per atti intimidatori legati alla sfera lavorativa se non si fossero accettate determinate avances, le storie che vi si trovano descrivono un mondo di miseria umana.

Anche il mondo artistico italiano, che i più potevano pensare estraneo a queste vicende, ha dunque un grosso problema con la parità di genere e la violenza sulle donne. Dopo anni di silenzi, la bolla in cui tutto era stato rinchiuso, si è rotta. Una delle referenti del collettivo, l'attrice e autrice Cinzia Spanò, ci spiega la loro iniziativa. 
 
Quando avete lanciato questa campagna, avevate idea che potesse essere così grande questo problema?

Non ci aspettavamo che emergesse tutto questo. La campagna è partita da poco più di una settimana e ogni giorno decine e decine di colleghe e colleghi denunciano anonimamente sulla nostra pagina social. Sapevamo che la violenza, gli abusi sono molto pervasivi nel nostro ambiente per tutta una serie di peculiarità che sono legate alla nostra professione.

Nel senso che le attrici così come gli attori lavorano con il corpo e spesso i confini tra quello che è lecito e non è lecito sono molto sfumati, volutamente confusi. Quindi non è facile per chi si trova magari a fare un provino ed è giovane, trovarsi di fronte a delle persone non propriamente grezze nella modalità in cui si approcciano alle colleghe ma spesso abilissimi manipolatori. Queste convincono le giovani attrici del fatto che per fare questo mestiere è necessario essere disinibite e mostrarvisi in primis col regista che sta cercando di comprendere quale tipo di talento si trova di fronte.

Mi preme di dire che questi abusanti sono in realtà quasi tutti seriali. Vanno avanti finché non vengono fermati e nel corso degli anni elaborano un 'copione' in cui dicono praticamente le stesse cose, mettono in moto gli stessi meccanismi, per abusare dei ragazzi e delle ragazze. Quindi è difficilissimo difendersi da una personalità predatoria che magari intelligentemente e diabolicamente convince le colleghe a doversi mostrare particolarmente disinibite approfittando poi di quella libertà che viene richiesta per fare arte e teatro. È molto complesso intervenire se di questo fenomeno non si parla.

Sapevamo che era molto diffuso e tollerato però quello che la campagna sta evidenziando è un problema che ha delle dimensioni allarmanti e al quale secondo me converrà mandare una relazione anche al nostro  ministero della cultura.
 
A vedere sulla pagina social, è come un fiume piena. 

L'emersione del problema convince sempre più persone a parlare e ogni giorno aumentano queste segnalazioni. Molti dei post che vengono scritti su Facebook sono colleghi o colleghe che hanno assistito a degli abusi e che in virtù di quell'essere testimoni e voler contrastare la violenza, denunciano. Per noi però aderire alla campagna ha anche un altro valore, cioè chi mette una foto con #apriamolestanzedibarbablù e la chiave, ci sta anche dicendo 'Io questa roba non la voglio più nel mondo dello spettacolo. Io sono con voi, voglio lottare perché le figure predatorie siano estromesse dal mondo dello spettacolo'. Quindi per noi ha anche una valenza in termini di contare chi ha voglia di impegnarsi mettendoci la propria faccia, mettendoci il proprio agire per contrastare gli abusi e la violenza.
 
Sono situazioni totalmente inaspettate?

Alcuni casi li conosciamo da 25 anni e sono segreti di Pulcinella: tutti ne parlano aggiungendo spesso 'Però lui è un po' così...' Ecco, questo modo di approcciare agli abusi che vengono fatti sui corpi degli attori e delle attrici è il problema. Perché se noi non cominciamo a gettare anche uno stigma su chi esercita abusi e violenza ma lo tolleriamo come fosse una bravata di vecchi o giovani folcloristici personaggi, non facciamo altro che avallare un sistema che poi va fuori controllo.

Perché fin quando non vengono fermate queste persone, il loro agire diventa sempre più aggressivo e sempre più numerosi sono gli abusi che commettono. Per cui, per comprendere i meccanismi della violenza bisogna cominciare prima di tutto a volerli vedere. Perché se anche mi arrivano delle donne in posizione di potere, per dire della possibilità di fare delle scelte, ma non hanno quella consapevolezza di genere per contrastare certe storture, noi siamo punto e a capo.

Perché magari son proprio delle donne che mantengono inalterato un sistema che invece un uomo più consapevole può contribuire a scardinare. È molto più importante, ci tengo quando parlo della azione di Amlet_a, non andare a solcare un conflitto uomo-donna che non è a fuoco rispetto a quello che dobbiamo fare. 
 
A dispetto di quanto si pensi comunemente, le donne nel mondo dello spettacolo italiano sono poche, parliamo del 32,4 per cento. E nessuna donna dirige un teatro nazionale. Il problema viene anche da qui?

Il 32,4 per cento si riferisce al dato totale. Un numero 'gonfiato' dalle attrici, più numerose delle drammaturghe. Le attrici rispetto agli uomini sono circa il 37 per cento del totale mentre le drammaturghe solo il 15. Quindi l'85 per cento delle storie che vengono raccontate nei nostri palcoscenici è uno sguardo maschile e una storia raccontata da un uomo sarà diversa da quella raccontata da una donna.

Un numero che cala ancora di più se guardiamo i palcoscenici più importanti senza considerare che il numero delle direttrici nei teatri nazionali è pari a zero. Chiediamo di aprire, di avere più spazi. Lavoriamo per le donne ma anche per aumentare la consapevolezza di genere da entrambi i lati. Stiamo lottando per avere più voce sui palcoscenici e in generale nel mondo dello spettacolo e nel mondo.