Chi era Maurizio Sella, da sportellista nella banca di famiglia agli investimenti visionari nel fintech: il ritratto di un uomo che cambiò la finanza italiana
La morte di Maurizio Sella, 83 anni, segna la fine di una stagione: oltre sessant’anni in banca, dalla carriera allo sportello alla guida del gruppo e alla nomina a Cavaliere del Lavoro
Chi era Maurizio Sella: dai primi passi nel mondo della finanza alla nomina di Cavaliere del Lavoro
È morto nella notte tra sabato e domenica, a 83 anni, Maurizio Sella. Una malattia, improvvisamente aggravatasi, ha interrotto una vita trascorsa interamente nel mondo del credito, "oltre sessant’anni in banca", come ha ricordato il gruppo Sella nel comunicato che ne ha annunciato la scomparsa. Una vita professionale iniziata allo sportello, come imponeva la tradizione di famiglia, e conclusa ai vertici dell’istituto fondato nel 1886 dagli antenati piemontesi, governato da sei generazioni senza mai perdere indipendenza. Fino all’ultimo, raccontano i familiari, Sella ha continuato a lavorare, seguendo dossier e passaggi organizzativi dalla stanza d’ospedale.
Figura riservata, considerato un banchiere “di vecchio stampo” per sobrietà, senso del dovere e cura del rapporto personale con clienti e collaboratori, Maurizio Sella è stato anche tra i protagonisti della modernizzazione del sistema finanziario italiano: prima alla guida del gruppo di famiglia, poi al vertice dell’Abi, l'Associazione bancaria italiana, per quattro mandati consecutivi, dal 1998 al 2006. In quegli anni il settore uscì dalla sua "foresta pietrificata", come lui stesso l’aveva definita, aprendosi al mercato, alla concorrenza internazionale e a un diverso equilibrio regolatorio. Un contributo che l’attuale presidente dell’associazione bancaria, Antonio Patuelli, ha ricordato ieri sottolineando "grandi doti culturali, etiche, professionali e innovative, con elevati principi di libertà, solidarietà sociale e rispetto di ciascuno".
Dalla gavetta alla presidenza
Nato nel 1942 a Biella, laureato in Economia e Commercio all’Università di Torino nel 1966, Sella entra in banca nello stesso anno, quando l’istituto è ancora una realtà locale, legata al distretto laniero e alla tradizione industriale piemontese. Come il padre e lo zio prima di lui, comincia dallo sportello: "un dovere morale", ripeteva, utile a conoscere clienti, territori, dinamiche reali del credito.
Nel 1974, a 32 anni, diventa amministratore delegato e direttore generale. Inizia allora la stagione della crescita: l’espansione commerciale, il rafforzamento patrimoniale, l’innovazione nei servizi. Sotto la sua guida, il gruppo investe nell’informatica bancaria quando ancora il digitale sembra un lusso, e negli anni Duemila si apre ai pagamenti online, al fintech, a modelli di servizio più agili.
Nel 2000 passa alla presidenza di Sella Holding, di cui rimarrà alla guida fino al maggio 2025. Oggi il gruppo conta 1,5 milioni di clienti, 6.700 dipendenti, un utile netto consolidato di oltre 132 milioni nei primi nove mesi del 2025, ed è attivo nella banca commerciale, negli investimenti, nel private banking, nel wealth management. Grazie al suo impegno, nel 1991, a 49 anni, Sella era stato nominato Cavaliere del Lavoro, e nel 2018 ha ricevuto il grado di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica. Dal 2019, inoltre, presiedeva la Federazione nazionale dei Cavalieri del Lavoro.
Valori, metodo, eredità
Sella amava ripetere che il compito di una banca non è "vendere prodotti", ma "custodire fiducia". Nell’autobiografia professionale raccolta negli anni, parlava dei valori respirati fin da bambino: intraprendenza, disciplina, onestà, responsabilità verso i dipendenti e amore per il cliente che "ci dà il pane". Una visione umanistica del credito, più che finanziaria, che spiega l’attaccamento all’indipendenza del gruppo, mai ceduto a operazioni di fusione anche quando il mercato, a suon di aggregazioni, sembrava spingere in quella direzione.
Non sorprende, allora, che i messaggi di cordoglio arrivino dal mondo bancario, economico e istituzionale. "Perdo un amico vero", ha scritto il ministro Gilberto Pichetto. Per il ministro delle Imprese Adolfo Urso, Sella "ha dato un contributo significativo allo sviluppo economico del Paese". Riconoscimenti simili arrivano anche da Zangrillo e Freni, che ne ricordano "il valore umano e professionale". A raccoglierne il testimone è il figlio Pietro, oggi Ceo del gruppo. "Fino all’ultimo momento – ha detto – anche in questi giorni di sofferenza fisica, ha dedicato ogni singolo istante a lavorare per l’azienda e per la famiglia. Nella pratica aveva predisposto da tempo ogni aspetto della successione. Ma ciò che più ci lascia è una grande eredità morale: fiducia, determinazione, lavoro per il futuro". Un futuro che Sella immaginava molto diverso dal passato, ma comunque radicato nei valori fondativi: autonomia, prudenza, innovazione, rispetto delle comunità locali. Perché, ripeteva, "non esiste banca senza territorio, e non esiste territorio senza responsabilità". Una visione del credito come servizio, non solo come mercato, e una lezione di modernità senza rottura.